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ritardi incolmabili. I dati di Banca d’Italia e Corte dei Conti



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Tra fondi non spesi, ostacoli amministrativi e obiettivi ancora lontani, la Missione 7 del PNRR, cuore della transizione green italiana, sta vivendo una fase di stallo. Le osservazioni di Banca d’Italia e Corte dei Conti.

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L’analisi della Banca d’Italia e della Corte dei Conti

Avevamo scritto della sesta relazione sullo stato di avanzamento del PNRR inviata dal Governo alla Commissione Europea. Oggi emergono segnali d’allarme lanciati da Banca d’Italia e Corte dei Conti su ritardi strutturali, fondi bloccati e procedure complesse.

Secondo le analisi delle due Istituzioni, le criticità sono rilevanti e aggravate da condizioni finanziarie ancora rigide. A 14 mesi dalla scadenza del Piano (giugno 2026), i ritardi vengono definiti “insostenibili”.

Missione 7 RepowerEU: pochi fondi spesi, obiettivi lontani

Dei 194 miliardi complessivi del PNRR, solo una frazione minima è stata effettivamente impiegata nella Missione 7 RepowerEU, il capitolo più direttamente collegato alla transizione energetica e alla decarbonizzazione.

I dati ufficiali rischiano di essere fuorvianti, in quanto non rapportati al totale delle risorse assegnate all’Italia. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica riferisce di aver centrato i 12 obiettivi legati alla settima rata, per un valore complessivo di 16 miliardi di euro, equivalenti al 61,16% delle opere attivabili. Tuttavia, dei 33,7 miliardi stanziati per la decarbonizzazione, la maggior parte è stata destinata a riforme, non a investimenti concreti.

Transizione 5.0: spesi solo 13 milioni su 6,23 miliardi

Tra i principali investimenti previsti figurano:

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  • Transizione 5.0 – 6,3 miliardi di euro
  • Smart grid – 450 milioni
  • Resilienza climatica delle reti – 63,2 milioni
  • Idrogeno in aree industriali dismesse – 90 milioni
  • Tyrrhenian Link – 500 milioni
  • Autoproduzione da fonti rinnovabili per PMI – 320 milioni
  • Competenze “Crescere Green” – 100 milioni

Ma la realtà dei numeri è desolante: secondo il portale open data Italia Domani, meno del 5% degli interventi completati riguarda infrastrutture o impianti reali. Il caso più eclatante è quello della Transizione 5.0, con solo 13 milioni di euro spesi sui 6,23 miliardi disponibili.

Secondo la Corte dei Conti, la misura, basata su un regime di crediti d’imposta per favorire processi produttivi più efficienti e sostenibili, non sta funzionando. Le ragioni sono molteplici: iter complessi, soglie minime di risparmio energetico troppo alte e l’esclusione di settori strategici come l’economia circolare e le industrie energivore.

A gennaio 2025, erano pervenute richieste per soli 500 milioni di euro, circa l’8% delle risorse disponibili.

CER, idrico, colonnine e idrogeno: settori in difficoltà

Anche altri segmenti della transizione green mostrano ritardi preoccupanti:

  • CER (Comunità Energetiche Rinnovabili): impiegati solo 44,98 milioni su 2,2 miliardi, pari al 2% del totale.
  • Settore idrico: restano da realizzare oltre 45.000 km di nuove reti.
  • E-mobility: l’obiettivo nazionale è installare 21.255 colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici entro giugno 2026 (di cui 13.755 urbane e 7.500 sulle autostrade), ma i ritardi sono già evidenti.

Idrogeno: 40 stazioni previste, ma solo 18 domande

Infine, il caso idrogeno. Il Piano prevedeva la realizzazione di 40 stazioni di rifornimento, ma le domande pervenute sono state appena 18. Un segnale che, anche su questo fronte, gli obiettivi del PNRR rischiano di non essere centrati.



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