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AI first, come l’approccio che mette l’intelligenza artificiale al centro sta cambiano le aziende. E il lavoro


AI first, ovvero prima l’intelligenza artificiale. Il resto verrà. Duolingo, nota app per l’apprendimento delle lingue, ha annunciato lunedì scorso 28 aprile una decisione che segna un punto di svolta nel rapporto tra tecnologia e lavoro: l’azienda smetterà di utilizzare collaboratori esterni per svolgere lavori che l’intelligenza artificiale può gestire da sola e aumenterà il personale solo quando i team avranno massimizzato l’automazione possibile. La comunicazione è arrivata tramite un’email interna inviata dall’amministratore delegato Luis von Ahn, in cui il dirigente ha definito l’utilizzo dell’AI per accelerare la creazione di contenuti “una delle migliori decisioni” prese recentemente dalla società: si tratta di un approccio sempre più comune tra le aziende.

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Cos’è una strategia “AI first”?

L’approccio “AI first” rappresenta un cambiamento paradigmatico nella filosofia aziendale che pone l’intelligenza artificiale al centro di ogni processo decisionale e operativo. Le aziende che adottano questa strategia non considerano più l’AI come uno strumento complementare, bensì come il punto di partenza predefinito per qualsiasi attività, dalla creazione di contenuti alla gestione del personale, fino all’analisi dei dati e all’assistenza clienti. Come ha affermato Natalie Glance, a capo degli ingegneri informatici di Duolingo, rivolgendosi idealmente ai dipendenti: “Inizia con l’AI per ogni attività. Non importa quanto piccola, prova prima a utilizzare uno strumento di AI“. Questo approccio implica non solo l’utilizzo di strumenti esistenti, ma anche la riprogettazione dei processi aziendali per massimizzare i benefici dell’automazione. Tra le aziende che hanno affermato di seguire questa strategia ci sono anche Shopify, Workday e colossi del calibro di Ibm.

Nel caso della piattaforma di e-commerce canadese Shopify, il ceo Tobi Lütke ha spiegato che la padronanza degli strumenti di intelligenza artificiale sarà un parametro nelle valutazioni delle prestazioni individuali dei lavoratori. Inoltre, i dipendenti sono incoraggiati a sperimentare nuove soluzioni e a condividere le proprie scoperte con il resto del team. L’AI è diventata anche un filtro per le nuove assunzioni: i manager devono dimostrare che un determinato compito non può essere automatizzato prima di procedere con l’inserimento di nuovo personale.

Ibm, dalla sua, sta implementando il passaggio da un modello organizzativo che chiamava “AI plus” (in cui l’intelligenza artificiale affianca il lavoro umano) a un approccio “AI first”, in cui l’automatizzazione dei processi viene integrata in tutti i rami di business. L’ad dell’azienda, Arvind Krishnaha, già l’anno scorso aveva annunciato che circa il 30% dei ruoli di back-office, come le risorse umane, potrebbe essere sostituito da sistemi automatizzati entro cinque anni. In parallelo, la società ha bloccato le assunzioni per le mansioni che ritiene già replicabili da un algoritmo. Altre aziende come Workday hanno annunciato tagli al personale per investire maggiormente sull’intelligenza artificiale. L’azienda americana che si occupa di gestione del personale licenzierà 1.750 dipendenti, pari all’8,5% della sua forza lavoro, per dare priorità agli investimenti in AI. L’ad Carl Eschenbach ha spiegato che i tagli aiuteranno l’azienda ad allinearsi meglio con le esigenze dei clienti in un momento in cui le imprese stanno “reimmaginando il modo in cui si lavora” grazie all’intelligenza artificiale.



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