Fondazione Cariplo segue il Wellcome Trust e il patrimonio supera gli 11 miliardi

Pazienza e nervi saldi. Ma anche un piccolo aiuto degli amici. Che in questo caso si rivelano gli enti benefici anglosassoni, sempre all’avanguardia nell’alimentare la macchina della filantropia. È così che Fondazione Cariplo è riuscita a far lievitare costantemente e progressivamente il suo patrimonio alla cifra monstre di 11,547 miliardi di euro.

Certo, una mano l’ha data il buon corso in Borsa della conferitaria, Intesa Sanpaolo, ma da due anni e mezzo a questa parte la vera accelerata l’hanno data il cambio di regolamento della gestione del patrimonio e di strategie di allocazione, una novità adottata dopo un confronto con il britannico Wellcome Trust, originato dalla vendita di Wellcome a Glaxo e la cui strategia di investimento ha accresciuto le sue disponibilità a 50 miliardi di sterline.

Prudenti contro la volatilità

«Non usiamo più la volatilità come misura di rischio dei mercati finanziari», spiega il dg di Cariplo Sergio Urbani, recentemente promosso a ceo e artefice, con l’avallo del presidente Giovanni Azzone, della trasformazione. «Quando i mercati vanno male e la volatilità si alza, per gestire il patrimonio con budget di rischio dovresti vendere: nella gestione a lungo termine valgono altri criteri.Quando i mercati flettono occorre avere una riserva di liquidità perché poi in tre anni avviene generalmente una ripresa». Ed è quello che Urbani in Cariplo, in stretto accordo con gli organi, con confronti approfonditi con il cda e con la commissione investimenti, ha pensato di fare. «Ed eccoci qui a coglierne i frutti, pur consapevoli con occorre sempre tenere monitorata la situazione».

Prudenza

La vera tutela dunque è diversificare il portafoglio e avere un asset non investito per staccare dividendi aspettando che i listini si riprendano: «In quel modo puoi spostare più denaro su attività di rischio e redditizie, raggiungendo così obiettivi più importanti. L’approccio del Wellcome Trust è più rischioso del nostro, che è comunque improntato alla prudenza, ma ha molta liquidità, mentre noi eravamo molti investiti sull’illiquido. Noi non siamo ai loro livelli, ma è giusto guardare a chi sa fare bene», dice Urbani.

Nel luglio 2022 Cariplo ha fatto questa scelta: il suo patrimonio era 7,9 miliardi. «Abbiamo incontrato due anni di crescita sui mercati, Intesa ha sovraperformato correndo del 113% e abbiamo scelto di arrotondare la quota nella banca salendo dal 3,948% al 4,812% (oggi è al 5,4%, ndr)». Cariplo era partita da 7,9 miliardi sotto il valore di libro: oggi ha toccato gli 11,7 miliardi, ora con la guerra dei dazi c’è stata una piccola flessione. Questo ha permesso di potenziare l’attività filantropica, passata da da 150 milioni di budget a 215 (+40%) e tradottasi in nuovi progetti come l’iniziativa per il recupero dei Neet. È arrivato il nuovo cfo Francesco Ceci (già ad di Quaestio e Quadrivio) e si sta costituendo un team di investimenti di 8 persone; nominati un chief
philanthropic
officer (Davide Invernizzi), un chief legal officer (Francesco Pierotti) e un chief operating officer (Paolo Proserpio); un nuovo assetto organizzativo a supporto dell’attività benefica.

Da cinque anni Cariplo ha avviato con Compagnia di San Paolo, un programma di investimenti coadiuvata da Cambridge Associate per costruire portafogli con durata superiore a investimenti liquidi. A maggio Urbani e Ceci voleranno negli Usa dove li aspettano 27 incontri tra Los Angeles, Boston e New York con grandi fondi di investimenti disposti ad aprirsi a «charity e a garantire un ritorno a chi, come noi, usa le risorse per il bene comune».