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le imprese italiane alla ricerca di autonomia in un mondo di incertezze « LMF Lamiafinanza


di Alessandro Brizzi, General Manager di Renovis e Giuseppe Sagona, Chief Analysts & Consultants Group, NUS Consulting Group

 

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L’energia, cuore pulsante dell’industria, ha sempre rappresentato una risorsa imprescindibile per lo sviluppo economico; ma nell’era della transizione energetica e della crescente incertezza geopolitica, si è trasformata in una variabile instabile e difficile da governare. In questo contesto, le imprese italiane, tradizionalmente vulnerabili a causa della loro forte dipendenza dalle forniture esterne, sono chiamate a fare i conti con due fattori critici: da un lato, l’incremento dei costi energetici causato dai dazi e dalle politiche tariffarie internazionali; dall’altro, la necessità urgente di raggiungere l’autosufficienza energetica, obiettivo che, nonostante i considerevoli investimenti in energie rinnovabili, appare ancora lontano.

Una nuova geopolitica dell’energia

I dazi, tradizionalmente utilizzati per regolare gli scambi e proteggere le industrie nazionali, sono diventati sempre più strumenti di politica economica e di sicurezza energetica, in un contesto geopolitico in continua evoluzione. Se in passato le barriere commerciali riguardavano principalmente accise e IVA, oggi sono strumenti ben più incisivi, con effetti diretti sui mercati energetici globali. In particolare, misure tariffarie su materie prime cruciali come il gas naturale liquefatto (LNG) stanno modificando gli equilibri e facendo lievitare i costi per le imprese. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), le barriere commerciali potrebbero aumentare i costi energetici per le imprese manifatturiere europee fino al 15%. Ciò significa che le organizzazioni non solo si trovano ad affrontare i rincari sui costi diretti dell’energia, ma anche un aumento strutturale che rischia di compromettere la competitività industriale. L’impatto maggiore si avverte nei settori ad alta intensità energetica, come quello siderurgico o chimico, i quali, già fragili, sono ulteriormente messi a rischio dalle fluttuazioni delle quotazioni, con conseguenze dirette sui costi dei beni finali e sulle filiere produttive.

L’Italia: il paradosso di un paese energivoro e vulnerabile

Nel panorama globale già complesso, l’Italia occupa una posizione particolarmente delicata. Con oltre il 70% del proprio fabbisogno di gas naturale soddisfatto da importazioni provenienti da paesi come Algeria, Azerbaijan e Norvegia, l’Italia è il paese europeo più dipendente dalle forniture esterne. Nonostante gli sforzi per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili, che nel 2024 hanno coperto il 41,2% della domanda elettrica, l’autosufficienza energetica appare ancora un traguardo distante.

A livello europeo, la situazione non è meno complessa. L’Europa è la regione con la maggiore dipendenza energetica tra le grandi economie mondiali, con il 58,3% del proprio fabbisogno soddisfatto da importazioni, rispetto al 20% della Cina, che ha invece investito massicciamente per raggiungere una quasi totale autosufficienza. La Cina, inoltre, ha un ruolo sempre più dominante nell’approvvigionamento delle terre rare, risorse fondamentali per la produzione di tecnologie avanzate e per la transizione energetica stessa. Le restrizioni o il blocco dell’accesso a queste risorse da parte della Cina costituiscono un rischio ulteriore per l’industria europea, in particolare per le imprese italiane che già faticano a competere.

Tra i principali Paesi membri, la Spagna si distingue per il mix più bilanciato e per la maggiore incidenza delle rinnovabili (51%); la Germania continua a fare largo uso del carbone (26%), seppure in calo; mentre la Francia mantiene una netta predominanza del nucleare (64%).

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Le tecnologie per l’autoproduzione energetica: soluzioni disponibili e sfide

Nel contesto di un settore energetico sempre più instabile, l’autoproduzione di energia è diventata una necessità per molte imprese italiane. Le soluzioni disponibili per l’autosufficienza energetica vanno dall’utilizzo delle energie rinnovabili, come il solare fotovoltaico e l’eolico, all’impiego di tecnologie di cogenerazione, fino ad arrivare all’impiego delle pompe di calore industriali.

Il fotovoltaico, in particolare, rappresenta una delle soluzioni più comuni per le imprese che desiderano ridurre la propria dipendenza dalla rete energetica tradizionale, e sta vedendo una crescente diffusione. Anche le pompe di calore, che permettono di sfruttare il calore presente nell’ambiente per generare energia termica o elettrica, sono sempre più utilizzate in alcuni settori industriali. Le soluzioni di cogenerazione, che producono sia energia elettrica che termica, sono particolarmente apprezzate per il loro potenziale di efficienza.

Tuttavia, la diffusione di queste tecnologie non è senza ostacoli. Le barriere principali riguardano non solo i costi iniziali di investimento, ma anche la necessità di infrastrutture adeguate per integrare queste soluzioni nel ciclo produttivo delle imprese. Nonostante ciò, la loro adozione è in crescita, con molte aziende che vedono in esse un modo per garantire maggiore stabilità energetica e ridurre il rischio legato all’instabilità dei prezzi.

Ripartire dagli scarti

In parallelo alle soluzioni per l’autoproduzione di energia, il recupero del calore industriale emerge come una strategia concreta per migliorare l’efficienza energetica. Il recupero di calore da processi industriali consente di intercettare l’energia che altrimenti andrebbe dissipata e di utilizzarla per scopi produttivi o ausiliari. Si tratta di un’operazione che può ridurre significativamente il bisogno di energia esterna, stabilizzando così i costi.

Il recupero termico è una tecnologia che ha il vantaggio di avere un costo prossimo allo 0. Le aziende possono recuperare il calore dai fumi esausti, dai forni o dai compressori e riutilizzarlo per la climatizzazione (estate/inverno) o generare vettori termici per i processi. Sebbene queste soluzioni richiedano un investimento iniziale, i ritorni sull’investimento, che generalmente oscillano tra i 2 e i 5 anni, sono considerevoli, soprattutto quando si considera il risparmio sui costi energetici a lungo termine.

Inoltre, l’efficienza energetica derivante dal recupero termico offre il vantaggio di ridurre la vulnerabilità alle fluttuazioni dei mercati energetici. Le aziende che investono in questa tecnologia non solo ottimizzano i propri costi, ma acquisiscono una maggiore indipendenza dai mercati esterni, rendendo le loro operazioni più resilienti e competitive.

Nonostante i benefici tangibili, l’adozione su larga scala delle tecnologie di efficienza energetica, come il recupero del calore, è ancora ostacolata da barriere strutturali. Tra queste, il sistema degli incentivi, che tende a favorire soluzioni più standardizzate come il fotovoltaico, e una conoscenza tecnica non sempre adeguata da parte delle imprese. Molte aziende, infatti, sono ancora riluttanti nei confronti di tecnologie più complesse, sebbene altrettanto efficaci.

Tuttavia, la crescente consapevolezza della necessità di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e la ricerca di soluzioni strutturali per contrastare la volatilità dei prezzi energetici stanno stimolando una domanda crescente di soluzioni avanzate. L’inversione di tendenza è ormai evidente e, in un futuro prossimo, potrebbe trasformare il modo in cui le imprese italiane affrontano le sfide energetiche.

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