“Le imprese estere non sono
semplici investitori”, sottolinea ancora Barbara Cimmino: “Sono
motori di innovazione, competitività e internazionalizzazione.
Senza il loro contributo, l’economia italiana sarebbe meno
dinamica e meno pronta ad affrontare le grandi transizioni in
corso. Il nostro obiettivo è rafforzarne il radicamento e
attrarne di nuove, rimuovendo gli ostacoli che ancora
scoraggiano gli investimenti”. Per farlo, dice la vicepresidente
di Confindustria, che nell’Advisory Board Investitori Esteri
riunisce i vertici delle principali multinazionali presenti in
Italia e lavora per valorizzarne il contributo, “serve agire con
decisione su cinque leve: semplificare la burocrazia per
facilitare chi investe, puntare sul capitale umano per offrire
competenze adeguate alle sfide tecnologiche, rafforzare le
attività di retention per trattenere chi ha già investito,
valorizzare la Zes Unica come motore per il rilancio del
Mezzogiorno, e promuovere a livello internazionale l’immagine
dell’Italia come Paese stabile, attrattivo e dinamico. Vogliamo
che l’Italia sia riconosciuta nel mondo non solo per la sua
eccellenza manifatturiera e culturale, ma anche come piattaforma
strategica per investimenti globali ad alto valore aggiunto”.
Restano luci e ombre sull’attrattività del nostro sistema
economico, e dell’Europa, ma “i cambiamenti che abbiamo visto in
Italia stanno portando i loro frutti. Anche alcune regioni del
Sud hanno visto aumentare l’export perchè hanno visto radicarsi
sul loro territorio imprese estere che stanno portando
crescita”, rileva il direttore del centro studi di
Confindustria, Alessandro Fontana.
Sul fronte dell’export e della guerra dei dazi “Il valore
dell’export verso gli Usa realizzato dalle imprese estere nel
2024 ammonta a 19,3 mld di euro, pari al 34,2% dei 56,4 mld
complessivi. L’analisi dei segmenti di imprese coi più elevati
gradi di dipendenza dall’export verso gli Usa consente di
individuare le imprese con rischi potenziali elevati a seguito
delle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. Si
tratta di segmenti limitati in termini di numerosità ma
rilevanti all’interno del complesso delle vendite di merci
dall’Italia agli Stati Uniti realizzate dalle imprese estere”,
soprattutto in settori come bevande, mezzi di trasporto,
farmaceutica, autoveicoli.
I principali investitori esteri – emerge dal rapporto,
presentato oggi alla Luiss – “provengono da Stati Uniti (19,9%
degli occupati), Francia (19,4% del fatturato) e Paesi Bassi”.
Sul territorio “Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto,
Emilia-Romagna e Toscana raccolgono l’82% del valore aggiunto
delle imprese estere. Tuttavia, la Zes Unica può rappresentare
un’occasione concreta per riequilibrare la mappa degli
investimenti e rilanciare la competitività del Sud. Cresce anche
il peso dei fondi internazionali di private equity, attori
sempre più attivi nel finanziare la trasformazione e
l’espansione delle pmi italiane”.
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