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Il granchio blu? Il Veneto vuole capire che fare di quelli non commestibili


Il Veneto è al lavoro per cercare nuove filiere per sfruttare i granchi blu che non possono essere mangiati: parte una campagna pilota di catture per studiare i possibili utilizzi (e i pescatori ‘arruolati’ verranno pagati)

Pubblicato:16-04-2025 16:26

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Ultimo aggiornamento:16-04-2025 16:26


BOLOGNA – Incentivare la cattura di esemplari di granchio blu e studiare i possibili sbocchi commerciali per quella frazione di catture non idonee al consumo alimentare. Insomma, per capire come far fruttare quelli che non finiscono in tavola. Ad esempio, forse se ne ricava mangime per animali. Il Veneto rafforza così la strategia di contrasto al Granchio blu, con un progetto da un milione e 574.700 euro, finanziato con risorse Pn Feampa 2021-2027 per 1,5 milioni e per la parte restante da Regione Veneto, Veneto Agricoltura e Università di Padova. Ha una durata di 18 mesi, fino al 31 dicembre 2026. In questo lasso di tempo il progetto si propone di valutare la scala di produzione potenzialmente interessata dalle filiere alternative al consumo grazie a una campagna pilota di catture realizzata con il supporto delle imprese della piccola pesca costiera. La potenziale dimensione di produzione sarà studiata con l’aiuto dei pescatori, con una campagna di catture da marzo a ottobre nelle lagune del Delta del Po, di Venezia e Caorle.

PESCATORI PAGATI PER CATTURARE GRANCHI BLU

I pescatori riceveranno un sostegno economico per il noleggio delle imbarcazioni con relativo equipaggio, per l’acquisto di attrezzi di prelievo selettivo, cioè le nasse, e avranno un compenso di un euro per ogni chilogrammo di prodotto conferito e non commestibile. I risultati saranno raccolti e analizzati e, ultima fase, condivisi con i portatori di interesse, il commissario straordinario all’emergenza Granchio blu, il ministero dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente. “Solo puntando su nuove filiere è possibile favorire la competitività delle piccole imprese della pesca costiera, un mondo per noi strategico perché rappresenta una parte importante della nostra economia, della nostra identità, della nostra cultura”, afferma l’assessore regionale alla Pesca, Cristiano Corazzari.

COSA SI PUÒ FARE CON I GRANCHI BLU: MANGIME, FERTILIZZANTI, BIOENERGIA

Il punto da cui partire sono i numeri delle catture: nel 2024 i dati ufficiali dei sei Mercati ittici veneti e del Consorzio cooperative pescatori del Polesine contano 714 tonnellate di Granchio blu commercializzate perché destinate al consumo alimentare e 1.180 tonnellate di prodotto non commercializzabile tra femmine ed esemplari giovanili. “Qui si potrebbero aprire scenari interessanti per le imprese, indagando nuove filiere alternative alla commercializzazione a uso alimentare in particolare la produzione di mangimi per animali, la produzione di fertilizzanti, la bioenergia, l’estrazione di composti bioattivi come la chitina e la valorizzazione della componente carbonacea”, afferma Carazzari.

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INTANTO PROSEGUE LA MAPPATURA

Il nuovo progetto si somma a quello di mappatura del Granchio blu già avviato in collaborazione con Arpav, Veneto Agricoltura, le Università di Padova e Ca’ Foscari, col sostegno di Fondazione Cariparo. Per i due progetti in corso di realizzazione quest’anno sono stati investiti in tutto tra risorse pubbliche, fondi europei e risorse private, tre milioni di euro, “una dimostrazione dell’importanza che l’amministrazione regionale attribuisce al mondo della pesca e dell’acquacoltura”, afferma Corazzari presentando il nuovo passo frutto di un accordo interistituzionale approvato con delibera di giunta. “Questo nuovo progetto da 1,5 milioni di euro, vede nuovamente la Regione impegnata nel campo della strategia di risposta all’emergenza Granchio blu assieme a Veneto Agricoltura e Università di Padova”, rimarca l’assessore.

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