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Ponti: «Imprese avanti sulla transizione green. Ma servono reti efficienti»


di
Emily Capozucca

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La vicepresidente: «In Europa, da un lato, fissiamo regole giuste ma dall’altro non mettiamo abbastanza risorse e pensiamo che basti normare. Invece per cambiare servono condizioni: finanziamenti, incentivi, semplificazione, velocità decisionale»

La transizione ambientale è un percorso obbligato e necessario. Nonostante le recenti azioni americane che hanno indebolito le politiche ambientali precedenti e alcuni “rallentamenti” anche nel nostro Continente in tale ambito (come la direttiva europea che ha posticipato l’entrata in vigore di alcuni obblighi di rendicontazione) sembra esserci un rallentamento negli sforzi per la sostenibilità. «Gli Usa sono comunque il principale produttore di tecnologie green. In Italia tante imprese si stanno muovendo in questa direzione — afferma Lara Ponti, vicepresidente di Confindustria con delega agli obiettivi di sostenibilità, Esg e transizione ambientale —. Siamo una delle economie più sostenibili».

 Non avendo materie prime, con prezzi alti dell’energia, abbiamo sviluppato buone performance in economia circolare: siamo tra i migliori per intensità energetica, abbiamo un altissimo tasso di recupero dei rifiuti, siamo all’avanguardia nella produzione di acciaio da forni elettrificati. «Siamo convinti che la transizione ecologica debba avvenire. Sicuramente la ha un prezzo per imprese ma le conseguenze del cambiamento climatico, se non affrontato, tra alluvioni, ai disastri ambientali, avrebbe costi ben maggiori».




















































Sulla spinta della sensibilizzazione riguardo alla crisi ambientale e dei movimenti ecologisti «l’Ue ha definito degli obiettivi molto ambiziosi ma con dei limiti». Ad accompagnare l’elenco degli obiettivi da raggiungere non c’è stato un piano adeguato di finanziamenti «come hanno fatto Stati Uniti o Cina». Ma la Cina non è certo campionessa di sostenibilità, anzi. «È il Paese che inquina di più, ma anche quello dove le tecnologie green stanno crescendo più velocemente». In Europa, «da un lato, fissiamo regole giustissime – anche perché l’Occidente è il primo responsabile storico dell’inquinamento – ma dall’altro non mettiamo abbastanza risorse e pensiamo che basti normare. Invece per cambiare servono condizioni: finanziamenti, incentivi, semplificazione, velocità decisionale». C’è anche un altro ostacolo: «Le normative Ue si sommano a quelle nazionali, che sono diverse da Stato a Stato. Serve un’unione non solo politica». La responsabilità non è però solo dell’Europa ma anche dei singoli Stati nazionali con il loro interessi. 
«Basta seguire la linea Draghi — integrazione, innovazione, ricerca, mercato unico, infrastrutture energetiche —, allora potremmo affrontare tutto con più forza. Le nostre economie sono energivore, ma senza reti efficienti non possiamo fare la transizione».

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