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Missione Salute del Pnrr, tutti i rischi di perdere (ancora una volta) il treno


Quattro regioni superano il 50% di case di comunità con almeno un servizio attivo (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Marche), mentre in sei regioni non risulta attiva alcuna struttura. Il divario tra regioni dipende non solo dallo stato dei lavori, ma soprattutto dalla disponibilità di personale: in tutte, tranne il Molise, le case di comunità pienamente operative sono meno numerose di quelle con tutti i servizi dichiarati attivi.

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Sul fronte invece degli ospedali di comunità, al 20 dicembre 2024, solo 124 su 568 risultano avere almeno un servizio attivo, per un totale di quasi 2.100 posti letto. Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna guidano la classifica per numero assoluto di ospedali di comunità attivati, mentre otto Regioni restano ferme a quota zero. “Rispetto alle case della comunità – spiega Cartabellotta – lo stato di attuazione degli ospedali di comunità appare ancora più indietro: non solo sul piano strutturale, ma anche perché nessuna regione ha attivato tutti i servizi previsti dal decreto ministeriale 77”. Per essere pienamente operativi, infatti, gli ospedali di comunità devono garantire presenza medica di almeno 4 o 5 ore al giorno per sei giorni a settimana, assistenza infermieristica continuativa, la figura del case manager, letti per pazienti con demenza e spazi per la riabilitazione motoria.

Le centrali operative territoriali rappresentano invece un’eccezione positiva: su 650 previste, al 31 dicembre 2024, 642 risultavano pienamente funzionanti, di cui 480 già conteggiate nel raggiungimento del target europeo.

Il fascicolo sanitario elettronico

Il fascicolo sanitario elettronico 2.0, pilastro della digitalizzazione del servizio sanitario nazionale con un investimento da 1,38 miliardi di euro, punta a garantire accesso, condivisione e interoperabilità dei dati sanitari su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, secondo la Corte dei Conti, il programma ha già subìto ritardi: i traguardi previsti per giugno 2024 sono slittati a dicembre, mentre la digitalizzazione dei documenti è attesa per giugno 2025.

Al 30 novembre 2024 nessuna Regione rende disponibili tutte le 16 tipologie documentali previste. Il grado di completezza va dal 94% di Lazio, Piemonte e Sardegna al 63% di Marche e Puglia. Ancora più critica la questione del consenso: solo il 42% dei cittadini ha autorizzato la consultazione del proprio fascicolo sanitario elettronico da parte dei medici, con punte minime dell’1% in Abruzzo, Calabria, Campania e Molise, e massime dell’89% in Emilia-Romagna.

Secondo Cartabellotta è “indispensabile accelerare in maniera sinergica su più fronti, per scongiurare rischi concreti. Il primo, da evitare a ogni costo, è quello di non raggiungere i target europei e dover restituire il contributo a fondo perduto. Il secondo è di raggiungere il target nazionale, senza però ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali, che rischiano anzi di ampliarsi. Il terzo, il più grave, è ‘portare i soldi a casa’ senza produrre benefici reali per cittadini e pazienti, lasciando in eredità solo scatole vuote e una digitalizzazione incompleta, a fronte di un indebitamento scaricato sulle generazioni future”.

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