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Queste aziende stanno rivedendo al ribasso le loro previsioni di utili


Le grandi aziende americane iniziano a fare i conti con la guerra dei dazi intrapresa da Donald Trump.

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Le misure protezionistiche, in particolare l’introduzione di dazi doganali verso diversi Paesi, stanno cominciando a produrre conseguenze concrete e misurabili. Il segnale più evidente è la revisione al ribasso delle previsioni di utili da parte di alcuni dei più grandi gruppi industriali americani, attivi su scala globale.

Colossi come Pepsico, Colgate, Procter & Gamble e Kimberly-Clark hanno già ridotto le aspettative di crescita dei ricavi per i mesi a venire. In alcuni casi, la crescita attesa si è ridotta dal 10% stimato inizialmente a un modesto 2-3%. Non si tratta di casi isolati, ma di un trend che si estende anche a settori strategici come quello automobilistico, con General Motors che stima un impatto negativo di miliardi di dollari. Persino McDonald’s, simbolo dell’economia interna americana, segnala difficoltà.

Il fenomeno va ben oltre la semplice instabilità dei mercati: segnala l’arrivo di una “doccia fredda” sull’economia americana, che potrebbe avere effetti duraturi su occupazione, consumi e fiducia degli investitori. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Cosa sta accadendo: il rallentamento è iniziato

L’onda lunga dei dazi doganali introdotti dall’amministrazione Trump sta iniziando a colpire in pieno le grandi aziende americane. Alcuni dei brand più noti nel mondo del largo consumo stanno affrontando una fase di rallentamento, che si riflette nelle revisioni al ribasso delle loro previsioni di utili. Pepsico, Colgate, Procter & Gamble (conosciuta anche per i pannolini Pampers) e Kimberly-Clark (famosa per i fazzoletti Kleenex) sono tra i nomi di spicco che hanno ufficializzato un taglio delle aspettative di crescita.

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Anche General Motors, gigante dell’automotive, ha lanciato un allarme: l’impatto stimato dei dazi doganali si aggira tra i quattro e i cinque miliardi di dollari, di cui circa due miliardi legati solo all’importazione di veicoli dalla Corea del Sud, dal Canada e dal Messico. L’azienda ha già annunciato la necessità di ridurre i costi, una decisione che potrebbe comportare conseguenze importanti in termini occupazionali.

Non è solo l’export a essere colpito. McDonald’s, simbolo del consumismo americano, ha segnalato una diminuzione della domanda nazionale. L’azienda ha reagito con una ristrutturazione organizzativa, a partire dalla logistica, e con una spinta sull’innovazione. In sintesi, diversi comparti dell’economia americana stanno ricalibrando le proprie strategie in un contesto che appare sempre più incerto.

Le cause principali: dazi, costi e calo dei consumi

A guidare questa revisione al ribasso delle stime aziendali sono soprattutto due fattori interconnessi. Il primo è l’aumento dei costi lungo le catene di fornitura globali. Le aziende statunitensi, a causa dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, si trovano ora a pagare di più per materie prime, componenti e prodotti finiti provenienti da Paesi colpiti dalle misure protezionistiche. Inoltre, le contromisure adottate da alcune nazioni in risposta ai dazi americani hanno aggravato ulteriormente i costi, creando un effetto a catena che penalizza la competitività delle imprese USA.


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Il secondo fattore è il previsto calo dei consumi sui mercati internazionali. L’aumento dei prezzi al consumo causato dai dazi ha portato a una riduzione della domanda di prodotti americani. Il “consumatore globale”, infatti, tende a orientarsi verso alternative meno costose, riducendo l’acquisto di beni a marchio USA. Questo impatto si riflette direttamente sui ricavi, specie per aziende fortemente internazionalizzate.

In sostanza, l’effetto combinato dell’inflazione da dazi e delle tensioni commerciali ha iniziato a compromettere le prospettive di crescita su cui molte aziende contavano. E la risposta del mercato non si è fatta attendere: tagli ai budget, revisioni strategiche e, in alcuni casi, blocco degli investimenti.

Dazi e cali: effetti su occupazione e mercato interno

Il rallentamento indotto dai dazi ha già iniziato a produrre effetti visibili anche sull’economia interna.

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General Motors parla apertamente di tagli occupazionali come parte del piano di riduzione dei costi. McDonald’s, nel frattempo, registra una diminuzione della spesa dei consumatori americani, a conferma che il clima di incertezza inizia a farsi sentire anche sul mercato domestico.

Le politiche commerciali protezionistiche, pensate per rafforzare l’economia nazionale, stanno iniziando a mostrare il volto di un’economia sotto pressione, con rischi concreti per occupazione, consumi e stabilità finanziaria.



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