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Le gare d’appalto. Strategie per le imprese – n.9/2025


Premessa. La tutela giuslavoristica negli appalti: solo carte?

Il settore degli appalti pubblici ha superato da tempo la visione legata ad una dimensione solo concorrenziale per assumere una nuova mission, ossia quella di volano di best practices e di forma di premio per le imprese che garantiscono più elevati standard di tutela sociale e, in particolare, di tutela dei lavoratori.

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Sotto questo ultimo aspetto, la normativa degli appalti ha un “ecosistema integrato” fondato su tre pilastri.

Il primo pilastro è quello espulsivo-soggettivo: le imprese che non rispettino la normativa del lavoro sono destinate ad essere estromesse dall’appalto, indipendentemente dal loro contenuto[1]. Questo pilastro si regge, senza pretesa di esaustività:
a) su cause di esclusione automatica, come l’avvenuto sfruttamento del lavoro minorile[2], la mancata dichiarazione di ottemperanza alla normativa sull’assunzione dei soggetti diversamente abili[3] o l’omesso pagamento di contributi prevedenziali[4];
b) su cause di esclusione non automatica, come la commissione di gravi infrazioni ad obblighi derivanti dal diritto del lavoro e della sicurezza sul lavoro[5] o l’omesso pagamento, non grave e non definitivamente accertato, di contributi previdenziali[6].

Questo primo pilastro opera come filtro volto a sanzionare le imprese che, indipendentemente da come intendano operare all’interno del singolo appalto, abbiano violato in precedenza i diritti dei lavoratori. In questo modo la normativa ha anche una prima funzione promozionale: le imprese che intendano eseguire appalti pubblici, per ottenere il relativo guadagno, sono tenute ad operare in tutti i contesti di mercato con standard di tutela adeguati.
Il secondo pilastro è quello espulsivo-oggettivo: l’impresa viene esclusa perché la propria offerta non è conforme al diritto del lavoro, quindi non offre gli standard di tutela che la normativa impone. Qui non rileva il pregresso, ma il futuro, cioè il fatto che l’impresa, nel caso di aggiudicazione, non tutelerebbe i lavoratori impiegati nell’appalto. Norma principe (ma non unica[7]) del secondo pilastro è quella relativa al CCNL: l’impresa viene esclusa se non offre tutele ai lavoratori che verranno impiegati nell’eventuale esecuzione del contratto “equivalenti” a quello leader. Di questo secondo pilastro parleremo meglio nell’approfondimento dedicato al CCNL come elemento di offerta con i conseguenti riflessi in termini, anche, di soccorso istruttorio.

Questi due pilastri sono, mi sia consentito dire, pilastri di carta. Essi si reggono, fondamentalmente, su ciò che le carte dicono. Sono un primo filtro, ma da soli non sono mai sufficienti. Un’impresa che non ha mai violato il diritto del lavoro, che dichiara di garantire determinate tutele ai lavoratori che impiegherà nell’appalto pubblico, è un’impresa che può comunque violarle nel corso dell’esecuzione.
Sotto quest’ultimo aspetto, entra in gioco il terzo pilastro, quello fondamentale perché è un pilastro di cemento. E’ il pilastro dell’esecuzione. Il Codice lo ribadisce più volte: serve vigilanza sull’esecuzione, e questa vigilanza è essenziale perché le larghe maglie dei primi due consentono al pesce più accorto di sfuggire e restare nel mare.

Ecco, sarò forse ripetitivo, ma ogni volta che parlo di CCNL, di diritto del lavoro nell’appalto, sento l’esigenza di ricordarlo. Ricordarlo da operatore del settore ma se volete, e forse soprattutto, da cittadino. L’appalto pubblico non è la Repubblica delle Idee. E’ la Repubblica della realtà, come constatiamo quando le strade sono sporche, quando la scuola è fatiscente, quando l’impresa fallisce e nulla resta al lavoratore se non annose procedure poco tempestive. I controlli, la vigilanza, certo non esauriscono ogni problema, non lo cancellano, ma ne diminuiscono il rischio ben più dei primi due pilastri, perché il pesce che sfugge a quelle maglie può essere il più pericoloso, il più veloce, il più sfuggente. L’invito, quindi, al lettore degli enti pubblici a vigilare, non fosse altro che per la necessità di prevenire rischio di danno erariale, come può accadere se non si verifica il pagamento dei salari ai subappaltatori. L’invito, a quello privato, a monitorare e verificare anche questi aspetti quando si vuole indagare sul rispetto di un contratto da parte di un concorrente, contestare l’omessa risoluzione, per il subentro o per avere elementi da portare in futuro sul primo pilastro. La concorrenza sana è quella in cui sono gli stessi concorrenti ad estromettere quelli non sani, nei limiti dei propri poteri. Senza dimenticare, naturalmente, la distinzione tra crisi e deliberato nocumento dei lavoratori, aspetto forse questo su cui la disciplina eccessivamente rigida precludendo la possibilità di uscire dalla crisi anche mediante l’accesso al mercato pubblico.

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Scusate questa breve parentesi che, forse, alcuni di voi non condivideranno. E se così è, confrontiamoci. Scrivetemi, parliamo, anche sul gruppo telegram della rivista (https://t.me/gareeappalti).

Il bello degli appalti, come di tutto il diritto, è potersi confrontare, come avremo modo di fare con alcuni di voi, nel Forum Appalti a Giugno.
Un modo anche per conoscersi fuori dal mondo virtuale, che porta tanti vantaggi ma non sempre può valere quanto vedersi negli occhi.
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[1] Si veda l’articolo 95
[2] Art. 94 c. 1 lett. G) d.lgs. 36/2023
[3] Art. 94 c. 5 lett. B) d.lgs. 36/2023
[4] Art. 94 c. 6 d.lgs. 36/2023
[5] Art. 95 c. 1 lettera a) d.lgs. 36/2023.
[6] Art. 95 c. 2 dlgs. 36/2023.
[7] Si pensi alla dichiarazione sui costi della manodopera.



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