I dazi su un container di 40 piedi sono saliti da 22 mila a 245 mila dollari, spiega la startup Heroes. «Tasse doganali aumentate di 11 volte, non c’è impresa al mondo che possa assorbire lo choc»
Ogni mese Alessio Bruni spedisce dalla Cina agli Stati Uniti due-tre container carichi di 20 mila prodotti per bambini e neonati. Le merci importate a un costo medio di 7,7 dollari sono destinate alla rivendita sulle principali piattaforme e-commerce americano: Amazon, Target, Walmart e Shopify. Fino al 2 aprile Bruni pagava 22 mila dollari di dazi su ogni carico, un settimo del valore dei beni spediti; oggi, dopo l’escalation commerciale fra Washington e Pechino, il conto doganale si è moltiplicato per 11 e sfiora i 245 mila dollari, superando il valore delle merci importate negli Usa. «Non c’è impresa al mondo che possa assorbire uno choc simile», avverte Bruni, che nel 2020 ha fondato a Londra con il fratello Riccardo Heroes, una società che acquista i rivenditori di maggior successo su Amazon e ne sviluppa le attività. «Gran parte dei nostri prodotti proviene dalla Cina, quindi i dazi di Trump hanno un impatto enorme su di noi».
Gli aggregatori e-commerce
Heroes non è l’unica azienda che rischia di vedere la sua catena di approvvigionamento tagliata dalla cortina commerciale anti-cinese stesa dall’amministrazione americana. Durante la pandemia, infatti, sono nate decine di altre startup specializzate nell’aggregazione di rivenditori e-commerce che in quattro anni hanno raccolto investimenti per oltre 16 miliardi di dollari. L’import-export fra Cina e Stati Uniti ai tempi dell’e-commerce era del resto un’attività solida e redditizia, fondata sulla stessa fame di prodotti a basso costo dei consumatori americani e, più in generale, occidentali che ha portato al successo piattaforme come Temu e Shein. «Alcune stime indicano che il 70% dei beni venduti su Amazon è prodotto in Cina», osserva Bruni. Poi, però, alla Casa Bianca è arrivato Trump e tutto è cambiato: le sue tariffe sulla Cina rischiano di stravolgere un modello di business e, probabilmente, anche le abitudini di consumo degli americani.
L’aumento dei prezzi
«I container soggetti ai nuovi dazi del 145% si trovano attualmente nel Pacifico e sono in viaggio verso gli Usa», spiega Bruni. «Dovrebbero arrivare sul portale di Amazon entro due-tre settimane e a quel punto saremo costretti ad aumentare i prezzi». Heroes, altrimenti, andrebbe in perdita: l’aumento delle tasse doganali comporterà infatti circa 12-14 milioni di dollari di costi addizionali per la società, circa un decimo del fatturato, che saranno in larga parte riversati sui consumatori. «Stimiamo che i prezzi delle merci colpite dai dazi sulla Cina saliranno fra il 30 e il 45%», calcola. «Ci dispiace molto doverlo fare perché vendiamo soprattutto prodotti per bambini a famiglie che già faticano a far quadrare i conti: alzare i prezzi per le giovani famiglie non ci sembra giusto».
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Il peso dell’e-commerce negli Usa
L’e-commerce rappresenta fra il 15 e il 20% dei consumi negli Stati Uniti e la sua crescita impetuosa si è accompagnata all’aumento delle importazioni dalla Cina, in un rapporto dove è difficile discernere la causa e l’effetto. «Non è più la Cina a essere la fabbrica del mondo, ma è il mondo che è diventato il mercato della Cina», sintetizza la società di ricerca Marketplace Pulse. Oggi oltre il 50% dei rivenditori di maggior successo su Amazon e il 30% di quelli attivi su Walmart sono basati in Cina. Se a ciò si aggiunge l’ascesa esponenziale di Temu e Shein sul mercato americano, si capisce perché i maxi-dazi sulle importazioni dalla Cina e la cancellazione dell’esenzione doganale per le spedizioni sotto gli 800 dollari rischiano di avere un impatto enorme sull’inflazione negli Usa, sui consumi (specialmente di fascia bassa) e, di conseguenza, sul giro d’affari non solo di startup come Heroes ma anche di colossi e-commerce americani come Amazon e Walmart.
Le alternative
Alternative, al momento, non se ne vedono. «L’amministrazione Usa sta chiedendo ai rivenditori di spostare la produzione sul suolo americano, ma in realtà non è possibile», osserva Bruni. «Gli Stati Uniti non hanno le capacità manifatturiere della Cina». Perciò, Heroes e altri aggregatori e-commerce stanno valutando di spostare le forniture in altri mercati. . «Ci dispiace per i nostri produttori cinesi, molti dei quali falliranno a causa delle politiche di Trump senza aver fatto nulla di male», dice Bruni. «Stiamo valutando il Vietnam, la Cambogia, la Turchia e l’India», anticipa. «Abbiamo avuto qualche successo ma nell’insieme servirà tempo per esaminare i fornitori e assicurarci che rispettino gli standard di sicurezza e qualità richiesti per prodotti per bambini», prosegue. Senza contare che su molti di questi Paesi pende ancora la minaccia dei dazi “reciproci” di Trump. «Da qualunque parte la guardi», conclude Bruni, «questa situazione finirà inevitabilmente per generare inflazione».
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