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La moda del co-living. La rinascita dell’ex hotel dove si vive in comune


“Il co-living risolve un problema del nostro tempo: la solitudine. Molto più grave del posto letto e dell’alloggio”. Parla Alessandro Morelli, che insieme a Stefano Casalboni ed Eugenio Angelino si occupa di start up innovative. E ha inaugurato, pochi mesi fa, il primo co-living hotel di Rimini, all’interno dell’ex albergo Mora di via Pomezia, a Miramare. Ribattezzato ColivingOne Mora, che cita il nome del brand, che implicitamente annuncia ambiziosi progetti di espansione futuri: “Il nostro sogno è aprirne un centinaio, al posto di altrettanti alberghi marginali fuori mercato, comunque inutilizzati, nei prossimi anni sulla riviera, per questo il Mora l’abbiamo indicato, nella denominazione, come numero uno”, attacca Morelli.

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Cos’è il coliving?

“Co-living vuole dire condividere una parte della propria vita con altre persone – continua l’imprenditore, il ’community manager’ –. Le persone che accogliamo sono in genere lavoratori digitali, che abitano dove vogliono e lavorano a distanza. E scelgono di vivere insieme ad altri in un ambiente che li possa accogliere. C’è chi viene da Milano, chi dall’Uruguay o da Forlì, ma anche da Viserba. Non sono persone che vengono da noi per andare al mare, anche se ovviamente sono liberissimi di farlo. Mentre agli albori del fenomeno del co-living, negli Stati Uniti, i coinquilini erano soprattutto studenti e giovani lavoratori, precari o in carriera, oggi è sempre più una scelta di vita, quella della coabitazione temporanea. Sempre più persone scelgono di abitare dove vogliono, scelgono uno stile di vita collettivo in un ambiente protetto”.

“Da noi – prosegue Morelli – ciascuno ha la propria parte privata, anche se c’è chi sceglie di condividerla con un altro. Di fatto nell’albergo ci sono tutte stanze doppie; la cucina è comune, uno spazio aperto, e ciascuno la utilizza come crede. Le pulizie dei rispettivi alloggi le fanno sia gli occupanti che un servizio professionale dedicato. Noi garantiamo la cura delle aree comuni, living room, cucina, spazi ricreativi. E ovviamente i servizi: se i coltelli della cucina non sono affilati ci penso io”.

Al Coliving One Mora (tecnicamente, per lo Sportello imprese del Comune, si tratta ancora di un albergo) ci sono quindici ’unità abitative’, che possono accogliere dalle quindici alle trenta persone (guai a chiamarli ospiti, sono ’coliver’).

Il costo? “Si paga sui 700 euro al mese per un singolo, 900 euro se scelgono di condividere una stanza in coppia”, continua Morelli. Avete già molte richieste? “Lo scorso 25 marzo abbiamo chiuso le prenotazioni per un anno. C’è anche un po’ di turn over, e naturalmente non abbiamo obbligo di tenere chi adotta comportamenti non consoni”. La struttura di via Pomezia ha aperto i battenti l’11 gennaio scorso. “Abbiamo fatto un mese e mezzo di rodaggio, per così dire – aggiunge Morelli – e dal primo marzo si è iniziato ad accogliere coliver”.

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Breve digressione storica: “Negli anni Cinquanta in Italia c’erano pochi soldi, era normale guardare la televisione tutti assieme, anche con i vicini. Dagli anni Sessanta lo stile di vita ha portato ad avere una casa, auto, garage, bicicletta e così via. Un modello ereditato, ma non l’unico. Abitare in condominio negli Stati Uniti, e non solo, era da ’poveretti’. Poi però la crisi immobiliare del 2008 ha modificato parecchio le cose. Si è fatto breccia l’abitare in comunità, che inizialmente era visto da disadattati.

I Millenials prima, poi fasce più ampie, persone tra i 23 e i 40 anni (con punte di 50), che gira l’Europa con Ryanair con facilità, hanno accettato il condividere, lo stare con gli altri. Un fenomeno tuttora in espansione”.



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