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L’Italia perde posizioni in termini di capacità di innovare. Scende alla 30esima posizione nella classifica che raccoglie i 47 paesi più avanzati al mondo. Lo conferma il Teha Global Innosystem Index 2025, presentato la scorsa settimana a Stresa durante il Technology Forum 2025 di Teha Group, dove la comunità Ambrosetti ha raccolto aziende e innovatori per parlare di ricerca e di innovazione d’impresa.

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Un indice che analizza le performance di 47 Paesi in cinque ambiti: il capitale umano, le risorse finanziarie a supporto dell’innovazione, l’innovatività dell’ecosistema, l’attrattività dell’ecosistema e l’efficacia dell’ecosistema innovativo.

La fotografia che ne esce è di una Italia che retrocede di due posizioni rispetto al 2022 nell’indice globale di innovazione, compromessa da una serie di negatività: 33esima per istruzione, 34esima per educazione terziaria, 41esima per sviluppo software (conta 51,8 sviluppatori ogni 1.000 abitanti rispetto a Singapore che ne ha ben 467,8).

Lontanissima dal podio – dove siedono Israele, Singapore e Regno Unito – e dai principali Paesi europei, che avanzano invece che retrocedere: la Spagna ad esempio, che nel 2022 era alle spalle dell’Italia, ha scalato quattro posizioni in classifica, superandola. Oggi ci precedono quindici Paesi europei che si confermano più innovativi di noi, solo sei ci inseguono. 

Qualche positività

Ma non tutti gli indicatori sono allarmanti. L’Italia eccelle per ricerca scientifica (al settimo posto nella Top 10), un dato che dimostra “il potenziale per costruire un ecosistema innovativo” che conta oltre che sulla qualità di ricercatori e scienziati anche su due dei dieci supercomputer più potenti al mondo ubicati nel nostro paese. Vola anche l’export: quinta al mondo e seconda in Unione Europea per il saldo commerciale manifatturiero (118,1 miliardi di dollari), ottava a livello globale per il saldo commerciale nei servizi R&D.

“Ma, nel confronto con i Paesi più avanzati, l’Italia appare in ritardo e sta perdendo terreno, frenata, tra i diversi fattori, dalla scarsità di investimenti nel sistema educativo e in ricerca e sviluppo”, precisa la ricerca confermando l’Italia come un paese che continua ad investire poco in istruzione e nella formazione del proprio capitale umano.

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Figura 4 Editoriale

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Figura 4 Editoriale

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Global Innosystem Index 2022 e 2025 (in arancione le posizioni relative al 2025 (fonte: elaborazione Teha Group, 2025)

Passa tutto dalla formazione

Se guardiamo la classifica relativa alla spesa in educazione in rapporto al Pil, siamo al 33esimo posto (solo il 4,2% del Pil viene investito in educazione, contro il 7,6% della Svezia al primo posto). E siamo al 34esimo posto  per laureati (solo il 30,6%, contro il 69,7% della Corea del Sud).
Investimenti limitati si traducono in scarsi risultati nella dimensione del capitale umano: 36esimi per capacità di formare e attrarre personale qualificato, e 27esimi per la capacità di generare investimenti pubblici e privati a supporto dell’innovazione. Ancora più evidente la difficoltà ad attrarre talenti e investimenti esteri: 29esimi per percentuale di studenti stranieri (ne abbiamo solo il 4,2% rispetto agli Emirati Arabi Uniti, primi con il 73%).

Ma anche la spesa in ricerca e sviluppo da parte delle imprese soffre (25esima con lo 0,8% del Pil contro investimenti del 5,6% in Israele) andando a definire il 26esimo posto in classifica per spesa complessiva in R&D (che comprende gli investimenti di imprese, governo, università e no profit, pari ad appena l’1,3% del Pil).

“Senza ricerca non c’è innovazione e non c’è futuro – spiega Valerio De Molli, managing partner & Ceo di The European HouseAmbrosetti and Teha Group -. Ormai è provato che le nazioni che investono di più in ricerca e sviluppo sono quelle che crescono di più, rispetto ai loro competitor. Il nostro Paese sconta una storica arretratezza sul fronte degli investimenti in istruzione e ricerca. Nel confronto con gli altri paesi dell’Innosystem Index si vede come l’Italia investa nell’istruzione poco più della metà (in termini percentuali rispetto al Pil) di quello che fa la Svezia, al primo posto: il 4,2% contro il 7,6%. In Corea del Sud quasi 7 persone su 10 sono laureate, mentre in Italia sono poco più di 3 su 10. Tutto questo si traduce in una mancanza di talenti e di risorse che non consente di supportare l’innovazione e il sistema imprenditoriale e di competere alla pari con i paesi più avanzati. Tuttavia, ci sono ambiti di eccellenza su cui possiamo e dobbiamo puntare. La nostra ricerca scientifica è tra le più produttive a livello globale, siamo uno dei mercati che più esporta nel mondo e siamo anche la terza nazione al mondo per capacità computazionale. Abbiamo tutte le carte in regola per poter invertire la tendenza e tornare ad essere tra i protagonisti dell’innovazione. Sapendo che è proprio questo ambito che può creare crescita industriale ed occupazionale”. La ricerca scientifica italiana rimane tra le più produttive a livello globale (seconda per numero di pubblicazioni ogni 100 ricercatori, preceduta solo dalla Svizzera) conferma l’Italia come prima nazione in Europa per tasso di successo dei brevetti (76,6%, seconda in UE e settima a livello globale).

Se guardiamo a livello regionale, il nostro paese fa bene. Lo spaccato del Teha Regional Innosystem Index, che confronta l’innovazione nelle 242 regioni europee più innovative (prima l’Île-de-France), posiziona tra le prime 50 regioni al mondo Lombardia (16esima, la più innovativa d’Italia) e Lazio (34esima). E, annovera nella top 100, anche Emilia-Romagna (51esima), Veneto (73esima), Toscana (75esima) e Piemonte (96esima). La Calabria, invece, conferma di essere una delle peggiori a livello europeo, collocandosi al 228esimo posto su 242.

Figura 1 Editoriale
Relazione tra investimenti in R&S e Pil (fonte: elaborazione Teha Group su dati Fmi e Ocse, 2025)

Priorità al 2040

La strategia delineata da Teha potrebbe portare l’Italia dalla 30esima posizione alla 18esima con un incremento del Pil del +20,6% (+475,3 miliardi di dollari) nell’arco di 15 anni. Ma il ricalcolo positivo del’indice al 2040 richiede l’attuazione di alcune strategie legate a misure di politica economica, finanziaria, industriale e sociale, per portare il nostro Paese nella media dei primi cinque paesi di riferimento dell’Ue. 

Tutto collegato: primi passi agire sul fronte degli investimenti in istruzione (aumentando la spesa del 36% portandola dal 4,2% al 5,75% di Pil dedicato), sulla spesa in ricerca e sviluppo delle imprese (+144% rispetto alla spesa attuale) anche private (+195% rispetto ad oggi) contribuendo a fare crescere il numero di lavoratori impiegati, brevetti, startup, investimenti esteri che porterebbero l’Italia tra i Paesi di destinazione per gli studi e il lavoro di molti studenti stranieri. 

Le otto proposte per supportarne lo sviluppo passano dall’introdurre il coding come competenza di base (al pari di italiano, inglese e matematica) lungo tutto il percorso scolastico fino alla formazione dei docenti (1). Nel definire una strategia nazionale Stem per colmare il gap di competenze sulle materie scientifiche (2). Nell’istituire un pacchetto per attrarre talenti globali ad alto potenziale, integrando misure nazionali con pratiche internazionali (3). Nel definire un percorso agevolato per la ricerca sperimentale per semplificare le autorizzazioni e accelerare l’innovazione (4). Nel rafforzare la collaborazione tra industria e accademia, aumentando anche la retribuzione dei ricercatori PhD, ad oggi inferiore rispetto a quelle in Germania e Francia (5). Nel confezionare un pacchetto per rendere attrattiva la ricerca e sviluppo, con risorse per le imprese che decidono di investire a lungo termine, grazie ad incentivi, norme, sostegno a progetti collaborativi che collegano imprese e filiere strategiche (6). Nel rafforzare il trasferimento tecnologico con figure professionali dedicate e una governance nazionale coordinata, per la valorizzazione della proprietà intellettuale e la capacità di connettere ricerca, impresa e territori (7). Infine, nel semplificare la burocrazia e favorire gli investimenti per rafforzare l’ecosistema delle startup italiane.

Oggi nel Teha Global Innosystem Index 2025 ci precedono 15 Paesi europei, e siamo davanti solo a Croazia, Ungheria, Polonia, Grecia, Slovacchia e Romania. 

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