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Procedura celere

 

a processo per bancarotta documentale


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Condannato a 2 anni di reclusione e all’inabilitazione all’esercizio di imprese commerciali e del divieto di esercitare uffici direttivi per la durata di 5 anni bancarotta fraudolente documentale, per aver distrutto i libri contabili dell’azienda.

Le accuse

L’imputato, difeso dagli avvocati Pietro Gigliotti e Fabio Antonioli, era accusato di “avere, nella sua qualità di legale rappresentante del ristorante pizzeria …, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, sottratto e distrutto parte delle scritture contabili di cui era obbligatoria la conservazione riferite agli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011”. Altri reati tributari, invece, erano stati dichiarati prescritti.

Per l’accusa era emerso che la curatrice fallimentare non aveva ricevuto alcuna documentazione contabile dall’imputato che aveva giustificato “la propria condotta con la sua scarsa esperienza in campo imprenditoriale”. Per i giudici l’assenza della “scrittura obbligatoria” non “poteva essere ricondotta a una semplice trascuratezza, anche per la durata negli anni della relativa mancanza, ma doveva essere stata determinata dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori”.

L’appello

La Corte di appello di Perugia aveva confermato la condanna, riducendo a 3 anni però la pena accessoria, ritenendo “integrata l’ipotesi della sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili”, visto che l’imputato aveva “sostenuto che esse erano state istituite e tenute e non essendovi prova certa del fatto che fossero state accidentalmente smarrite”, apparendo “implausibile l’ipotesi, ventilata nell’atto di appello, che esse potessero essere state lasciate nei locali che erano stati, poi, restituiti al locatore”.

La Cassazione

Il caso arrivava, quindi, alla Corte di Cassazione con un ricorso che contestava “l’affermazione di responsabilità dell’imputato” che “non sarebbe stata accompagnata dalla dimostrazione dell’avvenuta sottrazione e distruzione delle scritture contabili”, in quanto “l’omessa consegna alla curatrice della documentazione contabile della società sarebbe da imputare a cause non dipendenti dalla volontà” dell’imputato. La società, infatti, “aveva tenuto la contabilità fintanto che era stata operativa”, poi le scritture contabili obbligatorie non sarebbero più state “nella sua disponibilità in quanto trattenute dal locatore dell’immobile in cui veniva svolta l’attività commerciale e che esse non erano state più reperite quando, successivamente alla consegna del locale, avvenuta il 18 gennaio 2012, lui e la curatrice non vi avevano potuto più accedere per ritirare beni e documenti ivi lasciati”. Facendo venire meno il dolo specifico.

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Ed è stato proprio questo elemento a far ritenere ai giudici di Cassazione la fondatezza del ricorso e disponendo un nuovo giudizio davanti alla Corte d’appello di Firenze.



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