Le tensioni geopolitiche continuano a rappresentare una minaccia concreta per la stabilità finanziaria globale. È quanto emerge dall’ultimo capitolo del Global Financial Stability Report pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, che dedica un focus specifico agli effetti dei conflitti internazionali, delle tensioni diplomatiche e degli attacchi terroristici sui mercati e sull’economia reale. In un contesto dove “i rischi geopolitici globali rimangono elevati”, l’Fmi sottolinea l’esistenza di dinamiche di contagio economico-finanziario in grado di compromettere sia la fiducia degli investitori sia l’equilibrio dei sistemi bancari.
Fmi: crisi geopolitiche, rischio crollo asset fino a 2,5 punti nei mercati emergenti
Secondo l’analisi contenuta nel rapporto, eventi geopolitici di natura eccezionale – come guerre, rotture diplomatiche o atti terroristici di grande impatto – possono provocare un calo significativo dei prezzi delle attività finanziarie. Il crollo degli asset può essere improvviso e disordinato, con conseguenze gravi per le istituzioni bancarie e non bancarie. Le banche, in particolare, in situazioni di incertezza estrema, tendono a ridurre l’offerta di credito verso il settore privato, mentre i fondi di investimento si trovano a fronteggiare una diminuzione dei rendimenti e un innalzamento del rischio di rimborsi da parte degli investitori. Questi elementi, messi insieme, determinano un freno alla crescita, con possibili ripercussioni su occupazione, produttività e fiducia dei consumatori.
L’effetto domino sull’economia reale
Il Fondo evidenzia che la trasmissione degli shock geopolitici non si ferma ai mercati finanziari, ma raggiunge rapidamente l’economia reale. La limitazione del credito colpisce soprattutto le imprese di piccola e media dimensione, già fragili in termini di accesso alla liquidità. A ciò si aggiunge il rallentamento degli investimenti produttivi, causato dalla maggiore avversione al rischio da parte degli operatori economici. L’incertezza generalizzata contribuisce così a raffreddare il ciclo economico, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove le reti di protezione istituzionale sono più deboli e i margini fiscali per stimoli economici sono limitati.
I mercati emergenti pagano il prezzo più alto
Nel dettaglio, l’Fmi riporta dati concreti sull’andamento dei mercati durante le fasi acute di crisi geopolitica. I prezzi delle azioni, in media, tendono a registrare una contrazione dell’1% su base mensile. Tuttavia, nelle economie emergenti l’impatto risulta significativamente più severo: in questi contesti, infatti, il calo può arrivare fino al 2,5% al mese. Si tratta di una dinamica che riflette sia la maggiore vulnerabilità di questi mercati a shock esogeni sia la tendenza degli investitori globali a ritirare rapidamente i capitali da aree considerate più rischiose in tempi di crisi.
Aumento dei premi di rischio sovrano
Parallelamente alla flessione dei mercati azionari, le tensioni geopolitiche comportano anche un incremento dei premi di rischio sovrano, ovvero il differenziale di rendimento richiesto dagli investitori per detenere titoli di Stato di Paesi ritenuti più esposti. Secondo le stime del Fondo, nelle economie avanzate l’aumento medio dei premi si attesta intorno ai 30 punti base, mentre nei mercati emergenti può raggiungere i 45 punti base. Questo fenomeno ha un impatto diretto sul costo del debito pubblico e può rendere più difficoltosa la gestione della finanza pubblica nei Paesi con già limitati margini di manovra.
Una sfida per investitori e policy maker
Uno degli aspetti più critici messi in evidenza dall’Fmi riguarda l’imprevedibilità e la specificità degli eventi geopolitici. Si tratta di rischi rari, ma potenzialmente devastanti, che non seguono pattern ricorrenti e che quindi risultano difficili da quantificare. L’incertezza legata alla loro intensità, durata e portata rende complicata l’azione preventiva degli investitori e delle autorità di regolamentazione. Di fronte a questi scenari, il Fondo sollecita una maggiore attenzione ai meccanismi di trasmissione delle crisi e una rafforzata cooperazione internazionale, nonché un costante monitoraggio delle vulnerabilità sistemiche.
La reazione dei mercati e il rischio sistemico
Il comportamento dei mercati durante una crisi geopolitica può rivelarsi particolarmente volatile. In presenza di eventi traumatici, gli investitori reagiscono spesso in modo repentino e amplificato, generando bruschi aggiustamenti nei prezzi e movimenti di capitale di grande entità. Queste dinamiche, se non contenute, possono trasformarsi in crisi sistemiche, soprattutto se a essere coinvolti sono grandi gruppi bancari o fondi sistemici con esposizioni transfrontaliere.
Un contesto globale instabile e vulnerabile
Il monito del Fondo arriva in una fase storica caratterizzata da una molteplicità di crisi aperte: dalla guerra in Ucraina al conflitto israelo-palestinese, dalle tensioni tra Cina e Taiwan all’instabilità politica in diverse aree del Medio Oriente e del Sahel africano. Ogni focolaio di crisi comporta un rischio aggiuntivo per l’equilibrio finanziario globale e può innescare effetti a catena difficili da controllare. In questo quadro, l’Fmi richiama la necessità di rafforzare le reti di sicurezza finanziaria, migliorare le strategie di diversificazione degli investimenti e investire in strumenti di mitigazione del rischio.
Un invito alla prudenza e alla resilienza
Il messaggio centrale del report è chiaro: in un mondo sempre più interconnesso, la stabilità finanziaria non può prescindere da una lettura attenta dei contesti geopolitici. Le crisi del passato hanno dimostrato che eventi improvvisi possono rapidamente alterare le dinamiche di mercato e produrre conseguenze prolungate. Per questo, l’Fmi invita governi, banche centrali e operatori privati a dotarsi di strumenti di analisi più sofisticati, a costruire meccanismi di difesa contro la volatilità e a promuovere una cultura della resilienza, fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro.
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