Ieri, a Milano, come riportato da MF Fashion, Confindustria Moda e le principali sigle sindacali hanno sottoscritto il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto tessile-abbigliamento, dando vita a un’intesa che si configura come un patto strategico per il futuro di uno dei settori chiave del manifatturiero italiano. L’accordo arriva in un momento di grande difficoltà economica, con un calo del fatturato complessivo del settore da 100 a 90 miliardi di euro in soli dodici mesi. Il tessile-moda, in particolare, genera circa 60 miliardi grazie a un tessuto produttivo composto da 40 mila imprese e 400 mila lavoratori. La crisi ha colpito duramente le aziende, in particolare quelle contoterziste, e il ricorso agli ammortizzatori sociali è in costante aumento. In questo scenario, la firma del contratto vuole rappresentare la risposta dell’intero settore a un’urgenza economica e industriale. Secondo Confindustria Moda, inoltre, è anche in fase di definizione un Piano Strategico congiunto di politica industriale, che sarà presentato al Governo per risolvere i problemi della filiera e affrontare collettivamente i molti problemi relativi a credito, formazione, innovazione, internazionalizzazione e concorrenza leale.
Il contratto, che comporterà per le aziende un costo complessivo aggiuntivo di circa un miliardo di euro l’anno, prevede un aumento mensile lordo delle retribuzioni di 200 euro, l’estensione della formazione continua a tutti i dipendenti, la parità normativa tra le qualifiche professionali e miglioramenti significativi per conciliare lavoro e vita privata. Sono inoltre previsti nuovi strumenti di welfare e, soprattutto, l’istituzione dell’Ebm, l’Ente bilaterale moda, che diventerà il cuore operativo delle future strategie settoriali e servirà a dare continuità al dialogo tra le parti, evitando che il confronto si limiti al momento del rinnovo contrattuale. Nel corso della giornata, i rappresentanti sindacali hanno lanciato un messaggio forte al governo, sottolineando l’assenza dell’esecutivo al tavolo e chiedendo un impegno concreto a supporto del secondo settore manifatturiero nazionale. Le aspettative sono rivolte in particolare al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, chiamato ad affiancare il nuovo corso dell’industria con politiche industriali coerenti e strumenti adeguati. Le richieste sono chiare: strumenti di sostegno economico, crediti d’imposta, incentivi all’innovazione, piani per la formazione e la legalità, fino a iniziative per riportare in Italia la produzione delocalizzata.
Che il settore della #moda sia in crisi lo dicono i numeri.
Ieri abbiamo discusso le mozioni per suo rilancio, ma purtroppo queste non danno nessuna certezza alle aziende. Serve un Tavolo Tecnico e serve una politica industriale per un pezzo trainante del nostro Made in Italy. pic.twitter.com/JfAavXiLmF— Fabrizio Benzoni (@fabriziobenzoni) May 7, 2025
Il presidente uscente di Confindustria Moda, Sergio Tamborini, ha evidenziato che il sacrificio economico delle imprese è anche un investimento sul futuro dell’occupazione e del settore stesso. Il suo successore designato, Luca Sburlati, ha fatto il suo primo intervento pubblico, presentando il contratto come l’inizio di un piano di rilancio decennale per l’intera filiera. «È bello andare alle sfilate ma poi bisogna rendersi conto che ci sono 600mila persone impiegate in un settore che è la seconda struttura manifatturiera del paese e fa il 60% di esportazioni e 30 miliardi di bilancia commerciale: questo non l’abbiamo saputo dire, ma loro non l’hanno capito», ha detto Tamborini durante un intervento al Luxury Summit de Il Sole 24 Ore, riportato da ANSA. «Non abbiamo firmato un contratto stando da due parti del tavolo, è stata la prima volta con la parte datoriale e la parte sindacale dalla stessa parte del tavolo, perché manca un attore fondamentale che è la politica», ha concluso.
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