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Le ambizioni dell’Italia sulla space economy


La space economy, o l’economia dello spazio (ma sarebbe più corretto chiamarla industria dello spazio), viene da tempo indicata come uno dei settori strategici del prossimo futuro. E su questo potenziale stellare, per usare un gioco di parole, punta a posizionarsi da tempo l’Italia. Numeri e studi indicano che gli investimenti in questo campo stanno notevolmente aumentando. Il mercato globale è stimato nel 2024 in 596 miliardi di dollari (secondo lo Space Economy Report di Novaspace), con una previsione di crescita fino a 944 miliardi entro il 2033.

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Ma resta la difficoltà di disciplinare un ambito che per sua natura è difficile da disciplinare – lo spazio siderale – e in cui gli interessi pubblici e quelli privati raramente coincidono, come insegna il caso statunitense, dove Starlink, la costellazione di satelliti di proprietà di Elon Musk, o Blue Origin, la società di Jeff Bezos che offre viaggi spaziali, portano avanti manovre per imporsi ai governi e non per collaborare con essi.

Resta il fatto che sulla space economy l’Italia è in prima fila, almeno nel posizionamento a breve e medio termine. D’altra parte l’italia vanta una lunga tradizione nelle attività spaziali: è stata tra le prime nazioni al mondo a lanciare ed operare in orbita satelliti, ed è tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui è oggi il terzo Paese contributore dopo Germania e Francia. Anche il governo Meloni ha più volte manifestato notevole interesse, attraverso le voci di più ministri: da Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, a Guido Crosetto, ministro della Difesa. Al di là degli annunci e delle intenzioni cosa c’è di concreto? 

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Ambiti e numeri della space economy secondo Unicusano

Alcuni importanti numeri sulla space economy in Italia li fornisce uno studio SACE, il gruppo assicurativo e finanziario controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze,  pubblicato a dicembre 2024 . “L’industria dello spazio costituisce un’area strategica del futuro del nostro Paese – si legge nella sintesi del report – che può contare su molteplici filiere interconnesse che coinvolgono numerosi settori. che coprono tutte le fasi, dall’upstream al downstream, e coinvolgono numerosi settori, inclusi quelli che beneficiano del segmento spazio per ottenere incrementi in termini di produttività e di sostenibilità. Composto da oltre 400 imprese, che realizzano un giro d’affari di circa 3 miliardi di euro, il settore ha un potenziale di crescita molto alto: per ogni euro speso ne vengono creati 11 e per ogni impiego occupato ne vengono generati 4 nuovi”.

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Nel suo report Sace sottolinea pregi e difetti dello stato dell’arte dell’economia, o dell’industria, o dello spazio. “L’intelligenza artificiale – scrive Sace – è sempre più integrata nei sistemi spaziali, migliora la velocità e la qualità delle immagini che giungono dallo spazio e ne semplifica e potenzia l’analisi e permette avanzamenti scientifici in tempi più rapidi, con evidenti effetti positivi sull’intera economia. Anche per questo motivo gli investimenti in innovazione e digitalizzazione sono la chiave per mantenere e rafforzare la competitività e la sicurezza nazionale”. Altro elemento sotto osservazione è la tecnologia della propulsione nucleare, grazie anche al contributo di ENEA.

“Nonostante le grandi potenzialità – sottolinea ancora l’istituto del MEF – le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi: nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. In Italia gli investimenti sono in aumento: nel 2023 il nostro è stato il terzo Paese europeo per investimenti realizzandone per 148 milioni di euro. Il settore beneficia del supporto pubblico, sia del governo attraverso il PNRR sia dell’Unione europea con il piano spaziale. La strada è ancora lunga, ma affinché si possano cogliere le tante occasioni che il settore offre le imprese italiane devono far leva sull’eccellenza tecnologica, sull’alta qualità e professionalità della forza lavoro e sulla capacità di fare filiera. Per farlo è necessario semplificare le numerose modalità d’accesso al credito per poter realizzare gli investimenti, in particolare per le imprese di piccola e media dimensione e per le tante start up che caratterizzano il settore, e fare formazione”.

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Ambiti e numeri della space economy secondo Unicusano

Secondo un’infografica di Unicusano, la più nota università telematica in italia, l’Italia ha già un ruolo da protagonista nella space economy, almeno a livello europeo. L’analisi di Unicusano offre una panoramica aggiornata sulle missioni spaziali recenti, i programmi di ricerca e le opportunità lavorative. Emerge che l’italia può vantare già un budget da 7,3 miliardi di euro. “Un budget importante che consentirà all’Italia di posizionarsi fra i leader del Vecchio Continente. Soltanto nel 2025 – sottolinea l’università telematica – l’Agenzia Spaziale Europea ha approvato investimenti per 7,7 miliardi di euro, confermando l’Europa al terzo posto dietro Stati Uniti e Cina”.

Economia dello spazio, tuttavia, non vuol dire soltanto investimenti nazionali ma anche cooperazione internazionale. Anche in questo ambito l’Italia, secondo Unicusano, si è fatta notare. Tra i progetti internazionali, scrive l’università telematica, “spiccano missioni come ExoMars 2028 dedicata all’esplorazione del Pianeta Rosso e Argonaut Lander, un veicolo progettato per l’atterraggio lunare. Il programma Iride, una costellazione di satelliti destinata al monitoraggio ambientale, e il Programma Platino, pensato per il controllo del territorio e la prevenzione degli incendi, rappresentano due esempi di come la tecnologia spaziale possa avere un impatto diretto sulla gestione delle risorse terrestri. Non meno rilevanti sono i sistemi Galileo e Copernicus, che offrono rispettivamente una navigazione satellitare ad alta precisione e un monitoraggio climatico avanzato”.

Oltre agli investimenti e ai progetti finanziati, riporta l’Unicusano nella sua infografica, l’Italia è protagonista di alcune delle più importanti missioni internazionali grazie alla collaborazione con ESA, NASA e altre agenzie spaziali. Importante ricordare, in ogni caso, che la space economy non riguarda solo le missioni spaziali, ma anche le applicazioni tecnologiche che derivano dall’uso avanzato dei satelliti. Il monitoraggio climatico, la navigazione satellitare e lo sviluppo di nuovi servizi globali sono alcuni dei principali benefici di questa industria in espansione. “Grazie al programma Copernicus – ricorda Unicusano – l’Europa può analizzare il cambiamento climatico con strumenti sempre più precisi, mentre il sistema Galileo offre un servizio di posizionamento satellitare con una precisione superiore al GPS. Inoltre il settore sta aprendo nuove opportunità nell’ambito del turismo spaziale, dei servizi di lancio e dell’estrazione mineraria nello spazio, segnando l’inizio di un’era in cui lo spazio diventa sempre più accessibile per applicazioni economiche e industriali”.

space economy 3

Il futuro è contrassegnato da sfide strategiche come l’aumento degli investimenti privati, lo sviluppo di nuove tecnologie come la propulsione nucleare e l’intelligenza artificiale per missioni autonome, mentre l’espansione delle attività di turismo spaziale e delle infrastrutture orbitanti rischiano da una parte di essere il solito sollazzo per persone ricche (come già sta avvenendo con Blue Origin negli USA) e dall’altra il solito aumento di rifiuti nello spazio.

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In questo contesto, infine, non sorprende l’attenzione che Unicusano riserva alla formazione. L’industria aerospaziale, infatti, ha bisogno di corsi di laurea in Ingegneria Elettronica, Industriale e Meccanica, che formano esperti in telecomunicazioni, materiali avanzati e progettazione strutturale, mentre i master forniscono competenze per la gestione e la progettazione digitale delle infrastrutture spaziali.

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La legge sulla space economy

E poi, come accennavamo all’inizio, sulla space economy ci sono le ambizioni del governo Meloni. Negli scorsi mesi si è fatto un gran parlare del disegno di legge voluto fortemente dal ministro Urso (che alla space economy dedica una pagina ad hoc sul sito del MIMIT), per via della volontà di affidare buona parte del settore a Starlink, il colosso statunitense di proprietà di Elon Musk. Se è vero che il governo ha smentito accordi o contratti già firmati è innegabile che ha comunque confermato i contatti, che potrebbero riprendere dopo la visita di Giorgia Meloni a Trump del 17 aprile.

Attualmente il ddl, dopo l’approvazione a marzo da parte della Camera, è in discussione al Senato, dove è facile prevedere, vista l’ampia maggioranza parlamentare di destra, che verrà approvato a breve e senza troppe modifiche. Nella versione sotto esame del Parlamento il testo è composto da 31 articoli che intendono disciplinare le attività spaziali condotte dai soggetti privati. L’obiettivo è quello di colmare il vuoto normativo e di facilitare le imprese nelle partecipazioni a progetti internazionali nonché nell’accesso al mercato globale. Un sostegno che andrà indirizzato non solo ai big del settore – come Leonardo – ma anche, se non soprattutto, alle piccole e medie imprese, vero cuore pulsante del settore.

Inoltre nel testo, come scrive lo stesso MIMIT,  “viene prevista la necessità di un’autorizzazione sia per gli operatori stranieri che intendono condurre attività spaziali dal territorio italiano, sia per quelli nazionali che operano da un territorio estero. Sono esenti dall’obbligo le attività spaziali già autorizzate da un altro Stato, se riconosciute in Italia in base a trattati internazionali. L’ASI (l’Agenzia Spaziale Italiana, ndr) è incaricata della vigilanza sugli operatori: in caso di non rispetto delle disposizioni di legge o degli impegni presi, l’autorizzazione sarà revocata. L’Agenzia si occuperà anche dell’immatricolazione nel Registro nazionale degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico per i quali l’Italia è Stato di lancio”.

Per quanto riguarda invece gli investimenti si indica in maniera generica la strada pubblico-privata. “Il ddl prevede – sostiene ancora il ministero guidato da Urso – l’elaborazione di un Piano Nazionale per l’economia dello spazio, con un orizzonte di almeno cinque anni, che includa l’analisi, la valutazione e la quantificazione dei fabbisogni del comparto, per individuare gli investimenti finanziabili attraverso risorse pubbliche e contributi privati. A supporto del settore, viene istituito un Fondo per la Space Economy con carattere pluriennale, che mira a promuoverne le attività, favorendo la crescita del mercato di prodotti e servizi innovativi basati sull’uso di tecnologie spaziali e sull’utilizzo commerciale delle infrastrutture, comprese quelle realizzate nell’ambito del PNRR e quelle a cui l’Italia partecipa in ambito di collaborazioni internazionali“.

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