La Cina starebbe valutando l’esenzione di alcuni prodotti statunitensi dai dazi del 125 per cento imposti questo mese in risposta a quelli, ancora più alti, stabiliti dall’amministrazione del presidente Donald Trump. Lo riferisce il quotidiano economico giapponese “Nikkei” citando il presidente della Camera di commercio americana in Cina (AmCham), Michael Hart, e altre fonti. La misura, se confermata, rappresenterebbe un segnale di potenziale allentamento della guerra commerciale tra le due maggiori economie mondiali. Durante un incontro online con i giornalisti, Hart ha dichiarato che il ministero del Commercio cinese ha avviato una consultazione con le imprese per identificare i beni importati dagli Stati Uniti difficilmente sostituibili attraverso altri mercati. In cima alla lista figurano farmaci e dispositivi medici, anche a causa di un sistema di approvvigionamento che prevede gare d’appalto con prezzi vincolanti. Hart ha precisato che anche altri settori stanno conducendo simili discussioni, ma la sanità è tra i primi.
Il presidente dell’AmCham ha inoltre evidenziato che anche aziende non statunitensi operanti in Cina risentono dei dazi a causa della dipendenza da componenti Usa. Nel frattempo, il sito cinese “Caijing” ha riferito che Pechino avrebbe escluso otto prodotti del settore dei semiconduttori dai dazi sulle importazioni. L’articolo è stato successivamente rimosso. Da giovedì 24 aprile, sui social media cinesi circola una lista di 131 articoli esentati, tra i quali figurano etanolo, medicinali, componenti per jet e circuiti integrati. Due fonti citate da “Nikkei” hanno confermato l’autenticità del documento. In alcuni casi, l’autorità doganale cinese avrebbe comunicato verbalmente le esenzioni agli importatori. L’apparente apertura alimenta le speranze di una de-escalation, nonostante le versioni contrastanti sull’esistenza di negoziati tra le due potenze. Gli Stati Uniti hanno imposto questo mese dazi del 145 per cento su tutte le merci cinesi, mentre la Cina ha risposto con un regime tariffario del 125 per cento sui beni statunitensi.
Il presidente Usa Donald Trump ha affermato nei giorni scorsi che si sono già tenuti colloqui sui dazi con la Cina, senza però fornire dettagli. Di contro, il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Guo Jiakun, ha affermato che “non vi sono stati consultazioni o negoziati”, mentre il ministero del Commercio ha ribadito che Washington dovrebbe “rimuovere completamente tutti i dazi unilaterali” per avviare un dialogo. Hart ha detto di ritenere che i dazi resteranno in vigore nei settori strategici e che Pechino difficilmente farà concessioni unilaterali. “I dazi continueranno. Non so a che livello, ma è probabile che diventino più mirati”, ha detto. “Se entrambi i Paesi hanno imposto dazi elevati e stanno ora concedendo esenzioni, è come se stessero convergendo verso una maggiore selettività”. In settimana il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha rivisto al ribasso la previsione di crescita globale per il 2025 al 2,8 per cento, anche a causa della riduzione della stima per la Cina, fissata al 4 per cento. Durante la riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G20 conclusasi giovedì 24 aprile a Washington, i vertici economici cinesi hanno espresso preoccupazione per il rallentamento globale.
“La crescita economica mondiale è insufficiente e le guerre tariffarie e commerciali minano la stabilità economica e finanziaria”, ha dichiarato il ministro delle Finanze, Lan Fo’an. Il governatore della Banca centrale, Pan Gongsheng, ha parlato di “frammentazione economica” e “tensioni commerciali” che stanno danneggiando le catene di approvvigionamento e indebolendo lo slancio globale. Pan ha inoltre annunciato una politica monetaria “moderatamente espansiva” per sostenere l’economia cinese.
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