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in Valle d’Aosta l’80% delle imprese prevede lo smart working, ma pochi lo utilizzano stabilmente


Lavoro: in Valle d’Aosta l’80% delle imprese prevede lo smart working, ma pochi lo utilizzano stabilmente.

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«Lo smart working non è più considerabile solo un modo di conciliare vita privata e professionale, ma è una scelta di lavorare in modo diverso».

Lo ha detto la consigliera di Parità Katya Foletto nel corso dell’incontro  Smart working: dati e interviste dal mondo del lavoro valdostano, illustrando un sondaggio realizzato tra lavoratori pubblici e privati.

112 interviste, quasi il 50% è in smart da oltre due anni

«Con il mio ufficio abbiamo intervistato 112 persone impegnate nei settori più disparati (72,75% appartenenti all’ente pubblico).
Quasi il 50% lavora in modalità smart working da più di due anni, il 33,6% da meno di 6 mesi, l’11,2% da 1 a 2 anni e il 5,6% da 6 mesi a un anno» ha spiegato Foletto.

Smart working: esperienza positiva per il 54,5%

Per il 54,5% l’esperienza è molto positiva, per il 31,3% positiva, ma per il 2,7% negativa e per lo 0,9% molto negativa.

Tra i benefici riscontrati i partecipanti hanno votato principalmente il migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata e il risparmio di tempo negli spostamenti, a seguire la maggiore flessibilità negli orari e la maggiore produttività.

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Per quanto riguarda gli svantaggi risulta invece preponderante chi ha scelto nessuna criticità, ma emergono inoltre spunti come isolamento sociale, difficoltà nella comunicazione con i colleghi e problemi tecnici di connessione.

Meno votata la mancanza di supervisione.

Il sostegno dell’azienda

Sul supporto fornito dall’azienda nel lavoro da remoto si rilevano risposte eterogenee.

Il 27,9% sostiene di aver ricevuto un alto supporto, il 36,9% un giusto supporto e l’11,7% alcun supporto.

Per il 50,5% la produttività è uguale, mentre per il 45% è addirittura maggiore.

A proposito della conciliazione tra lavoro e privato per il 62,7% lo smart working è uno strumento funzionante, al contrario per il 37,3% non lo è».

Questo dato ci dice che si va verso una visione differente e più complessa rispetto al semplice equilibrio tra vita privata e professionale”, sottolinea Foletto.

30 attività interpellate, l’80% applica lo smart working

Sono state interpellate anche 30 attività.

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«Alcune aziende importanti e alcuni Comuni, collocati in maniera variegata sul territorio, oltre alla Regione autonoma Valle d’Aosta.

L’80% delle aziende applica lo smart working e tra le motivazioni principali troviamo soprattutto la maggiore flessibilità dei dipendenti, a seguire seppure in maniera distante l’aumento della produttività e l’attrazione dei talenti.

Nessuno ha selezionato la riduzione dei costi operativi.

Tra le sfide affrontate l’opzione prevalente è risultata il monitoraggio della produttività. Infine il 70% continuerà ad utilizzare lo smart working.

Fotografia parziale, ma dati interessanti

Per Foletto, «È una visione limitata, dovuta ai numeri delle risposte, ma comunque con elementi significativi.  Si tratta di una ricerca in corso che proseguirà».

Il dottor Alberto Lacchia, autore dell’articolo Prime evidenze della ricerca Smart West, conferma: «Sono fotografie parziali, ma che forniscono un quadro interessante. Proviamo a mettere insieme e collegare questo sondaggio con una ricerca svolta negli anni in Valle d’Aosta.

Gli argomenti sono comuni, nonostante i tempi diversi. Il lavoro a cui ho partecipato, e che sta ancora proseguendo con l’UniVda, è cominciato in un contesto post emergenziale con aziende ancora non felici dello strumento, ma costrette all’uso per il mantenimento dei rapporti.

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Ho agito preparando sia la parte quantitativa con i sondaggi sia quella qualitativa con gli incontri nelle aziende.

Nel secondo caso il campione è stato il più rappresentativo possibile, dato che non si può immaginare che l’azienda con centinaia di lavoratori agisca con le stesse dinamiche di una piccola impresa.
Pensiamo inoltre alle differenze tra attività ‘smartabile’ o meno, come ad esempio le aziende di comunicazione rispetto a quelle siderurgiche».

Dalle 20 aziende coinvolte emerge un quadro generalmente positivo.

«Si nota una buona preparazione delle aziende di tutte le dimensioni rispetto alle caratteristiche dello smart working.

C’è ancora l’idea che lontano dall’ufficio, il dipendente non lavori

Il fattore di maggiore scetticismo – spiega Lacchia – è la paura di perdere il controllo, la mancanza di sicurezza sul fatto che i dipendenti lontano dagli uffici lavorino. Questo appare un timore piuttosto irrazionale, spesso non legato concretamente ai risultati.

Infatti alcuni tra i più scettici, se interrogati sulle performance, ci hanno detto che è andato tutto bene. E malgrado ciò le loro perplessità sono rimaste.
La perdita del controllo è affrontata in molti casi favorevolmente attraverso il fornire fiducia e la definizione degli obiettivi».

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Un’attività in presenza sembra tuttora imprescindibile.

«Il cambio del mindset dice che quasi tutto può essere organizzato in remoto, ma l’unico ambito che rimane più efficace non da remoto è la riunione.
Anche in contesti formali l’efficacia del contatto tra le persone è fondamentale per ottenere risultati migliori rispetto all’essere in collegamento».

Prevale l’arte dell’arrangiarsi

Di primario interesse rimane lo sviluppo della formazione.

«La mansione può essere la medesima, ma svolgerla in azienda o da casa è differente. Così è necessaria la formazione anche per operare da remoto.

Oggi invece sembra ancora prevalente l’arrangiarsi.
Dalle grandi aziende vi è un po’ più di cura, mentre ne rileviamo meno in contesti medi e piccoli, dove magari c’è addirittura maggiore propensione all’utilizzo dello smart working».

(luca mauro melloni)

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