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Fim Cisl guarda a Magnetico e verticalizzazioni, Italia Nostra contro l’acciaio “bellico”


Che fine hanno fatto gli investimenti per riportare a Terni la produzione di lamierino magnetico? La domanda era arrivata subito dopo l’incontro di Roma sul piano industriale di Arvedi Ast e sull’Accordo di programma. A rilanciare soprattutto Fismic e Uilm, che avevano ricordato come senza il programmato rilancio della produzione (che causò la prima, grande vertenza di venti anni fa contro ThyssenKrupp, con 30mila ternani in piazza), non si arriverà al miliardo di investimenti previsto per l’acciaieria di viale Brin.

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Il giorno dopo è la Fim Cisl a rincarare la dose, analizzando l’esito dell’incontro ospitato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e dal responsabile della task force per il rilancio dell’industria Giampiero Castano. E i metalmeccanici cislini, oltre al tema del ritorno di una produzione che aveva reso unica l’area siderurgica integrata ternana, mettono sul piatto anche altri temi. Come quello delle verticalizzazioni dell’acciaieria in settori come inox, fucinati e tubi, che completano la gamma dei prodotti di viale Brin. 

E non mancano neppure gli spunti polemici. Come quello di Italia Nostra, con Andrea Liberati, che dice un secco no all’utilizzo dell’acciaio ternano per i piani di riarmo dell’Unione Europea. Un elemento, quello dell’apertura del mercato della difesa, che aveva fatto capolino nel comunicato diffuso ieri dagli uffici stampa governativi, insieme ai settori tecnologici dell’aerospazio e dell’energia.

La Fim Cisl chiede chiarezza sul Magnetico: “Quanto tempo ci vorrà per sciogliere il nodo-investimenti?”

Il nodo energia è fondamentale – affermano Valerio D’alo, segretario nazionale, e Simone Liti, segretario senerale della Fim Cisl Umbria -. È necessario dare il giusto riconoscimento e valore per quanto riguarda il tema dell’energia all’Ast e tutte le aziende energivore. Altrettanto importante, però, è capire, rispetto all’investimento del magnetico quanto tempo sia necessario per sciogliere il nodo o quale sia la soluzione alternativa per far arrivare su Terni il montante completo previsto di un miliardo di investimenti. Si tratta di un passaggio ineludibile per rendere il sito più competitivo nelle sue produzioni di Inox, Fucinati e Tubi“.

La Fim Cisl, coi due segretari, ribadisce che sarà impegnata, con incontri territoriali, negli approfondimenti di tutti gli aspetti del piano industriale, con confronti volti al mantenimento e allo sviluppo dell’occupazione e a quanto previsto per migliorare le condizioni di lavoro degli occupati diretti e indiretti del sito siderurgico ternano.

L’ammontare degli investimenti previsti al 2028 sarà di 560 milioni di euro che riguarderanno interventi sugli aspetti di riqualificazione degli impianti esistenti, ambiente salute e sicurezza, ricerca e sviluppo e installazione di nuovi impianti per aumentare la capacità produttiva per un giusto equilibrio nel mix di produzione a caldo e a freddo.

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Rileviamo – concludono i due segretari della Cisl metalmeccanici – come la proprietà Arvedi, con il dottor Mario Arvedi Caldonazzo, abbia ribadito che sia necessario giungere a un accordo di programma fatto da impegni concreti sul taglio dei costi dell’energia. Allo stesso tempo, però, ha ribadito come la proprietà Arvedi confermi tutti gli investimenti previsti su Terni con o senza Accordo di programma, confermando la tenuta occupazionale nonostante le evidenti difficoltà di contesto“.

Crisi automotive, costi di produzione e mercati alternativi: Italia Nostra si oppone all’industria degli armamenti

Arvedi non ha fatto mistero che il rilancio del magnetico debba essere in linea con le scelte dell’Unione europea nel settore dell’automotive. Il lamierino magnetico è infatti un componente essenziale nell’industria della mobilità, perché utilizzato principalmente per la realizzazione di motori elettrici, sia per veicoli elettrici tradizionali che per applicazioni di mobilità elettrica.

Un mercato, quello della mobilità elettrica, che non decolla nonostante gli investimenti nella transizione energetica. E che ha trascinato alla crisi anche l’automotive tradizionale, con Terni che forniva acciaio per la componentistica e tubi per le marmitte. A questo si aggiungono i costi di produzione tirati verso l’alto dal rincaro dell’energia e la convenienza ad approvvigionarsi di semilavorati dall’Asia, con la conseguente crisi dell’area a caldo. 

Si aprono così prospettive di ricerca di mercati alternativi, in gradi di allargare il range di utilizzo degli acciai speciali ternani. Il Mimit ha citato i settori a più alto contenuto tecnologico: l’aerospazio, l’energia e anche la difesa (con il piano Rearm Europe in prospettiva). Uno scenario che non piace agli ambientalisti ternani di Italia Nostra. È Andrea Liberati, leader della sezione ternana dell’associazione, a dire no con una dura nota a quella che definisce “l’acciaieria di guerra“. 

Terni ha già avuto migliaia di martiri nella seconda guerra mondiale – dice Liberati -. E ora una politica miope, pur di evitare di avviare iniziative diverse dall’acciaio, vuole far tornare la città un hub europeo della Difesa, costruendo in loco prodotti bellici di avanguardia. Occorre pianificare finalmente tutt’altro su Terni: attingiamo dall’estrema abbondanza di investimenti mondiali sia nel digitale che nell’universo delle tecnologie avanzate. Usiamo piuttosto la ricchissima e ubiqua disponibilità di risorse idro-energetiche della Conca Ternana per fare la differenza, contribuendo ad agganciare il domani tramite produzioni finalmente a basso impatto ambientale e ad altissimo valore aggiunto“. 



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