La Penisola italiana, nota per il clima mite e il patrimonio culturale, ha un altro asset strategico fondamentale: un enorme potenziale in termini di energie rinnovabili. Eppure, il cammino verso un’economia non più legata ai combustibili fossili sembra un percorso faticoso. Lo dimostra Legambiente nel recente report dal titolo “Scacco matto alle rinnovabili 2025” nel quale viene mostrato un Paese che si sta muovendo notevolmente in ritardo nell’implementazione delle rinnovabili.
Energia rinnovabile: a che punto siamo in Italia?
Legambiente “boccia” il Bel Paese sul tema: nonostante l’installazione di 17.717 MW di nuova potenza da fonti pulite nel periodo 2021-2024, con una media annuale di 4.429 MW, l’Italia è ancora lontano dall’obiettivo degli 80.001 MW da raggiungere entro il 2030 fissato già dal Decreto Aree Idonee. Con appena il 22% dell’obiettivo centrato finora, l’Italia dovrebbe accelerare drasticamente il ritmo di installazione nei prossimi sei anni, passando alla media di 10.380,6 MW annui per colmare il divario di 62.284 MW ancora necessari.
Traduciamo questi numeri in modo concreto: se l’Italia non aumenta il passo rischia di raggiungere gli obiettivi di adozione delle rinnovabili al 2038, ovvero con ben 8 anni di ritardo dal goal fissato al 2030.
I progetti ancora in stallo sono numerosi: dal 2015 al 15 gennaio 2025, sono 2.109 i progetti di energia rinnovabile che hanno avviato il processo di valutazione, la cui maggioranza rimane bloccata in un limbo amministrativo.
Come riporta Legambiente nella nota a commento del report:
“115 i progetti in attesa della determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 85 quelli che hanno ricevuto il parere della Commissione Tecnica VIA PNRR-PNIEC ma che rimangono in attesa del parere del Ministero della Cultura (MIC), 1.367, pari all’79% del totale, quelli in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato PNRR-PNIEC (con 44 progetti risalenti al 2021, 367 al 2022, 505 al 2023 e 451 al 2024)”.
Il caso più emblematico è legato ad un progetto di “reblading” in Campania. Il piano prevede la sostituzione delle pale di 60 aerogeneratori nel parco eolico situato nei comuni di Lacedonia e Monteverde, in provincia di Avellino.
L’intervento, che non prevede l’installazione di nuove pale ma l’ammodernamento delle esistenti, ha già ottenuto un parere favorevole sulla compatibilità ambientale dal Ministero della Cultura nel 2020. Nonostante ciò il progetto è ancora bloccato nella fase di istruttoria tecnica presso la Commissione Tecnica VIA.
Rinnovabili, manca una visione strategica unitaria
Legambiente punta il dito verso il Governo e le normative, sottolineando quanto la lentezza burocratica non sia positiva per lo sviluppo delle rinnovabili.
Il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani mette a fuoco con chiarezza la situazione: “I principali ostacoli non tecnologici sono gli iter autorizzativi lenti, per l’ostracismo del Ministero della Cultura e l’inazione delle Regioni, i decreti ministeriali sbagliati e ideologici, come quelli su aree idonee e agricoltura, e le politiche miopi del Governo Meloni, che non fa altro che rendere la Penisola ancora più dipendente dagli speculatori del gas, puntando anche sul ritorno del nucleare, opzione energetica sconfitta dal libero mercato, a causa dei suoi costi esorbitanti, mentre altri ritardi potrebbero aggiungersi con le future leggi regionali sulle aree idonee”.
Prosegue Ciafani: “Per rendere indipendente l’Italia e per aiutare famiglie e imprese, facendo diminuire la bolletta, occorre accelerare la diffusione delle rinnovabili, lo sviluppo delle reti e la realizzazione degli accumuli anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, che porteranno maggiori vantaggi proprio alle Regioni con una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Alle parole di Ciafani fanno eco quelle di Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente. Eroe ricorda quanto sia preoccupante il ritardo del nostro Paese al raggiungimento degli 80.001 MW entro i sei anni.
A questa problematica si aggiunge anche la riflessione sulle Aree Idonee e sul “muro” che alcune regioni stanno ponendo sul tema:
“…Come nel caso in primis di Sardegna e Toscana che renderanno rispettivamente il 99% e il 70% del territorio regionale non idoneo alla realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili. Due regioni che stanno purtroppo facendo scuola, stando alle dichiarazioni di rappresentanti di altre amministrazioni, nonostante il Governo abbia fatto ricorso alla Corte Costituzionale proprio per bloccare la legge sarda sulle aree idonee. Il nostro Osservatorio Aree Idonee e Regioni vuole fornire un’analisi dettagliata su quanto sta accadendo tra iter normativi regionali e ritardi, vigilando e stimolando le amministrazioni a un maggior coraggio, soprattutto considerando che le rinnovabili e l’efficienza sono le uniche risposte concrete ai problemi del Paese e che l’obiettivo 2030 rappresenta solo un primo passo verso gli obiettivi di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2035 per la produzione elettrica ed entro il 2050 per tutto il resto del sistema energetico”.
Qual è il ruolo delle Regioni italiane nello sviluppo delle rinnovabili?
L’Osservatorio Aree Idonee e Regioni, contenuto nel report “Scacco matto alle rinnovabili 2025” traccia una mappa di ritardi e inefficienze che attraversa tutta la penisola.
La Valle d’Aosta correre il rischio di raggiungere il proprio obiettivo solo tra 45 anni, mentre il Molise segue con 29 anni di ritardo previsto (10% di 1.003 MW completati). La situazione non migliora per le Regioni della Calabria, Sardegna e Umbria, che si trovano rispettivamente a 23, 21 e 20 anni di distanza dal traguardo fissato dal Decreto Aree Idonee. A questo elenco si aggiunge la Sicilia che, avendo completato ad oggi solamente il 17% dell’obiettivo in termini di energia rinnovabile, raggiungerà i 10.485 MW richiesti con oltre 13 anni di ritardo.
Non ci sono solo notizie negative. Il Lazio emerge come eccellenza: se la Regione del Centro Italia riesce a mantenere il ritmo degli ultimi quattro anni potrebbe centrare l’obiettivo di 4.757MW fissato al 2030. Legambiente riporta anche altri casi positivi: Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige mostrano progressi significativi, registrando un ritardo stimato di soli due anni rispetto alla deadline.
Il divario regionale mette in luce le differenze che attraversano lo Stivale con alcune aree che rimangono bloccate nei vincoli burocratici ed altre che hanno saputo accogliere positivamente le sfide poste dal cambiamento climatico accelerando il passo verso la transizione energetica.
L’Italia, da un punto di vista formale, appare complessivamente in linea con quanto è richiesto dal Decreto nazionale: sono stati realizzati 17.717 MW contro i 16.109 MW previsti, con un surplus di 1.608 MW. Un dato che non deve ingannare in quanto rappresenta solamente il 22,1% dell’obiettivo finale al 2030, lasciando l’enorme sfida di installare altri 62.284 MW nei prossimi sei anni.
La transizione alle rinnovabili in Italia procede con una lentezza inaccettabile, soprattutto alla luce dell’emergenza climatica che continua a colpire duramente l’Itali. Secondo il report di Legambiente, dal 2010 a oggi si sono registrati 2.321 eventi estremi che hanno interessato ben 1.122 comuni. Non adottare una strategia energetica sostenibile significa rinunciare a una fondamentale opportunità di crescita economica, ma anche aggravare ulteriormente l’impatto ambientale sul territorio.
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