L’aumento delle retribuzioni e l’introduzione di un salario minimo tornano al centro del dibattito politico. I dati Istat più recenti mostrano infatti che a marzo 2025 le retribuzioni contrattuali reali sono ancora circa l’8% al di sotto dei livelli di gennaio 2021, dopo due anni di inflazione elevata e rincari diffusi. Il potere d’acquisto dei salari è rimasto sotto pressione nonostante i negoziati contrattuali in corso, spingendo molte sigle sindacali e forze politiche di opposizione a chiedere interventi urgenti per “recuperare terreno”.
Salario minimo: perché non è ancora legge nonostante tutti ne parlino
Nonostante il salario minimo legale sia diventato un argomento ricorrente, trasversale, e quasi da talk show per frequenza, la legge non c’è. E non è solo una questione di priorità disallineate.
Il centrodestra, che in pubblico si dice favorevole ad alzare i salari, in privato archivia l’ipotesi del minimo legale come un inciampo ideologico. Preferisce formule automatiche, meglio se senza troppe rigidità e con margini per la contrattazione. Pd, M5S e Avs invece spingono da mesi, ma a ruota libera: depositano testi, raccolgono firme, lanciano appelli, ma poi devono fare i conti con una maggioranza che ha il telecomando dell’ordine del giorno parlamentare.
Nel frattempo, anche tra chi dovrebbe remare nella stessa direzione, si litiga. Non tutti i sindacati vogliono davvero il salario minimo per legge: c’è chi teme, giustamente, che possa svuotare i contratti collettivi.
Poi ci sono le partite Iva che partite non sono: contratti mascherati da autonomia, con un solo committente, orari vincolati e nessun margine decisionale. Lavori da dipendente, diritti da comparsa. Eppure tutto avviene alla luce del sole, con annunci che lo richiedono esplicitamente e una normalità costruita sull’elusione. Un modo elegante per scaricare costi e responsabilità, che il legislatore conosce benissimo ma continua vergognosamente a tollerare.
Le imprese, che con margini risicati e una produttività stagnante, vedono nell’obbligo una mina sotto i bilanci.
C’è chi aspetta le Europee, chi preferisce il rinvio strategico, chi promette e poi scompare nei corridoi. Il risultato è una legge che tutti nominano, ma che nessuno porta davvero fino in fondo.
La proposta della Lega: aumenti automatici e stipendi differenziati per territorio
Il centrodestra ha reagito puntando sui meccanismi di indicizzazione. La Lega ha approvato una mozione che prevede un “adeguamento automatico” di stipendi e pensioni all’inflazione, con un tetto massimo di rivalutazione fissato al 2% annuo.
In pratica, oltre ai rinnovi contrattuali, gli stipendi sarebbero incrementati in modo forfettario fino al 2% se l’inflazione supera tale soglia. Il partito sottolinea che l’iniziativa servirebbe a proteggere i salari dall’erosione dei prezzi, ma i sindacati e le opposizioni temono per i conti pubblici e per la contrattazione collettiva. Nel Piano del lavoro il Carroccio propone inoltre di consentire negoziazioni di secondo livello basate sul costo della vita locale: in sostanza verrebbero differenziati i cosiddetti “trattamenti accessori” (premi ed indennità accessorie) in base al territorio.
L’idea è di premiare le regioni più costose o virtuose, ma le critiche sottolineano il rischio di ampliare le disparità Nord-Sud. Il centrodestra ribadisce comunque che il salario minimo per legge non è la sua priorità: secondo il ministro del Lavoro Matteo Salvini, imporre una soglia unica rischierebbe di squalificare la contrattazione e di limitare il ruolo degli accordi collettivi.
Salario minimo a 9 euro: cosa prevede la proposta di Pd, M5S e Avs
Al contrario, le principali forze di opposizione insistono sull’introduzione di un salario minimo legale. Pd, M5S e la lista Azione-Verdi-Sinistra (Avs) hanno presentato una proposta di legge unitaria (lo scorso autunno hanno depositato firme alla Camera) che fissa a 9 euro lordi all’ora la paga minima inderogabile.
Questa soglia è ritenuta la cifra minima necessaria per consentire ai lavoratori di vivere dignitosamente e coprire bisogni essenziali (le opposizioni parlano di “soglia di lotta alla povertà” del lavoro).
Nel testo si prevede che nessun contratto o accordo possa derogare al rialzo su quel livello. L’obiettivo dichiarato è difendere soprattutto i settori più fragili, come turismo, ristorazione, logistica, pulizie e altri lavori precari spesso appaltati, dove moltissimi dipendenti sono oggi pagati ben al di sotto di tale soglia.
I leader dell’opposizione sottolineano che in Italia ci sono oltre 4 milioni di lavoratori con salari sotto i 9 euro, e ritengono il governo responsabile di non aver ancora recepito la direttiva Ue sul salario minimo. A sostegno della proposta si menziona anche l’esperienza di altri Paesi Ue, dove il minimo salariale legale non ha frenato i rinnovi contrattuali e anzi ha ridotto il lavoro povero.
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