Dal 2019 il Sud Italia è sostanzialmente in convergenza. Nell’ultimo periodo il dato si è addirittura rafforzato. Nel 2023, in particolare, il Pil è aumentato dell’1,5% nel Mezzogiorno, dello 0,7% nel Nord-ovest, dello 0,4% nel Nord-est e dello 0,3% nel Centro (Fonte Istat). Nel 2024 la crescita del Pil al Sud è stata superiore dello 0,7% rispetto al resto d’Italia (Fonte Svimez). Indulgere in facili trionfalismi è un rischio da evitare, anche alla luce delle previsioni sugli anni a venire. Non porsi il problema di come consolidare questo trend sul lungo periodo, considerandolo solo un «rimbalzo tecnico», è un peccato mortale.
Lino Patruno sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» del 13 maggio evidenzia come questi dati – e tutto ciò che sta dietro di essi – si siano prodotti non ostante l’assoluta mancanza di sensibilità per la disparità (in alcuni casi sarebbe più appropriato parlare di baratro) dei livelli essenziali delle prestazioni tra le diverse parti del Paese. È difficile dargli torto, al di là delle differenze d’accento. Sul Sud c’è stato un silenzio assordante. E le politiche meridionalistiche dell’ultimo decennio si sono segnalate, innanzitutto, per la loro ingombrante assenza: oltre lo sciagurato reddito di cittadinanza, la Zes e il Ponte di Messina, il resto di niente. Laddove il niente assoluto, forse, sarebbe stato più conveniente.
Questa spaventosa realtà deve interrogare, però, innanzitutto la coscienza dei meridionali. E, ancor più, quella di chi si ritiene meridionalista. Siamo noi per primi a dover evitare di commettere peccato mortale. Siamo noi per primi a doverci domandare cosa si possa concretamente fare per evitare di perdere un’occasione storica; cosa di essenziale sarebbe importante garantire al Sud affinché il suo sviluppo possa conquistare la durata. Giuseppe De Rita, «grande vecchio» del meridionalismo, dice che il vero scatto consisterebbe nel passare dall’oggettivismo alla soggettività. Per lui il limite maggiore delle politiche di sviluppo fin qui intraprese va indicato nel fatto che esse hanno considerato il Mezzogiorno come «oggett». Ad esso, perciò, sono state applicate ricette socioeconomiche o operazioni politiche. Su di esso sono stati scritti libri e si svolti convegni. Tutte iniziative caratterizzate dalla considerazione del Sud come qualcosa d’altro rispetto alla propria essenza.
Certo, non sono mancati quelli che lo hanno percepito come soggetto, perché si sono immedesimati con i suoi problemi e con quelli delle genti che lo abitano. E si potrebbe, a proposito, comporre un rosario di bei nomi trasversali per ispirazione ideale e ambito d’intervento. Ma sono stati una minoranza. Politicamente hanno rappresentato il partito degli sconfitti. Capovolgere l’ottica impone , perciò, l’eterno ritorno al problema della qualità della classe politica, intesa con Gaetano Mosca come classe dirigente. Non è certo questa la novità. Lo potrebbe divenire se la questione, invece che in termini oggettivi, la si riuscisse a declinare in termini soggettivi. Con un’attenzione prioritaria, cioè, agli uomini e alle donne in carne e ossa che nei prossimi anni avranno nelle loro mani la possibilità di implementare o disperdere la speranza di oggi. Il problema, allora, diviene un problema di formazione, di conoscenza e, in tutti i sensi, di merito.
Proprio in questa prospettiva è stata pensata e poi partorita un’iniziativa della School of Government della Luiss: un master per studiare le peculiarità del Mezzogiorno in ambito economico, sociale, geo-politico e istituzionale. E per candidarsi a prenderne in mano il destino. I corsi avranno inizio il prossimo ottobre e sarà la prima volta che un’iniziativa del genere contemplerà come suo epilogo il conseguimento di un titolo riconosciuto. Il fatto che essa sia stata voluta e partecipata (anche attraverso un concreto contributo economico) da alcune delle più importanti associazioni, fondazioni, imprese del meridione è un buon segno. Forse qualcuno al Sud si sta svegliando. E senza attendere che altri scoprano questo lembo di terra come un interessante (o conveniente) oggetto, sta iniziando a rivendicare la propria soggettività.
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