L’Italia si posiziona solo al 30° posto nel TEHA-Global Innosystem Index 2025, l’indice di TEHA Group (The European House – Ambrosetti) che confronta la capacità di innovazione dei 47 paesi più avanzati al mondo, analizzando le loro performance in cinque ambiti: il capitale umano, le risorse finanziarie a supporto dell’innovazione, l’innovatività dell’ecosistema, l’attrattività dell’ecosistema e l’efficacia dell’ecosistema innovativo.
L’edizione di quest’anno del Global Innosystem Index vede l’Italia retrocedere di due posizioni rispetto al 2022, molto lontano dal podio – occupato da Israele, Singapore e Regno Unito – e da tutti i principali paesi europei. Anche la Spagna, che nel 2022 era più indietro, ha scalato quattro posizioni in classifica, superando l’Italia.
Capitale umano e investimenti: i principali freni alla capacità innovativa del Sistema Italia
L’Italia ha il potenziale per costruire un ecosistema dell’innovazione che può essere un volano per la crescita e l’occupazione, grazie all’eccellente qualità dei suoi ricercatori e scienziati, a una dotazione tecnologica di primo livello con due dei dieci supercomputer più potenti al mondo presenti sul territorio italiano, e a un export che presenta un saldo commerciale molto positivo.
Ma, nel confronto con i paesi più avanzati, appare in ritardo e sta perdendo terreno, frenata, tra i diversi fattori, dalla scarsità di investimenti nel sistema educativo e in ricerca e sviluppo.
La distanza dagli altri paesi è infatti più evidente nella capacità di formare e attrarre capitale umano qualificato, che vede l’Italia al 36°, e di generare investimenti pubblici e privati a supporto dell’innovazione, dove è 27°.
La situazione migliora leggermente quando si tratta di creare un ambiente attrattivo per investimenti e talenti, ambito per cui entra nella prima metà della classifica, in 20° posizione. Le migliori performance si registrano sul fronte dell’efficacia dell’ecosistema dell’innovazione (che comprende ricerca scientifica ed export), dove l’Italia è 7°.
Dalla ricerca scientifica all’export, dove l’Italia eccelle
La ricerca scientifica italiana è tra le più produttive a livello globale: è 2° per numero di pubblicazioni ogni 100 ricercatori (80,6, preceduta solo dalla Svizzera con 96,5) e 4° per citazioni ogni 100 ricercatori (2.295,8, dietro a Paesi Bassi, Danimarca e UK).
Inoltre, l’Italia è la prima nazione in Europa per tasso di successo dei brevetti (76,6%) ed è 2° in UE (e settima a livello globale) per presenza di ricercatori nel 2% degli scienziati più citati al mondo.
La qualità e l’efficacia della produzione scientifica sono dimostrate dalla netta crescita, tra il 2015 e il 2024, delle domande di brevetto (+22%) e dei brevetti concessi (+50%).
Un altro ambito di eccellenza per l’Italia è quello dell’export. Siamo 5° nel mondo e 2° in Unione Europea per il saldo commerciale manifatturiero (118,1 miliardi di dollari) e 8° a livello globale per saldo commerciale nei servizi R&D.
Capitale umano e investimenti, i ritardi che frenano l’innovazione
L’Italia si conferma una nazione che tende ad investire poco nell’istruzione e nella formazione del proprio capitale umano. Nella classifica relativa alla spesa in educazione in rapporto al PIL è al 33° posto, con solo il 4,2% del PIL dedicato, contro il 7,6% della Svezia, che occupa la prima posizione. Un gradino più giù, al 34°, per la percentuale di cittadini laureati: solo il 30,6%, contro il 69,7% della Corea del Sud, prima in classifica.
Investimenti limitati si traducono in scarsi risultati nella dimensione del capitale umano, per cui l’Italia si trova al 36° posto della classifica. Al primo posto ancora la Svezia.
Un altro degli elementi problematici è la difficoltà ad attrarre talenti ed investimenti dall’estero: è solo 29° per percentuale di studenti stranieri, con appena il 4,2% del totale (gli Emirati Arabi Uniti sono primi con il 73%) ed è 25° per investimenti esteri nel paese, che valgono solo 1,8% del PIL (contro il 35% di Singapore).
L’Italia si trova poi solo al 25° posto per spesa in ricerca e sviluppo delle imprese, con lo 0,8% del PIL, contro il 5,6% di Israele, e 26° per spesa complessiva in R&D (che comprende gli investimenti di imprese, governo, università e no profit), con appena l’1,3% del PIL.
Un elemento che limita fortemente la capacità del Paese di supportare finanziariamente l’innovazione. Israele guida anche questa classifica, con il 6% del PIL speso in ricerca e sviluppo.
Inoltre, l’Italia è una delle ultime nazioni al mondo per presenza di sviluppatori software. È solo 41°, con 51,8 sviluppatori ogni 1.000 abitanti. Singapore, in testa alla classifica, ne ha 467,8.
Infine, in Italia gli “unicorni” (start-up valutate più di un miliardo di dollari) sono ancor più rari e piccoli. Oltre ad essere pochi, infatti, hanno anche un valore più basso che negli altri paesi (36° con lo 0,2% del PIL, contro il 24% del PIL dell’Estonia, che è il primo paese per questo parametro).
La debole performance dell’Italia nella densità di sviluppatori e nella creazione di imprese unicorno ne penalizza la posizione nella dimensione dell’innovatività dell’ecosistema: 30° in questa classifica, guidata da Singapore.
Lombardia e Lazio le regioni italiane più innovative, Piemonte nella Top 100
Per la seconda volta TEHA ha deciso di scendere maggiormente nel dettaglio, elaborando il TEHA-Regional Innosystem Index, che valuta le performance dell’innovazione di 242 regioni europee sulla base di 11 KPI.
L’indice incorona l’Île-de-France come la regione più innovativa, seguita da Praga, Stoccolma e Budapest.
La Lombardia sale al 16° posto, restando la regione più innovativa d’Italia, seguita al 34° posto dal Lazio e al 51° dall’Emilia Romagna.
Altre tre regioni italiane si collocano nella Top 100: il Veneto è al 73° posto, la Toscana al 75° e il Piemonte al 96°. La Calabria, invece, conferma di essere una delle worst performer a livello europeo, collocandosi al 228° posto su 242.
Le priorità di intervento e il potenziale dello Stivale al 2040
L’Italia ha accumulato un forte ritardo sul fronte dell’innovazione, ma ci sono azioni concrete che, se attuate, potrebbero far scalare al nostro paese molte posizioni.
Secondo lo studio elaborato da TEHA, l’Italia potrebbe passare dal 30° al 18° posto e registrerebbe una crescita del PIL pari al +20,6% (+475,3 miliardi di dollari) nell’arco di 15 anni.
È lo scenario “What If” dell’indice, in cui è stato ricalcolato l’indicatore TEHA-GII proiettandolo al 2040, ipotizzando che l’Italia implementi misure di politica economica, finanziaria, industriale e sociale volte ad allinearla alla media dei primi 5 paesi di riferimento dell’Ue.
Sul fronte degli investimenti in istruzione, l’Italia dovrebbe aumentare la spesa del 36% (stanziando 35 miliardi di dollari aggiuntivi), portandola a 132,2 miliardi di dollari e passando dal 4,2% al 5,75% di PIL dedicato.
La popolazione italiana con educazione terziaria, inoltre, dovrebbe crescere del 74%, toccando quota 31,3 milioni. Secondo le stime di TEHA Group, questi interventi potrebbero far salire il PIL fino al +11%.
Sul fronte della spesa in ricerca e sviluppo delle imprese lo scenario What-if al 2040 prevede un aumento di spesa complessiva di 43,9 miliardi di dollari (+144% rispetto alla spesa attuale), raggiungendo quota 74,3 miliardi di dollari.
In particolare, la spesa in R&D delle imprese private dovrebbe aumentare di +34,5 miliardi di dollari (+195% rispetto ad oggi), superando i 52 miliardi di dollari. Tali aumenti di investimenti in R&D porteranno a una crescita del +34.6% del numero di lavoratori impiegati nel settore R&D e del +5,3% per quanto riguarda i ricercatori, mentre il numero di brevetti salirà del +28,7%. Con un aumento del PIL, nel lungo periodo, del +3,3%.
Per raggiungere il livello delle 5 nazioni dell’Unione Europea più innovative l’Italia dovrebbe poi moltiplicare per 2,3 volte il numero dei suoi programmatori, portandoli a 10,1 milioni e moltiplicare di 47 volte il valore dei propri unicorni, portandolo a 221,6 miliardi di dollari. L’impatto di queste misure sarebbe un aumento del PIL pari al +1,6%.
Infine, se si riuscisse ad aumentare di 517,7 miliardi di dollari lo stock di investimenti esteri diretti – un valore 1,1 volte superiore all’attuale – e ad aumentare di 1,8 volte la quota di studenti internazionali che scelgono l’Italia come Paese di destinazione dei loro studi e del loro primo lavoro, il PIL potrebbe crescere fino al +4,6%.
8 proposte per rilanciare l’ecosistema italiano dell’innovazione
Dopo aver analizzato le attuali performance e il potenziale dell’ecosistema dell’innovazione in Italia, TEHA ha elaborato 8 proposte per supportarne la crescita e lo sviluppo.
- Introdurre il coding come competenza di base, al pari di italiano, inglese e matematica, lungo tutto il percorso scolastico, a partire dalla primaria. La proposta prevede curricula progressivi, formazione docenti, indicatori pubblici di diffusione e partnership strategiche con le aziende tecnologiche per fornire piattaforme educative intuitive, accessibili e interoperabili.
- Definire una Strategia Nazionale STEM per colmare il gap di competenze in Italia. Il nostro Paese registra ancora un ritardo nella formazione scientifico-tecnologica: solo il 23,5% degli studenti sceglie percorsi STEM, a fronte di una domanda in crescita. Serve una strategia strutturata che promuova una cultura scientifica e quantitativa, coordini programmi didattici, orientamento e investimenti, valorizzi il ruolo di docenti e ricercatori, e coinvolga attivamente imprese, università e territori.
- Istituire un “Talent Attraction Package” per attrarre talenti globali ad alto potenziale. In un’economia fondata su innovazione e tecnologie strategiche, l’Italia deve attrarre non solo capitali, ma anche i “miliardari della conoscenza”: imprenditori, ricercatori ed esperti ad alta specializzazione. La proposta prevede l’istituzione di un pacchetto integrato di misure nazionali, ispirato alle migliori pratiche internazionali, volte a semplificare le procedure per l’accesso agli incentivi fiscali e introdurre canali di ingresso prioritari (fast-track) per talenti high-skilled, anche in assenza di un contratto di lavoro preesistente, su modello “Opportunity Card”.
- Istituire un “One Stop Shop per la Ricerca Sperimentale” per semplificare le autorizzazioni e accelerare l’innovazione. La capacità di testare nuove tecnologie e trasformare la ricerca in applicazioni industriali è un fattore chiave di competitività. In Italia, sperimentare richiede tempi lunghi e procedure complesse. La proposta prevede la creazione di un ente coordinatore unico, con un mandato chiaro di coordinamento interministeriale, per la gestione delle richieste di sperimentazione tecnologica.
- Rafforzare la collaborazione tra industria e accademia e aumentare la retribuzione dei ricercatori PhD. In un contesto di crescente domanda di competenze tecnico-scientifiche, i dottorati industriali rappresentano uno strumento strategico ma ancora sottoutilizzato. La proposta mira a renderli più efficaci attraverso la semplificazione e la standardizzazione delle procedure di attivazione, e sottolinea la necessità di aumentare la retribuzione dei dottorandi industriali, che in Italia resta inferiore rispetto a Paesi benchmark come Germania e Francia.
- Pacchetto Attrazione R&D: offrire stabilità e certezza di lungo periodo alle imprese che investono in Italia. L’Italia investe in ricerca e sviluppo solo l’1,3% del PIL, con una quota privata ancora limitata. Per rafforzare la competitività e attrarre investimenti high-tech, la proposta prevede un piano strategico di lungo termine, incentivi stabili, norme chiare, sostegno a progetti collaborativi che collegano le imprese alle loro filiere strategiche e misure fiscali per attrarre capitale umano qualificato.
- Rafforzare il trasferimento tecnologico in Italia. Il trasferimento tecnologico italiano è frammentato e sotto-dimensionato: il 69% dei Technology Transfer Offices (TTO) ha meno di cinque addetti, mancano figure professionali dedicate e una governance nazionale coordinata. La proposta prevede investimenti nella crescita strutturale dei TTO, percorsi formativi strutturati, semplificazione normativa, incentivi per la valorizzazione della proprietà intellettuale anche nella carriera accademica e il sostegno a modelli peer-to-peer capaci di connettere ricerca, impresa e territori.
- Semplificare la burocrazia e favorire gli investimenti per rafforzare l’ecosistema delle startup italiane. Avviare una startup in Italia è ancora troppo oneroso e complesso, con procedure lente, costi elevati e investimenti insufficienti rispetto ai principali Paesi europei. La proposta prevede la semplificazione della normativa, l’accelerazione del processo di unificazione delle leggi sulle start-up, e il rafforzamento degli incentivi agli investimenti e dell’accesso al capitale, attraverso il potenziamento delle agevolazioni fiscali per gli investitori e la semplificazione delle procedure per le istituzioni pubbliche che investono in start-up.
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