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Scaleup act, le nuove regole sulle startup stanno creando una certa confusione


Che lo Scaleup Act fosse una riforma a metà delle regole italiane sulle startup, era già venuto a galla all’indomani della pubblicazione dell’annuale legge su mercato e concorrenza del 2024, in cui è contenuto, lo scorso dicembre. Ma adesso, a distanza di quattro mesi, emergono le prime crepe mentre le startup si apprestano a chiudere i bilanci. O altre si apprestano a effettuare la costituzione. Perché le imprese innovative e i consulenti che le assistono, come ha potuto appurare Wired attraverso varie interlocuzioni, stanno incontrando numerose difficoltà nell’interpretazione dello Scaleup Act.

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Finora dal ministero responsabile, quello delle Imprese e del made in Italy (Mimit), non sono arrivati chiarimenti, tramite una circolare o altri strumenti. Tanto che sia le imprese innovative sia i consulenti friggono, mentre si tengono le ultime assemblee e scorre la sabbia dei 30 giorni a disposizione per adempiere le scadenze di bilancio.

A quale registro iscriversi

Prendiamo la permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese delle camere di commercio. Lo Scaleup Act riduce il tempo standard di permanenza della precedente norma del 2012 a tre anni. Per ottenere un prolungamento di altri due anni, occorre rispettare almeno uno dei seguenti criteri: il 25% delle spese destinate a ricerca e sviluppo; un contratto di sperimentazione con un ente pubblico; l’ottenimento di un brevetto; una riserva patrimoniale di almeno 50mila euro a seguito di un convertendo o un aumento di capitale con almeno un investitore istituzionale; aumento dei ricavi operativi o della forza lavoro del 50% tra secondo e terzo anno. Altrimenti si può valutare l’iscrizione al registro delle piccole e medie imprese (pmi) innovative. Sempre che si abbiano i requisiti.

Ma siccome le startup arrivano alla scadenza del nuovo quadro di norme dopo un anno, il 2024, in cui hanno giocato con le precedenti regole di ingaggio (la prima bozza della Scaleup è arrivata a fine luglio), c’è disorientamento sul da farsi. Perché se alla prova della conferma dei requisiti per startup, la camera di commercio boccia la società, si rischia di perdere aiuti e agevolazioni. Lasciando fuori eventuali reclami da parte dell’Agenzia delle entrate. Ma anche spostarsi preventivamente sotto il cappello di pmi innovativa potrebbe essere una scelta non azzeccata (occorre, per esempio, far certificare il bilancio).

Passaggio di norme

A complicare le cose c’è anche il mancato raccordo tra il decreto Passera sulle startup del 2012 (dal cognome dell’allora ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera) e l’attuale quadro voluto dal numero uno del Mimit, Adolfo Urso. Finora una startup poteva rimanere iscritta al registro speciale fino a cinque anni dalla data di costituzione. Le nuove regole invece menzionano come data proprio l’iscrizione, che spesso viene dopo. Manca quindi un’armonizzazione per gestire la situazione esistente. Basti pensare che, consultando l’albo, risultano 1.851 startup iscritte nel 2022 e 2.411 nel 2021 (gli anni più prossimi alle scadenze del decreto), quasi un terzo del totale delle imprese. Come compensare questo vuoto?



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