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allarme ANAC, solo 2 su 100 vanno a bando


Nel 2024 boom di affidamenti diretti e crollo delle gare pubbliche: Busìa (ANAC) lancia l’allarme e denuncia anomalie, sprechi e rischi di infiltrazioni, sono troppi gli appalti pubblici “senza gara”.

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Un sistema sempre più opaco e fuori controllo. È questa l’immagine che emerge dalla Relazione annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) presentata dal presidente Giuseppe Busìa alla Camera dei Deputati il 20 maggio. Al centro dell’attenzione, un dato che fa scalpore: solo il 2% degli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione passa attraverso gare pubbliche. Il resto – il 98% – avviene per via diretta, senza bando.

Una cifra che da sola basta a sollevare più di un interrogativo sulla trasparenza e la correttezza della spesa pubblica in Italia. Busìa non ha usato mezzi termini: “Il ricorso sistematico agli affidamenti diretti alimenta il rischio di inefficienze, sprechi, se non addirittura corruzione e infiltrazioni mafiose. È urgente invertire la rotta”.

Una spesa pubblica da 271 miliardi, ma gare sempre meno trasparenti

Nel 2024 il valore complessivo degli appalti pubblici in Italia ha sfiorato i 272 miliardi di euro, distribuiti su 267.000 procedure. Numeri imponenti, che tuttavia nascondono una flessione rispetto agli anni precedenti: -4,1% sul 2023 e -7,3% sul 2022. A pesare sul calo, secondo l’ANAC, sono stati l’avvio della digitalizzazione degli appalti e il rallentamento nell’impiego dei fondi del PNRR, con in alcuni settori meno del 30% delle risorse effettivamente spese.

Ma il nodo più critico resta la modalità di assegnazione dei contratti. Se si considerano anche le procedure sotto i 40mila euro, affidate con modalità semplificate, gli affidamenti diretti raggiungono il 92% delle assegnazioni totali. Una tendenza in crescita, che nel 2024 ha segnato un +9,3% rispetto all’anno precedente.

Appalti senza gara: allarme dell’ANAC, troppi affidamenti diretti

A fronte di questo dilagare delle assegnazioni senza concorrenza, il bando pubblico è diventato l’eccezione. Le gare aperte – teoricamente lo strumento principe per garantire trasparenza e concorrenza – sono diminuite del 15,1% rispetto al 2023. Anche le procedure ristrette, che prevedono una selezione preventiva dei partecipanti, pur registrando un +35,1% in valore, restano marginali in termini numerici.

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Parallelamente, aumentano le procedure negoziate senza previa pubblicazione, cioè quelle in cui l’amministrazione può scegliere direttamente a chi affidare il contratto, spesso senza motivazioni trasparenti. Il rischio? Secondo Busìa, si tratta di una “zona grigia” dove proliferano pratiche discutibili, come il frazionamento artificioso degli appalti per restare sotto le soglie che impongono l’obbligo di gara.

Dove si spende di più? Farmaci e servizi sociali in cima alla lista

Nel dettaglio, l’analisi ANAC rivela che i settori più finanziati nel 2024 sono stati quello delle forniture (116 miliardi di euro, +18,9%) e quello dei servizi (quasi 95 miliardi, +10,1%). In netto calo invece i lavori pubblici, scesi a 60,8 miliardi con un crollo del 38,9% rispetto all’anno precedente. Tra le voci di spesa più rilevanti figurano gli acquisti di farmaci, cresciuti del 37,2% fino a superare i 40 miliardi, e i servizi di assistenza sociale, aumentati del 72,8%.

Boom anche per i contratti legati a manutenzioni e trasporti: +367,7% rispetto al 2023. Tra le maxi-commesse spiccano i 6,8 miliardi di Trenitalia per la manutenzione degli ETR1000, e tre appalti oltre il miliardo aggiudicati rispettivamente per il trasporto ferroviario in Alto Adige, il termovalorizzatore di Acerra e la gestione del servizio idrico in provincia di Imperia.

L’effetto della digitalizzazione: rallentamenti e nuove sfide

Dal 1° gennaio 2024 è entrato in vigore il nuovo Codice dei contratti pubblici che ha reso obbligatoria la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli appalti. Una trasformazione radicale che, se da un lato promette maggiore tracciabilità e accesso ai dati, dall’altro sembra aver rallentato – almeno nella fase iniziale – la pubblicazione dei bandi.

I dati raccolti attraverso la nuova piattaforma dei contratti pubblici (PCP) e le piattaforme di approvvigionamento digitali mostrano una PA ancora in fase di rodaggio, con ritardi nell’inserimento e nella gestione delle informazioni. “La digitalizzazione è una svolta epocale, ma serve accompagnarla con formazione, strumenti adeguati e soprattutto con un cambio culturale profondo”, ha sottolineato Busìa.

L’appello dell’ANAC: più concorrenza, meno opacità

Il messaggio finale del presidente dell’Autorità è chiaro: “Non possiamo continuare a gestire centinaia di miliardi di euro in modalità opaca. È necessario rilanciare il ricorso alle gare pubbliche, rafforzare i controlli e combattere le scorciatoie che aprono la porta a inefficienze e illegalità”.

Un richiamo forte, che arriva in un momento cruciale per l’economia italiana, sospesa tra la sfida della spesa dei fondi europei e la necessità di garantire che ogni euro pubblico venga impiegato nel modo più corretto e utile per i cittadini.

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