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“L’ora della verità”: riflettori accesi sulla Cina


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Martina Massetti – Archivio Ufficio Stampa PAT]

Giada Messetti, anche autrice del fortunato “La Cina è un’aragosta”, ha parlato di sfide sia esterne che interne. A Llvello interno sta affrontando una serie di nodi che stanno venendo al pettine dopo 45 anni di corsa sfrenatissima che l’ha portata a diventare la seconda potenza mondiale. “Nel mio libro ho raccontato la società cinese, con l’invecchiamento della popolazione, i dubbi dei giovani, la nuova consapevolezza femminile, la denatalità, la crisi immobiliare. Con tutto ciò i cinesi sono molto orgogliosi del loro paese, consapevoli di avere costruito un modello alternativo a quello occidentale. La sfida delle sfide però è il rallentamento economico. la dialettica governo cittadini, che esiste anche se a noi sembra difficile, si basa sulla crescita e l’accesso ai consumi”.

Forchielli è ripartito da qui. “I cittadini  non spendono, cresce la disoccupazione giovanile, il governo sembra incapace di rilanciare i consumi, per precise scelte politiche. La riluttanza del governo a cambiare rotta è molto forte. Ad esempio liberalizzare la circolazione interna dei cittadini darebbe un impulso fondamentale, ma non succede”.

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Anche per Geraci il ruolo del governo è centrale. Lo Stato ha i mezzi di produzione del il 60% del pil, gestisce i tassi di cambio, i settori in cui investire, gli spostamenti città-campagna e così via. “Per comprendere la Cina non dobbiamo assumere la visione liberista, che affida le risposte al mercato, ma focalizzarci sul ruolo del governo. Ma perché ad esempio il governo non riforma il welfare, rendendo istruzione e sanità gratuita, cosa che libererebbe risorse per i consumi? Perché si riserva di usare questa arma importante per circostanze più opportune”.

Né le riforme vengono sollecitate dalla società civile. Anzi. La tensione Trump-Cina, ha detto Forchielli, ha rinfocolato il patriottismo del cittadini cinese. In quanto al rapporto con la Russia, la Cina è povera di risorse naturali e quindi tiene molto al rapporto con il suo vicino, anche se russi e cinesi non si amano. I due paesi però hanno un obiettivo comune: la deamericanizzazione del mondo. Entrambi vedono inoltre nell’espansione a est della Nato la principale minaccia.

Tuttavia per Messetti c’è anche una differenza: la Russia è antioccidentale, la Cina invece ha bisogno dei mercati occidentali. Attenzione, ha chiosato Forchielli: il deep state americano è comunque inesorabilmente anti-cinese. Tuttavia da parte dell’Occidente la domanda di beni cinesi è molto forte, anche se va fatta una distinzione fondamentale fra prodotti ad alto valore aggiunto (come quelli tecnologici) e a basso (sui vetrini di Murano l’importazione potrebbe anche cessare). Su alcuni prodotti come i cellulari sembra molto difficile che abbia successo la strategia di Trump di riportare la produzione in America. 

E l’Occidente investe in Cina? Se parliamo di investimenti reali, al momento no, perché è difficile. La concorrenza interna è molto forte, dal momento che i prodotti cinesi oggi sono ottimi, e d’altro canto il mercato interno non cresce. Ma per un’azienda può essere importante avere un piede in Cina anche a prescindere dal ritorno economico immediato, per una questione di posizionamento strategico. Senza contare che la Cina è oggi una porta di accesso ai mercati terzi, dal Sud est asiatico all’Africa. 



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