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scommettere contro le catastrofi tra boom dei Cat-bond e polizze obbligatorie


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Scommettere, finanziariamente, contro uragani, temporali, inondazioni, incendi e terremoti. Nel 2024 – anno più caldo della storia – le catastrofi naturali hanno generato 368 miliardi di dollari di danni.

E di questi soltanto 145 miliardi – ha calcolato il colosso del settore Aon – sono stati coperti da polizze assicurative. Per la cronaca, nel 2023, le perdite sono state pari a 397 miliardi e i risarcimenti pari a 126 miliardi. Con la maggiore diffusione dei sistemi di copertura, cresce l’attenzione verso questi temi. Ma c’è ancora molto da fare. Per esempio in Italia, dove secondo il riassicuratore Swiss Re soltanto il 22 per cento dei beni a rischio danneggiamenti (case, fabbriche, uffici pubblici) è “protetto” da una polizza. Non a caso, nell’ultima manovra, il governo, ha accelerato l’obbligo alle imprese di assicurarsi. A livello globale le catastrofi naturali muovono tra risarcimenti dei danni, investimenti per prevenirle e fondi per la ricostruzione una cifra monstre, oltre mille miliardi di dollari all’anno. Un fiume di denaro che non poteva non attirare l’attenzione della finanza. E non per forza con fini speculativi. Anzi, in chiave difensiva, visto che le assicurazioni temono di essere travolte da questo rischio: Aon ha paventato uno stock di risarcimenti pari a 260 miliardi di dollari nel 2025. Anno che si è aperto, va ricordato, con gli incendi in California o il terremoto del Myanmar. In questa direzione si registra un vero boom per i cosiddetti Catastrophe bond (o Cat-bond): nel primo trimestre del 2025, e con nuove emissioni per 7,1 miliardi, sono in circolazione obbligazioni per un valore di 52,2 miliardi, salite del 17,1 per cento rispetto allo scorso anno. Cifra record che cresce con una velocità anche maggiore dei disastri naturali.

Didascalia

L’URAGANO ANDREW

Nati nel 1992 dopo l’uragano Andrew, i Cat-bond sono obbligazioni legate a insurance-linked securities, a una polizza, che rimborsano il capitale dei sottoscrittori soltanto se non si verificano gli eventi catastrofici specificati nel contratto. In caso contrario, lo stesso capitale o una parte di esso viene utilizzato dagli emittenti per coprire le perdite di chi si è invece “coperto” contro gli eventi naturali: in poche parole, le compagnie assicurative risarciscono i loro clienti, gli Stati – per esempio con i Cat-bond collocati dalla Banca Mondiale – recuperano fondi per la ricostruzione. Lo strumento vuole diversificare e trasferire il rischio verso il mercato dei capitali. Nonostante l’aumento dei disastri naturali, i Cat-bond registrano sempre maggiore interesse da parte degli investitori. Soprattutto, nota Kepler Absolute Hedge, negli ultimi anni il segmento «è uscito ampiamente indenne». Cioè non si sono tramutati in scommesse perse per chi li ha emessi o per chi li ha sottoscritti. Perché questi strumenti garantiscono interessi superiori alla media, fino all’8,5 per cento. In più, la volatilità è contenuta perché i contratti – come ha evidenziato Kepler – «coprono tipicamente gli eventi di coda più estremi», limitando gli effetti dei danni collaterali. I Cat-bond, per lo più, coprono i rischi sul versante Nordamericano, anche se in Italia grandi assicuratori (come Generali e Unipol) li hanno. Proprio nel nostro Paese il cambiamento climatico sta accentuando le fragilità “naturali” come quella idrogeologica, moltiplicando frane e alluvioni. Tornado o trombe d’aria fino agli anni Cinquanta e Sessanta erano una rarità (40-50 casi all’anno), negli ultimi tempi sono raddoppiati: più di 100 casi all’anno. A questa fragilità si somma quella sismica. Nel complesso si stima che i danni procurati dal combinato delle “catastrofi naturali” (cat/nat) negli ultimi trent’anni in Italia sia stato di quasi 200 miliardi. Quasi tutto a carico dello Stato. Attualmente solo il 6 per cento delle abitazioni è coperto con una assicurazione contro i rischi da terremoto e alluvione, e solo il 5 delle imprese ha una polizza per gli stessi rischi. La media di Trilussa è però assai diversamente spalmata: ha una polizza quasi il 97 per cento delle grandi aziende (che sono poco più di 4mila), ma meno del 4 per cento delle microimprese che sono più di 4 milioni. Come detto, la Legge di Bilancio 2024 ha accelerato l’obbligo per tutte le imprese di proteggersi contro le catastrofi naturali per mezzo di apposita copertura assicurativa. Il decreto legge n. 39/2025 ha disposto un calendario differenziato per far scattare l’obbligo. Entro il 31 marzo 2025 le “grandi imprese” hanno dovuto stipulare una polizza assicurativa con una compagnia di assicurazioni, che è obbligata a farlo. Secondo il decreto si tratta di imprese che rientrano in almeno due dei seguenti criteri: stato patrimoniale superiore a 25 milioni di euro; ricavi netti di vendite e prestazioni superiori a 50 milioni; numero medio dei dipendenti oltre le 250 unità. Per i primi 90 giorni, non sono previste sanzioni in caso di mancata sottoscrizione. L’obbligo scatterà il primo ottobre per le medie imprese (sono quelle che rispettano almeno due dei seguenti limiti: stato patrimoniale non superiore a 25 milioni; ricavi netti di vendite e prestazioni non superiori a 50 milioni; numero medio dei dipendenti fino a 250 unità). Entro il 31 dicembre 2025, toccherà anche alle piccole e alle microimprese. Sono quelle che rispettano almeno due dei seguenti limiti: stato patrimoniale non superiore a 5 milioni; ricavi netti di vendite e prestazioni non superiori a 10 milioni; numero medio dei dipendenti fino a 50 unità. Prevedere una proroga, da parte del governo, per le imprese piccole e medie, finalizzata a consentire loro di prepararsi meglio alla scelta delle soluzioni disponibili sul mercato, è comprensibile. Questo farà, in ogni caso, crescere la conoscenza da parte delle aziende delle diverse soluzioni e la consapevolezza che con costi non eccessivi potranno soddisfare i bisogni di protezione derivanti dalla particolare esposizione ai rischi del nostro territorio», commenta la proroga concessa ad alcune categorie Giovanni Liverani, presidente dell’Ania, Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici. Dal canto suo Ania ha aperto sul sito istituzionale uno spazio dedicato a raccogliere le Faq (“Polizze cat/nat: Ania risponde”) per chiarire dubbi e opportunità per questa nuova stagione di opportuna “assicurazione obbligatoria”. Il problema non è solo italiano, anche se soprattutto italiano. Eiopa (l’Autorità europea delle assicurazioni) stima che, in Europa, solo il 25 per cento di tutte le perdite legate a catastrofi climatiche sono assicurate.
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