Lo studio di I-Aer, Institute of Applied Economic Research: il 70% guarda con preoccupazione allo scenario, il 53% ritiene che l’Italia debba puntare su una maggiore integrazione europea nella Difesa
Appena due mesi fa, il 12 marzo 2025, il Parlamento europeo ha approvato il piano «Rearm Europe», proposto dalla Commissione europea. Un programma da 800 miliardi di euro per accelerare la difesa militare dell’Ue. Ma tra timori di un possibile conflitto nel Vecchio Continente e opportunità di business, che cosa ne pensano le imprese di questo orientamento? La risposta, più che in altre occasioni, sembra andare verso un’unica direzione: il 70% degli imprenditori guarda con preoccupazione all’attuale scenario geopolitico, temendo un possibile coinvolgimento diretto dell’Italia o dell’Europa in un conflitto armato nei prossimi anni. A rivelarlo è uno studio di I-Aer, Institute of Applied Economic Research, condotto su un campione rappresentativo di 658 imprenditori di Pmi italiane (e che si compone per il 90% da imprenditori con più di 40 anni). Nello specifico, un imprenditore su tre circa teme ripercussioni reali, come distorsioni negli investimenti o riduzione del fatturato, mentre poco più della metà non prevede nessun effetto sulla propria impresa, ma anzi trova la situazione critica e afferma che lo stato di incertezza rende difficile pianificare investimenti a lungo termine. Tra i settori potenzialmente più vulnerabili di fronte a un’espansione dell’industria della difesa, secondo gli imprenditori, ci sono cultura e servizi (entrambi al 37%), artigianato (29%), turismo (27%), manifattura (22%) e agroalimentare (21%).
Questione di priorità
Sull’efficacia e l’opportunità dell’investimento di 800 miliardi di euro, invece, l’opinione è spaccata: il 39% lo considera una scelta giusta e necessaria, mentre il 41% lo giudica sbagliato e controproducente. Il 18% lo ritiene comprensibile ma non prioritario. «Non stupisce questa differenza – commenta Fabio Papa, professore di economia e fondatore di I-Aer – perché il mondo imprenditoriale si interroga su quali siano oggi le vere priorità per la crescita del Paese. La Difesa può essere una di queste, ma va collocata in un quadro di sostenibilità economica». Infatti, solo il 24% si dichiara favorevole a un aumento della spesa italiana per la Difesa, mentre il 43% si dice contrario e preferirebbe destinare queste risorse ad altri settori ritenuti prioritari: sanità (53%), innovazione tecnologica e digitalizzazione (52%), istruzione e formazione (51%) e sgravi fiscali per le Pmi (43%). A livello strategico, il 53% delle Pmi ritiene che l’Italia debba puntare su una maggiore integrazione europea nella Difesa. Il 41% suggerisce un atteggiamento più neutrale, indirizzando le risorse ad altri settori. «Questi dati ci dicono che le imprese italiane non sono contrarie a un progetto comune europeo, anzi ne riconoscono il potenziale, ma chiedono che questa integrazione sia funzionale allo sviluppo economico e non fine a sé stessa», conclude Papa-
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link