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Ritorno al Sud, il nuovo trend della contro migrazione


In un Paese dove per decenni il flusso migratorio ha avuto una sola direzione — dal Sud verso il Nord — oggi si fa largo un movimento meno raccontato ma sempre più evidente: quello di chi sceglie di tornare o trasferirsi al Sud. Un fenomeno che ribalta gli stereotipi e spinge a ripensare il concetto stesso di “terra delle opportunità”.

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Se un tempo le città industriali del Settentrione rappresentavano l’unico orizzonte possibile per chi cercava lavoro e stabilità, oggi sempre più persone guardano con interesse alle regioni meridionali, attratte da uno stile di vita più sostenibile, un costo della vita più accessibile, e da un nuovo fermento economico in settori come turismo, agricoltura di qualità e innovazione digitale.

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«Non si tratta solo di nostalgici ritorni alle origini – spiega un esperto di sociologia del lavoro – ma di scelte consapevoli, spesso da parte di giovani e professionisti che cercano un equilibrio tra lavoro e qualità della vita».

Un trend in crescita, supportato dai numeri

Secondo Istat, negli ultimi anni si è registrata una progressiva riduzione del saldo migratorio Sud-Nord: nel 2001 il saldo negativo era di -135.000 unità, nel 2022 si è scesi sotto le -70.000 unità. Anche se il Sud continua a perdere popolazione, il fenomeno si sta rallentando, e in alcune zone si osserva un saldo positivo nei movimenti interni.

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La Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), nel suo Rapporto 2023, sottolinea che il Sud ha cominciato ad attrarre nuovi residenti, in particolare lavoratori del settore digitale, pensionati e giovani in cerca di una vita meno costosa.

Nel 2022, il 31% dei trasferimenti interni verso il Sud proveniva da regioni settentrionali.

Un altro segnale arriva dal Rapporto Italiani nel Mondo 2023 della Fondazione Migrantes, che rileva come, tra i rientri in Italia dall’estero, stia aumentando la quota di persone che si stabilisce direttamente nel Sud, attratta da radici familiari e un rinnovato dinamismo territoriale.

Le nuove destinazioni del Sud

Le mete più gettonate non sono solo le grandi città: Puglia, Sicilia, Basilicata e alcune zone della Calabria e della Campania stanno attirando lavoratori in smart working, freelance del digitale e piccoli imprenditori.

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Alcune aree rurali, un tempo spopolate, stanno vivendo nuove fasi di ripopolamento, anche grazie a incentivi come i “borghi a 1 euro” o bandi comunali per nuove imprese locali.

Tra nuove opportunità e vecchie fragilità

Questo flusso può rappresentare una rinascita per territori svuotati dallo spopolamento, ma può anche accentuare squilibri esistenti. L’Istat avverte che l’arrivo di nuove popolazioni in territori fragili rischia di sovraccaricare servizi sanitari, scolastici e infrastrutture se non accompagnato da adeguati investimenti pubblici.

Il ruolo chiave della migrazione stagionale

Un elemento chiave del fenomeno è la migrazione stagionale. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, nel solo comparto agricolo, ogni anno oltre 300.000 lavoratori stagionali si spostano tra regioni, con la Puglia e la Sicilia tra le principali destinazioni. A questi si aggiungono i lavoratori del turismo, soprattutto durante l’estate, contribuendo all’economia locale, ma spesso in condizioni contrattuali precarie.

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La “migrazione al contrario” è il segno di un’Italia che cambia direzione. Non si tratta solo di spostamenti geografici, ma di trasformazioni culturali ed economiche che richiedono nuove strategie.

Per cogliere il potenziale positivo del fenomeno, servono politiche di accoglienza, servizi efficienti e incentivi locali che trasformino queste scelte individuali in un vero progetto di rilancio per il Mezzogiorno.


FOTO: Shutterstock





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