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Mercati Usa incerti Trump: tutto ok, di economia ne so qualcosa | economia statunitense


L’inizio del 2025 ha portato con sé un segnale di rallentamento per l’economia statunitense, con una contrazione del prodotto interno lordo (Pil) che invita a una riflessione ponderata sulle dinamiche in atto.

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Il dato, comunicato il 30 aprile dal Bureau of Economic Analysis, indica una flessione dello 0,3% nel primo trimestre, in netto contrasto con l’espansione del 2,4% registrata nei tre mesi precedenti. Si tratta del primo calo trimestrale dal 2022, un risultato che, pur migliore rispetto ad alcune previsioni più pessimistiche, evidenzia fragilità che meritano attenzione.

Due fattori principali hanno pesato su questo risultato: un’impennata delle importazioni, cresciute del 41,3% a causa delle strategie di anticipazione delle imprese rispetto ai dazi introdotti dal presidente Trump, e una riduzione della spesa pubblica, scesa dell’1,4%, con un calo particolarmente marcato del 5,1% a livello federale. Questi elementi, che nel calcolo del Pil sottraggono valore, hanno offuscato i segnali positivi emersi da altri fronti.

La spesa dei consumatori, che rappresenta i due terzi della crescita economica, è aumentata dell’1,8%, seppur a un ritmo inferiore rispetto al 4% del trimestre precedente. Le esportazioni, favorite da un dollaro più debole, sono cresciute dell’1,8%, mentre gli investimenti privati interni hanno registrato un balzo del 22%, contribuendo significativamente al dato finale.

Sul piano dell’inflazione, l’indice dei prezzi del Pil è salito al 3,7%, rispetto al 2,3% del trimestre precedente, segnalando pressioni sui prezzi che potrebbero complicare il quadro economico. I mercati hanno reagito con una flessione: il Dow Jones Industrial Average ha perso oltre 100 punti, l’S&P 500 e il Nasdaq Composite sono scesi di circa l’1%, mentre i rendimenti dei titoli del Tesoro sono aumentati, con il decennale oltre il 4,21%.

Il dibattito politico non si è fatto attendere. In un messaggio su Truth, il presidente Trump ha attribuito le difficoltà economiche all’eredità del suo predecessore, sottolineando che il suo mandato è iniziato solo il 20 gennaio e promettendo un futuro di prosperità. Al contempo, il rapporto sul Pil offre spunti per un’analisi più ampia. Jeffrey Roach, direttore economista di Lpl Financial, ha osservato che l’economia mantiene una certa solidità, grazie soprattutto alla forza dei consumatori, e che una gestione efficace delle politiche commerciali internazionali potrebbe ridurre l’incertezza che grava su imprese e famiglie.

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Guardando al futuro, le prospettive per il secondo trimestre appaiono più incoraggianti. Secondo Paul Ashworth, direttore economista di Capital Economics, il rimbalzo delle importazioni potrebbe favorire una crescita superiore al 2% su base annualizzata, anche se per il resto del 2025 e il 2026 si prevede un’espansione più moderata, intorno all’1,5%. Il modello Nowcast della Federal Reserve di New York stima un’espansione del 2,7% per il secondo trimestre. Tuttavia, il rischio di recessione non è trascurabile: un sondaggio della National Association for Business Economics indica che il 50% degli economisti vede una probabilità significativa di due trimestri consecutivi di crescita negativa, mentre JPMorgan Chase ha alzato al 60% la probabilità di una recessione nel 2025.

In questo contesto, emerge la necessità di un equilibrio tra politiche economiche audaci e stabilità. La resilienza del mercato del lavoro, con le richieste di sussidi di disoccupazione vicine ai minimi e una previsione di 130 mila nuovi posti di lavoro ad aprile, rappresenta un punto di forza. Allo stesso tempo, il deficit commerciale record di 162 miliardi di dollari a marzo, alimentato dall’anticipazione delle importazioni, sottolinea l’impatto delle scelte di politica commerciale sull’economia reale.

L’economia statunitense si trova a un bivio: da un lato, la capacità di consumatori e imprese di sostenere la crescita; dall’altro, le incertezze legate a dazi, inflazione e politiche fiscali. Come suggerisce Bill Adams, economista di Comerica Bank, una riduzione dei dazi e una maggiore chiarezza nelle politiche economiche potrebbero evitare una recessione, pur con una crescita più lenta rispetto al 2024. Il cammino verso una ripresa stabile richiederà scelte oculate, capaci di bilanciare gli interessi immediati con una visione a lungo termine.



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