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Osservatorio Imprese Estere, i risultati dell’ultima indagine della Luiss


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Sono oltre 18.400 le imprese a controllo estero nel nostro Paese e giocano un ruolo sempre più rilevante nello sviluppo economico dell’Italia. Generano 173 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 17,4 per cento del totale nazionale, dando lavoro a 1,7 milioni di persone, il 9,7 per cento degli occupati in Italia. È quanto emerge dal VII Rapporto dell’Osservatorio Imprese Estere (OIE) di Confindustria e Luiss, con la collaborazione scientifica di Istat, Liuc, Ice e Scuola Imt Alti Studi Lucca, dal titolo “Competitività globale, innovazione locale. il ruolo delle imprese estere per l’Italia nel nuovo scenario internazionale”, presentato il 7 maggio a Roma presso The Dome – Campus Luiss, in occasione dell’Annual Meeting dell’Advisory Board Investitori Esteri (ABIE) di Confindustria, “Italia e imprese estere: innovare per competere nel nuovo scenario globale”. Solo nell’ultimo anno disponibile (2022), l’apporto delle imprese estere è salito, rispetto al 2021, del 10,7 per cento nell’industria e del 15,3 per cento nei servizi. Aumenta anche la dimensione media aziendale, che passa da 95,8 a 99,4 addetti per impresa. Il Rapporto conferma, dunque, il valore strategico delle multinazionali estere nel tessuto produttivo italiano, ma lancia anche un segnale chiaro: per attrarne di nuove serve un’azione di sistema, che migliori il contesto competitivo e rimuova gli ostacoli che ancora scoraggiano gli investimenti internazionali. Nel 2022, rispetto all’anno precedente, l’incidenza del fatturato delle controllate estere è stato del 21 per cento rispetto al totale prodotto dalle imprese residenti in Italia. Le imprese estere si confermano protagoniste di innovazione, export e occupazione qualificata. Investono in ricerca e sviluppo oltre 6 miliardi di euro l’anno, pari al 37,6 per cento del totale nazionale, con un’incidenza superiore in settori ad alta intensità tecnologica. Sono digitalmente più avanzate: oltre il 77 per cento presenta un’elevata intensità digitale, con una forte propensione all’adozione dell’intelligenza artificiale. Nel triennio 2020-2022, il 71,2 per cento delle imprese a controllo estero in Italia ha introdotto innovazioni, rispetto a una media nazionale di poco inferiore al 60 per cento. Sul piano dell’export, le imprese estere sono protagoniste con circa 200 mld di euro di merci esportate nel 2022, ovvero più di un terzo dell’export italiano – oltre il 35 per cento del totale nazionale -, evidenziando la loro centralità anche nella proiezione internazionale del Paese. Significativo anche il dato sulle esportazioni verso gli Stati Uniti: un terzo è realizzato da imprese a capitale estero. Gli investitori principali provengono da Stati Uniti (19,9 per cento degli occupati), Francia (19,4 per cento del fatturato) e Paesi Bassi, che insieme coprono la gran parte del valore generato. In particolare, Paesi Bassi e Stati Uniti guidano per investimenti in R&S, a conferma del legame tra capitale estero e crescita innovativa. Il quadro territoriale resta concentrato: Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana raccolgono l’82 per cento del valore aggiunto delle imprese estere. Tuttavia, la Zes Unica può rappresentare un’occasione concreta per riequilibrare la mappa degli investimenti e rilanciare la competitività del Sud. Cresce anche il peso dei fondi internazionali di private equity, attori sempre più attivi nel finanziare la trasformazione e l’espansione delle Pmi italiane.





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