Stadio, fogne, rete idrica: così si truccavano le gare pubbliche
Per aggiudicarsi gli appalti pubblici bastava accordarsi e pagare la tangente in contanti. È quanto emerso dalla maxi inchiesta della Procura di Agrigento e della Squadra Mobile, che ha scoperchiato un vero e proprio sistema consolidato di corruzione che coinvolge imprenditori, dirigenti della Pubblica amministrazione e politici.
Il blitz è scattato alle quattro del mattino e si è concluso dopo dieci ore: cinque le persone arrestate, due in carcere e tre agli arresti domiciliari. Gli agenti, durante le perquisizioni in un’impresa di Favara e nell’abitazione di un imprenditore, hanno sequestrato oltre 200mila euro in contanti, somma che, secondo quanto emerso dalle intercettazioni, sarebbe stata destinata al pagamento delle tangenti. Altri soldi sono stati trovati in possesso del capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Licata, Sebastiano Alesci, accusato di aver favorito, in cambio di denaro o altre utilità, procedure amministrative, finanziamenti e nomine.
Secondo la Procura, esisteva un “costante ricorso spartitorio ai subappalti non autorizzati”. In carcere sono finiti i favaresi Luigi Sutera Sardo, 58 anni, ex consigliere provinciale ed ex assessore comunale, e Diego Caramazza, 44 anni. Ai domiciliari sono stati posti Sebastiano Alesci, 67 anni, ex dirigente dell’Utc di Ravanusa, residente a Licata; Carmela Moscato, 65 anni, e sua figlia Federica Caramazza, 36 anni, entrambe di Favara.
Gli indagati sono in tutto tredici. Si tratta di Maurizio Falzone, 63 anni, ex funzionario dell’Utc di Licata e oggi dirigente al Libero Consorzio di Trapani; Federica Caramazza, 36 anni; Diego Caramazza, 44 anni; Rosaria Bentivegna, 67 anni, di Catania; Antonio Belpasso, 38 anni, di Catania; Sebastiano Alesci, 66 anni, di Licata; Carmela Moscato, 65 anni; Luigi Sutera Sardo, 58 anni; Alessandro Vetro, 35 anni, di Favara; Alessandro D’Amore, 56 anni, di Lecce; Vittorio Giarratana, 52 anni, di Canicattì, residente a Ravanusa, funzionario dell’Utc di Licata; Giovanni Campagna, 46 anni, di Ravanusa, segretario particolare del deputato ed ex assessore regionale Roberto Di Mauro; Giuseppe Capizzi, 48 anni, imprenditore e attuale sindaco di Maletto.
Nel mirino degli inquirenti sono finiti diversi appalti milionari. Tra questi, i lavori di manutenzione straordinaria della strada provinciale 19 Salaparuta–Santa Margherita Belice, la riqualificazione e ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata, e il primo stralcio della ristrutturazione e automazione della rete idrica del Comune di Agrigento, del valore di oltre 37 milioni di euro. Le prime anomalie erano state segnalate anche dall’ANAC.
Il mancato avvio di opere pubbliche strategiche, come la rete idrica e il centro raccolta rifiuti di Ravanusa, ha dato il via a un’indagine mirata. Uno degli appalti sospetti è quello per la strada provinciale 19, dal valore di 2,4 milioni di euro. Secondo la Procura, Maurizio Falzone, allora dirigente del settore Lavori pubblici del Libero Consorzio di Trapani, avrebbe favorito l’aggiudicazione dei lavori alle imprese di Caramazza e Sutera Sardo, grazie alla mediazione di Alesci. Una somma di 135mila euro sarebbe stata concordata e in parte già versata, custodita a casa di Carmela Moscato, passata poi nelle mani della figlia Federica, quindi a Diego Caramazza, e infine consegnata ad Alesci o Sutera Sardo, per raggiungere Falzone.
In relazione all’appalto dello stadio “Dino Liotta”, alcuni degli indagati, tra cui Alessandro D’Amore, Alessandro Vetroe lo stesso Alesci, sono accusati di aver gestito in modo irregolare i subappalti, arrivando persino a far custodire un manto in erba sintetica lungo 124 metri e largo 60 presso l’abitazione di un’amica di Alesci.
Secondo l’accusa, Alesci avrebbe truccato anche l’appalto da 20,4 milioni di euro per l’impianto di trattamento dei rifiuti a Ravanusa, aggiudicato agli imprenditori catanesi Rosario Bentivegna e Antonio Belpasso, titolari della Beico, attraverso una serie di manovre irregolari.
Infine, sull’appalto da 37 milioni di euro relativo al primo stralcio della nuova rete idrica di Agrigento, sarebbero coinvolti Sebastiano Alesci, Giuseppe Capizzi, Giovanni Campagna e un altro soggetto indicato con la dicitura omissis. Capizzi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe costituito un consorzio presentando, con la complicità di funzionari agrigentini, un’offerta con un ribasso superiore al 30%, ritenuta inidonea per assicurare la reale esecuzione dei lavori, non avendo nemmeno i requisiti economici necessari.
Gli investigatori ipotizzano che il soggetto coperto da “omissis” possa essere un indagato eccellente, forse già collaboratore della magistratura, o un personaggio su cui si stanno effettuando nuovi accertamenti.
L’inchiesta tocca anche cinque imprese con sede a Catania, Favara, Maletto, Nardò (Lecce) e Aragona. Nei giorni scorsi, gli agenti hanno sequestrato una copia informatica e cartacea del progetto per i lavori di funzionalizzazione della rete fognaria di Licata, documentando una consegna sospetta da parte di Alesci al sindaco Capizzi, avvenuta il 28 aprile a Valguarnera Caropepe.
Le indagini proseguono. Quanto emerso finora lascia intravedere una fitta rete di favori, tangenti e appalti pilotati che, secondo gli investigatori, ha condizionato pesantemente la gestione della cosa pubblica.
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