La richiesta del presidente di Confindustria Orsini: «Otto miliardi all’anno a sostegno degli investimenti per +2% Pil nel triennio»
«L’Italia si presenta credibile davanti a un quadro economico e finanziario di estrema difficoltà. Lo testimoniano il livello dello spread, più che dimezzato, la Borsa, il nuovo appeal dei Titoli pubblici italiani, l’attrattività ritrovata degli investimenti, e anche i giudizi delle agenzie di rating, su cui a volte sono critica. Da ultimo Moody’s che ha rivisto quello dell’Italia come non
accadeva da 25 anni». Così la premier Giorgia Meloni, ha aperto il suo intervento all’Assemblea di Confindustria a Bologna.
Il costo dell’energia e i «dazi» della Ue
Ovviamente i problemi non mancano, non ultimo quello del costo dell’energia evidenziato dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini nel suo discorso. E la premier lo sa: «In questa nazione – ha aggiunto nel suo discorso dinanzi alla platea di imprenditori – ci sono anche problemi strutturali e la questione più urgente» da affrontare con «serietà e senza timore è il nodo del costo dell’energia: le speculazioni sono inaccettabili». Poi un riferimento anche alla Ue, rappresentata in platea dalla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola: «L’Europa abbia il coraggio di rimuovere quei dazi interni che si è autoimposta in questi anni», il primo affondo, per quello che l’Europa può fare. Ma poi è arrivato anche il ringraziamento per quello che invece l?europa ha già fatto: «La mia amica Roberta Metsola ha detto che il Parlamento europeo è dalla nostra parte. Sarò onesta, questo dipende dalle maggioranze che si formano di volta in volta, ma sicuramente tu sei stata
dalla nostra parte e sei dalla nostra parte. E quindi grazie davvero».
La relazione del presidente Orsini
Un piano triennale per l’industria del Paese da 8 miliardi l’anni in tre anni (ma sarebbe meglio cinque). Questo, aveva chiesto il presidente di Confindustria Emanuele Orsini al governo, prima che parlasse Meloni. E lo ha fatto dalle assise annuali dell’associazione che quest’anno si sono tenute in via straordinaria a Bologna. In prima fila mezzo governo con i ministri Calderone (Lavoro), Pichetto Fratin (Ambiente ed Energia), Piantedosi (Interno), Urso (Imprese e Made in Italy), Santanché (Turismo), Tajani (Esteri) e Bernini (Università). Tra gli industriali, Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Fedele Confalonieri, Giuseppe Pasini, Antonio D’Amato, Marco e Veronica Squinzi. I leader di Cgil, Cisl e Uil. Rappresentanti delle forze politiche dell’opposizione a partire da Elly Schlein. Oltre, ovviamente, alla premier Giorgia Meloni.
«Serve un piano straordinario»
Per la verità Orsini ha chiesto un «piano straordinario» per l’industria non solo all’Italia ma anche all’Europa. Impossibile sottrarsi alla domanda chiave: dove trovare le risorse? Per quanto riguarda l’Europa, secondo Confindustria, la risposta è in una deroga al patto di stabilità che non si fermi alle spese per la difesa. Per quanto riguarda il piano italiano, dovrebbe essere finanziato attraverso le risorse del Pnrr che rischiano di essere inutilizzate e poi con i fondi di coesione europei.
Obiettivo crescita: 2%
L’obiettivo dichiarato da Orsini nella sua relazione è una crescita del 2% l’anno (quest’anno l’ufficio studi dell’associazione parla di uno 0,6). La relazione è partita da una severa critica alle politiche europee. Temi ricorrenti nella narrazione confindustriale per la verità: sbagliato e da rivedere lo stop al 2035 del motore endotermico, timori sulle norme Ue sul packaging, no alla politica del riuso a scapito del riciclo, no alla all’abbassamento delle protezioni sui brevetti da otto a sei anni. Per Orsini il patto di Stabilità e crescita rischia di diventare un patto per il declino dell’Europa. Un appunto anche alla Banca centrale europea: «deve avere più coraggio sia sul fronte dei tassi di interesse sia su quello dei requisiti patrimoniali bancari, che oggi sono molto più rigidi rispetto a quelli in vigore in Usa e Cina».
Le proposte di Confindustria
Clima diverso con il governo italiano. Orsini ha elencato le proposte di Confindustria che sono entrate nell’agenda di palazzo Chigi. Dal piano casa per aiutare i giovani lavoratori all’Ires premiale che però «per mancanza di fondi ha visto restringersi la platea». E poi ha rilanciato. Chiedendo il potenziamento dell’Ires stessa e il ripristino dell’Ace, il rilancio di Industria 4.0. Anche l’unico punto di attrito con il governo sul costo dell’energia viene ridimensionato: Orsini fa presente come la stessa premier Meloni abbia aperto al disaccoppiamento dei costi dell’energia prodotta da rinnovabili. Per le imprese italiane quella della bolletta energetica è infatti «una situazione insostenibile» su cui «bisogna agire con urgenza», ha ribadito il presidente di Confindustria. Dopo «tutti gli incentivi per le rinnovabili, noi non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas», ha proseguito, esortando a entrare «subito nella logica del disaccoppiamento». Sul punto, nelle settimane passate si era consumato un piccolo “strappo” con il governo successivo al varo del decreto bollette, che aveva lasciato Confindustria amareggiata. Ora, però, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Orsini dice che gli ha fatto «piacere quanto dichiarato» nelle interrogazioni parlamentari, in cui la premier ha detto che bisogna abbattere il sovraccosto dell’energia.
Il sovraccosto dell’energia
Le aziende italiane hanno un sovraccosto energetico «che supera il 35% del prezzo medio europeo e che arriva anche a toccare punte dell’80%, nel confronto con i maggiori Paesi europei” mentre i consumi industriali italiani “rappresentano il 42% del fabbisogno elettrico nazionale (125 twh) e per le imprese il prezzo dell’energia viene calcolato in base al costo dell’elettricità prodotta con il gas”, ha ricordato Orsini. Dunque, l’energia è “la componente più urgente” del Piano industriale straordinario proposto da viale dell’Astronomia.
Il tema dei contratti e dei salari
Per finire, la relazione del presidente dà per scontata la crisi dell’industria ma evita un’analisi di quanto ha portato a 25 mesi di calo della produzione industriale e del dato che riguarda il calo della produttività nel 2024. Glissa sulla difficile trattativa per il contratto dei metalmeccanici segnalando che «in Italia le retribuzioni più elevate e i meccanismi di recupero dell’inflazione sono nei contratti di Confindustria». Mentre rilancia sui temi della rappresentatività e dei contratti pirata.
Le risposte del governo (e le possibili risorse)
Confindustria, quindi, con la sua assemblea annuale ha chiesto un piano industriale straordinario per l’Italia. E Meloni ha risposto secca: «Sono d’accordo». Prendendosi l’impegno a occuparsi personalmente del dossier «semplificazioni burocratiche». Ha spiegato di avere già individuato 15 miliardi di euro del Pnrr che saranno rimodulati e indirizzati a misure per aumentare occupazione e produttività. Inoltre, la premier si è detta pronta a ulteriori correttivi sul piano Transizione 5.0 per renderlo più utilizzabile in accordo con la commissione. La premier ha ribadito la determinazione a lavorare sul «piano casa» per i dipendenti dell’industria. E infine ha rilanciato su un terreno che nelle scorse settimane aveva visto un solco crearsi tra le imprese dell’energia (comprese quelle a partecipazione pubblica) e le piccole e medie. Parliamo del “disaccoppiamento”, cioè la possibilità di vendere a un prezzo più basso l’energia da fonti rinnovabili (che ha costi di produzione più contenuti). Meloni si è detta disponibile a valutare la strada dei «contratti pluriennali con prezzo fisso concordato tra le parti». Anche perché «continuare a tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione». Come dire: la via per abbattere il costo dell’energia non può essere soltanto ridurre gli oneri di sistema. E alla fine ha concluso, riferendosi alla platea di imprenditori: «Pensate in grande, io farò lo stesso».
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