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Canapa, con una norma cento aziende in Veneto sono fuorilegge. Pronti i ricorsi: «A rischio anche i posti di lavoro»


di
Silvia Madiotto

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Il decreto sicurezza firmato dal Presidente della Repubblica ha trasformato in reato la produzione di cannabis sativa in Italia. Il segretario dell’associazione Imprenditori Canapa: «Non ci è stato concesso un confronto»

Sono andate a letto, la sera del 3 aprile, come imprese regolari che coltivano la canapa sativa. Si sono svegliate, la mattina dopo, come imprese illegali. Una rapidità burocratica sorprendente, tale e quale a un’emergenza vera: l’11 aprile il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto approvato il 4 aprile dal Consiglio dei ministri. E il settore della canapa industriale, una filiera legale, solida, in fase di sviluppo, finisce nel mirino. Quel che si può fare in Europa, in Italia è trasformato in reato, mettendo a serio rischio in Veneto cento imprese. La Corte di giustizia dell’Ue nel 2020 ha chiarito che, a differenza del Thc, il Cbd non ha effetti psicotropi o nocivi sulla salute: non rientra tra gli stupefacenti. Per l’Italia però, da pochi giorni, sì. E nonostante la Regione Veneto nel 2019 abbia approvato una legge che prevedeva «sostegno e promozione della filiera agroindustriale della canapa sativa», ora è tutto sfumato, compresi gli investimenti degli imprenditori che ci avevano creduto. «Stiamo parlando con i migliori studi legali per avviare azioni urgenti» spiega Myall Lawrence, segretario dell’associazione Imprenditori Canapa Italia e socio di Agroselectiva, azienda agricola di San Donà di Piave.

Come agirete ora?
«Siamo pronti a ricorsi, sospensioni cautelari, interpellanze. L’Europa è chiara sul libero scambio della canapa industriale non pericolosa e non drogante. Auspichiamo che si possa sospendere il decreto. Altrimenti, le aziende dovranno lasciare a casa i propri dipendenti».




















































Anche voi?
«Ci stiamo pensando, abbiamo tre dipendenti».

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Per voi cosa cambia?
«Dobbiamo rinunciare all’80% della produzione, quella più importante, le infiorescenze, e non riguarda solo la canapa light e gli estratti ma usi tecnici, farmaceutici e cosmetici. Con il restante 20% possiamo fare solo una parte: olio e farine con i semi, tessuti, bioedilizia e carta con la fibra, compost e biomassa con le foglie e i residui. Possiamo indirizzarci su alimenti complementari per animali, cosmesi. Ma sulle altre destinazioni non c’è chiarezza. È tutto a rischio. Per la birra c’è un accordo per il quale si usa l’interezza della pianta, dobbiamo evitare le infiorescenze, ma significa separare tutto. E servono macchinari diversi».

Il decreto sicurezza di Salvini consente di produrre infiorescenze solo per florovivaismo: esclusi l’uso commerciale, lavorazione, detenzione, cessione. La ritenete una posizione politica?
«Sì, siamo diventati “illegali” dalla sera alla mattina. Non ci è stato concesso un confronto per valutare gli studi economici e la mole di studi promossi dall’Oms sull’impatto sanitario. È come se le porte fossero state chiuse senza una discussione».

Avete pensato di portare le aziende in piazza contro questo nuovo dispositivo? Dopotutto, le associazioni di categoria hanno tentato di bloccare questa nuova legge.
«Molte persone ci sostengono, anche partiti politici. L’aspetto buffo è che un prodotto certificato, con canoni di sicurezza, da anni, viene percepito come un reato con urgenza, al punto da bypassare le procedure ordinarie, senza un periodo transitorio o indicazioni di alcun tipo. Non c’è stata sensibilità nel cercare di capire cosa facciamo. E nessun interesse sulla vita delle persone, degli imprenditori e dei loro collaboratori».

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15 aprile 2025

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