Lo chiamano il “triangolo del litio” ma potrebbe presto diventare una delle zone più aride del mondo. Il riferimento è alla regione del Sudamerica compresa nell’Altopiano delle Ande e che si estende su tre Paesi – Argentina, Bolivia e Cile – in cui si è scoperto che a causa delle estrazioni minerarie l’acqua dolce, essenziale per questo tipo di operazioni, sta scomparendo. A dirlo è uno studio pubblicato sulla rivista Communications Earth and Environment e consultabile sul sito Nature.
Le ricercatrici e i ricercatori hanno scoperto che in questa zona, che da sola contiene più della metà di tutte le riserve globali di litio, la quantità di acqua dolce disponibile localmente per l’estrazione di uno dei più importanti minerali al mondo è di circa 10 volte inferiore alle stime precedenti. Secondo le stime più diffuse per estrarre una sola tonnellata di litio sono necessarie fino a 500mila galloni di acqua, vale a dire quasi 2 milioni di litri. Una cifra spaventosa, ancor di più se si considera che la regione interessata dalle estrazioni è tra le più povere al mondo e l’acqua presente sostiene l’agricoltura locale delle piccole comunità indigene, nonché varie specie protette come i cincillà a coda corta e i fenicotteri rosa.
Oltre al fatto che, come accertato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, la domanda globale di litio, che dovrebbe crescere di 40 volte entro il 2040, potrebbe superare la limitata pioggia annuale che fornisce acqua dolce al triangolo del litio. Un triangolo, dunque, destinato a diventare sempre più secco.
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Perché il triangolo del litio ci riguarda
Con una sciatta definizione il litio viene chiamato anche “oro bianco”. Per chi legge EconomiaCircolare.com l’importanza del litio è nota: con questo metallo si realizzano le batterie dei dispositivi elettronici e delle auto elettriche nonché molti strumenti militari. Dunque è fondamentale per la transizione green e per quella digitale, oltre che per le esigenze di riarmo dei vari Paesi. Talmente fondamentale che in Bolivia l’ex presidente Evo Morales attribuisce la propria destituzione dal potere a interessi stranieri finalizzati al controllo di questo minerale, dal momento che la Bolivia ha leggi che stabiliscono che tutti i processi di estrazione e industrializzazione devono necessariamente essere a carico dello Stato.
Su questo angolo del mondo, infatti, si concentrano interessi globali, con le due potenze mondiali – Stati Uniti e Cina – che hanno manifestato più volte la volontà di entrare direttamente nella gestione delle estrazioni di litio. D’altra parte ciò che avverrà nel triangolo del litio potrà essere d’esempio, in un senso o nell’altro, anche nelle altre miniere sparse per il mondo, dalla Serbia (dove è presente il più grande giacimento di litio d’Europa) all’Australia.
“Comprendere il triangolo del litio ci aiuterà a capire altri sistemi a livello globale” ha detto Vanessa Schenker, ricercatrice dell’Istituto di Ingegneria Ambientale dell’ETH di Zurigo. Perché il punto fondamentale del triangolo del litio, in fondo, è proprio il ruolo dell’acqua, fondamentale per l’estrazione mineraria. E’ infatti la pioggia a fare sì che dalle formazioni rocciose si depositino in bacini profondi delle lagune salmastre, piene di acque ricche di litio. Sono poi le aziende minerarie a estrarre il fluido di litio dalle lagune e a concentrare il minerale attraverso l’evaporazione.
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La ricerca su acqua e litio deve continuare
“L’acqua è la risorsa più importante in questi sistemi, ed è la parte del sistema che è più sensibile al cambiamento”, ha detto David Boutt, autore dello studio e professore di geoscienze presso l’Università del Massachusetts-Amherst. “Sono ottimista sul fatto che, attraverso la ricerca e lo sviluppo, le aziende possano essere più efficienti in termini di acqua, soprattutto se guidate dal mercato”. A leggere la ricerca pubblicata su Communications Earth and Environment sulle connessioni tra litio e acqua, tuttavia, l’ottimismo di Boutt appare un po’ fuori luogo.
Specie perché i modelli idrologici globali, che includono tutti i tipi di acque presenti in un dato territorio (dalla neve alle acque sotterranee), testimoniano che già adesso la zona è sotto stress idrico. E l’aumento delle estrazioni non potrà che peggiorare tali scenari. Inoltre i limitati dati meteorologici derivanti da una mancanza di stazioni meteorologiche nel remoto altopiano andino hanno reso difficile accertare quanta acqua dolce effettivamente scorre in queste zone.
“Per migliorare la sostenibilità dell’estrazione del litio – si legge nello studio – è necessaria una continua ricerca per quantificare il modo in cui l’uso di acqua legata al litio (acqua dolce e salamoia) avrà un impatto sui sistemi idrologici. Un possibile metodo per affrontare questa sfida nelle Ande sarebbe quello di collaborare con gli sviluppatori di modelli idrologici globali per migliorare la precisione degli afflussi d’acqua dolce simulati per la regione. Quindi il consumo attuale o previsto di acqua dolce derivante dall’estrazione potrebbe essere aggiunto al modello di utilizzo dell’acqua associato. Inoltre il lavoro futuro dovrebbe concentrarsi sull’identificazione di chiare relazioni tra pompaggio di salamoia, risorse di acqua dolce poco profonde e profonde ed ecosistemi delle zone umide sensibili”.
Insomma: il mondo estrattivo continua a voler sfruttare i territori più poveri. O, per dirla in altri termini, piove sempre sul bagnato.
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