Nel mondo corporate globale, una trasformazione profonda è già in atto, anche se ancora sottotraccia, e riguarda la strategia Go-To-Market (GTM). È un cambiamento che promette di ridefinire le dinamiche tra marketing, vendite, finanza e leadership. A delineare i contorni di questa evoluzione è Mark Stouse, CEO di Proof Analytics, che nel corso degli ultimi anni ha intervistato centinaia di CEO e CFO di grandi aziende della classifica Fortune 2000.
I risultati di questa indagine, che confluiranno nel suo prossimo libro, offrono uno spaccato inedito e per certi versi dirompente sulla percezione e sull’efficacia delle strategie GTM adottate dalle grandi aziende.
Durante un episodio del podcast “Conversations with MarTech”, Stouse ha condiviso i principali insight emersi dalle sue interviste, evidenziando una crescente tensione tra leadership esecutiva e team di marketing e vendite. La sensazione diffusa è che molte delle strategie GTM adottate non siano in grado di garantire la trasparenza, la prevedibilità e il ritorno economico richiesto in un contesto sempre più complesso.
Cosa si intende per strategia di Go-to-market
La strategia di Go-to-market (GTM) rappresenta il piano operativo e strategico attraverso cui un’azienda introduce un prodotto o servizio sul mercato, raggiunge i propri clienti target e genera valore. Non si tratta soltanto di promozione o vendita: una strategia GTM ben strutturata è un ecosistema integrato che collega il marketing, le vendite, la distribuzione, il pricing, il supporto post-vendita e l’esperienza utente.
Una strategia GTM efficace deve rispondere a domande fondamentali: chi sono i nostri clienti ideali? Qual è la proposta di valore? In che modo il prodotto viene distribuito? Quali canali di comunicazione e vendita vengono utilizzati? Quanto tempo ci vorrà per acquisire clienti e ottenere profitti? In breve, si tratta di trasformare un’idea in una realtà commerciale sostenibile.
Le cause della crisi: pandemia e fine del denaro a basso costo
La trasformazione in atto nella strategia di Go-to-market non nasce dal nulla. Al contrario, è il risultato di due catalizzatori principali, come ha spiegato Stouse.
Lo shock sistemico del Covid-19
La pandemia ha agito come un terremoto che ha fatto saltare tutte le certezze. I canali e le metodologie che per anni avevano garantito risultati si sono rivelati improvvisamente obsoleti o inapplicabili. «Molti team GTM hanno continuato a costruire modelli focalizzandosi solo su ciò che controllano, ignorando i fattori ‘esterni’, ovvero quel 70% di eventi che, come ogni data scientist sa, incidono significativamente ma restano fuori dal loro perimetro diretto», dice l’esperto.
L’aumento del costo del denaro
A questo si è aggiunta una seconda scossa: la fine dell’epoca del denaro disponibile in modo veloce, facile ed economico. «L’opportunity cost del cash in cassa è schizzato alle stelle – continua Stouse -. Il rischio associato all’impiego di quei fondi è cresciuto vertiginosamente, e i CEO e CFO hanno iniziato a guardare con sospetto a ogni investimento che non producesse un ritorno tangibile e misurabile».
Il problema della misurazione: una strategia di go-to-market senza bussola
Una delle rivelazioni più sorprendenti emerse dalle interviste di Stouse è il vuoto conoscitivo che molti CEO e CFO denunciano riguardo all’efficacia delle proprie strategie GTM. «Non ho mai sentito lamentele sulla creatività del team marketing o sulla metodologia di vendita adottata. Quello che emerge è una totale mancanza di comprensione di come i vari pezzi della strategia di Go-to-market lavorino insieme, o di cosa li ostacoli», afferma il CEO di Proof Analytics.
In altre parole, non si tratta di una critica allo sforzo o al talento, ma all’assenza di strumenti e modelli capaci di mappare e misurare, con oggettività, il valore generato. È un nodo cruciale: se una funzione non è in grado di dimostrare il proprio contributo al business, rischia di essere vista come un centro di costo, e non come un investimento strategico.
Come creare una strategia di go-to-market efficace
Costruire una strategia di go-to-market vincente richiede un approccio strutturato e multidisciplinare. Il punto di partenza è la definizione del cliente ideale e la comprensione profonda delle sue esigenze, dei suoi comportamenti e dei suoi punti di frizione nel processo d’acquisto.
A questo segue la proposta di valore, che deve essere unica, chiara e rilevante. È essenziale che questa proposta si traduca in messaggi coerenti lungo tutti i touchpoint del Customer Journey. Le aziende devono poi definire i canali di acquisizione, sia diretti (come un team commerciale interno) che indiretti (distributori, e-commerce, partner). Una strategia GTM di successo prevede anche una roadmap temporale, con milestone precisi per valutare l’efficacia dell’execution.
Il pricing, infine, è un elemento spesso sottovalutato ma fondamentale. Deve riflettere non solo i costi e i margini desiderati, ma anche la percezione di valore da parte del cliente. Le aziende che riescono a integrare questi elementi con strumenti analitici e metriche oggettive sono quelle che riescono a scalare più rapidamente.
2025-2027: la finestra temporale di una trasformazione inevitabile
Secondo Stouse, il triennio 2025-2027 rappresenterà il punto focale di un’evoluzione significativa nella strategia di Go-to-market. In questo lasso di tempo, si assisterà a un cambio di paradigma, guidato da due forze convergenti: l’evoluzione tecnologica e una nuova cultura manageriale.
L’introduzione dell’AI e la fine delle “zone grigie”
L’intelligenza artificiale sarà uno degli strumenti più incisivi nel ridefinire la strategia GTM. «L’AI sta portando trasparenza e governance come mai prima d’ora», afferma Stouse. Le cosiddette “zone grigie”, quelle aree non misurate o soggette a interpretazione, stanno scomparendo. La possibilità per i marketer di operare nel “fuzziness” – un’ambiguità spesso protettiva – si ridurrà sensibilmente.
Non si tratta di una minaccia alla creatività. Anzi. «La scarsità e la restrizione hanno sempre stimolato la creatività. Non vedo alcuna prova che analytics e governance impediscano la generazione di idee. Al contrario, la incanalano in direzioni più efficaci», puntualizza Stouse.
Verso una nuova definizione di efficacia nella strategia di go-to-market
Uno degli aspetti più spiazzanti dell’analisi di Mark Stouse riguarda il modo in cui si misura – o meglio, non si misura – l’efficacia delle campagne. «Conosco persone che fanno marketing B2B da 25 anni e che non hanno mai visto una valutazione oggettiva, probabilistica e accurata dei risultati delle proprie attività», racconta. Il che significa che le decisioni si basano spesso su intuizioni, esperienze pregresse o KPI isolati.
Dove invece sono stati applicati modelli analitici avanzati, è emerso che circa il 25-30% della spesa GTM risulta non performante. «E tutti si scandalizzano – dice con ironia Stouse -, ma ottenere un 70-75% di performance in un contesto così dinamico, dove la maggior parte delle variabili sfugge, è in realtà un risultato eccellente».
La strategia di Go-to-market come leva competitiva, non solo operativa
Il messaggio che emerge dalle parole di Stouse è tanto semplice quanto cruciale: la strategia di Go-to-market non può più essere considerata una funzione operativa, isolata, guidata dall’istinto o dall’esperienza. Deve diventare una leva integrata, misurabile, strategica, capace di contribuire agli obiettivi finanziari dell’azienda con la stessa dignità della Supply Chain, della R&S o del controllo di gestione.
Per farlo, occorrono nuove metriche, nuovi strumenti (come l’analisi predittiva e l’AI), ma soprattutto un cambio di mentalità da parte dei marketer, che devono saper parlare la lingua della finanza, comprendere il valore dell’efficienza e abbracciare la trasparenza.
Come conclude Stouse, «È il momento di passare da una cultura della spesa a una cultura dell’investimento. E il marketing ha tutte le carte in regola per essere protagonista, se saprà cogliere l’opportunità».
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