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Credito, rischio default ai minimi dalla pandemia



(Teleborsa) – Il rischio di credito delle imprese, cioè la probabilità di finire in default, è sceso ai minimi dal periodo della pandemia, attestandosi a marzo al 5,3%, il dato più basso da dicembre 2000. E’ quanto calcolato dal Cerved Rating Agency, secondo cui la situazione potrebbe cambiare nei prossimi 12 mesi, in quanto le rinnovate tensioni sul fronte del commercio rischiano di mettere sotto pressione le imprese esportatrici, con riflessi negativi sulla liquidità e sulla loro capacità di ripagare i debiti.

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Nel corso del 2024 è aumentata la quota di aziende che hanno migliorato la loro posizione: il 17% degli aggiornamenti creditizi è stato classificato “in miglioramento” contro l’8% dell’anno precedente. Sono inoltre cresciute le conferme di rating di credito (il 78% contro il 69% precedente), grazie anche al minor costo del denaro ed una maggior salute dei bilanci delle imprese.

Rischio default: tre scenari possibili

Nei prossimi 12 mesi, tuttavia, ci si attende un peggioramento della situazione finanziaria delle imprese, che porterebbe la probabilità di default media al 5,5% nello scenario ritenuto più verosimile, un dato che non raggiungerebbe comunque i livelli di dicembre 2023 (6,2%), il più alto degli ultimi 10 anni. L’ipotesi è stata formulata rispetto ad uno scenario in cui le politiche protezionistiche e le persistenti tensioni internazionali non si acutizzino (dazi USA verso UE vicini al 10% nei prossimi 12 mesi) ed in cui cresca la spesa riconducibile al PNRR.

Gli altri due scenari sono meno probabili ma possibili. In quello peggiore il rischio di default medio in Italia raggiungerebbe il 6,5%, il livello più alto mai registrato, a fronte di una serie di ipotesi peggiorative: prolungata guerra commerciale globale, che causa una recessione sia negli Stati Uniti che nell’UE; inasprimento del conflitto in Ucraina con conseguente risalita dei prezzi dell’energia e dell’inflazione e un irrigidimento della politica monetaria; attuazione solo parziale di PNRR e ReArm EU.

In uno scenario più ottimistico, invece, la probabilità di default scenderebbe al 5,1%, grazie all‘abbandono della linea dura USA sui dazi e alla stipula di una tregua duratura o pace tra Russia e Ucraina, con conseguente ripresa della fiducia dei mercati e degli operatori economici, un calo dell’inflazione e dei tassi d’interesse.

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L’impatto per le imprese italiane

L’impatto sull’Italia, in realtà, è mitigato da una dipendenza inferiore di alcuni settori dall’export. Ad esempio, il settore terziario, che rappresenta oltre il 73% dell’economia italiana, subisce nel breve periodo effetti indiretti e minori.

Sul fronte degli investimenti, il PNRR entra nella sua fase decisiva con spese pianificate per il biennio 2025-2026 pari a circa 108 miliardi di euro, mentre il piano europeo per il riarmo potrebbe attivare una spesa addizionale di oltre 800 miliardi di euro a livello europeo, con effetti positivi su alcuni settori italiani.

I settori che vedono un maggior aumento del rischio di credito sono quelli ciclici, di consumo e discrezionali, più esposti alla congiuntura economica e all’export verso gli Stati Uniti. Fra questi, l’automotive (atteso passare dal 5,2% di marzo 2025 al 5,7% di marzo 2026), il tessile-abbigliamento (dal 5,7% al 6,1%), i beni alimentari e bevande (dal 4,6% al 4,9%) e il farmaceutico (dal 4,2% al 4,5%). Al contrario, è attesa in riduzione la probabilità di default di settori meno legati alle dinamiche del commercio internazionale, fra cui i servizi per turismo, ospitalità e ristorazione (dall’8,7% del marzo 2025 all’8% del marzo 2026), ICT (dal 4,6% al 4,4%) e utilities (dal 4,2% al 4%).

La probabilità di default per le grandi imprese è prevista in tenuta attestandosi al 3,1% a marzo 2026, mentre per le PMI la PD aumenta da 6,3% del 2025 a 6,6% del 2026.

Guardando più nel dettaglio alle imprese che esportano verso gli USA, come l’industria meccanica, l’agrifood, il tessile e moda e la lavorazione dei metalli, si nota che queste aziende mostrano, nel complesso, una solidità finanziaria superiore alla media italiana, con una probabilità di default media nettamente inferiore (3,5% contro 5,3%). Tuttavia, l’esposizione ai dazi USA farà crescere in maniera maggiore il loro rischio di credito nei prossimi 12 mesi; in particolare le PMI, meno strutturate da un punto di vista patrimoniale e con margini di profitto più ridotti, vedono un aumento di rischiosità molto superiore a quello di aziende di simili dimensioni ma non esposte al mercato USA (+8% contro +3%). Per le grandi imprese, invece, la variazione sarà rispettivamente +4% (per le esportatrici) e +3% (non esportatrici).

(Teleborsa) 06-05-2025 10:21



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