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“‘Ndrangheta “proteiforme” a vocazione imprenditoriale e protagonista nel narcotraffico”


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Gli 007 della Direzione investigativa antimafia delineano con chiarezza, nella relazione semestrale svolta nel 2024 e illustrata oggi dal direttore, generale della Guardia di finanza Michele Carbone, “l’immagine di una ‘ndrangheta

“proteiforme” (con riferimento al mito di Pròteo, divinità marina della mitologia greca celebre per la sua capacità di mutare forma per sfuggire agli inseguitori), la quale si distingue per la pervicace vocazione affaristico-imprenditoriale e per il ruolo di protagonista di rilievo nell’ambito del narcotraffico internazionale.

In effetti, rispetto ad altre matrici mafiose tradizionali, l’organizzazione calabrese manifesta una versatilità tattica straordinaria, che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera. Essa – spiega il dossier – attrae abilmente i propri interlocutori – che spaziano dagli attori della politica locale agli operatori economici e imprenditoriali – prospettando un apparente ventaglio di opportunità e vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra”.

Contesti socio‐economici caratterizzati da crisi

“La ‘ndrangheta ha saputo intercettare, nel tempo, le misure di sostegno economico‐finanziario varate da istituzioni europee e nazionali, diversificando i propri investimenti secondo una logica di massimizzazione dei profitti, in particolare nei settori maggiormente vulnerabili.

Le numerose inchieste giudiziarie in tal senso – continua la relazione – hanno dimostrato che non sempre gli imprenditori che cadono nella rete della ‘ndrangheta sono vittime inconsapevoli, talvolta alcuni di questi operatori economici in difficoltà, pur essendo in qualche modo consci della presenza della criminalità mafiosa, scelgono deliberatamente di non riconoscerla o di ignorarla”.

Le infiltrazioni nell’economia legale globale

L’azione preventiva e giudiziaria, condotta dalla Dia e dalle altre forze di polizia, ha offerto un quadro significativo sui tentativi di infiltrazione delle consorterie ‘ndranghetiste nell’economia legale globale.

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In Calabria, in particolare, “sono stati riscontrati condizionamenti nella maggior parte dei segmenti produttivi e commerciali, con impatti rilevanti nei settori dell’imprenditoria edile, ortofrutticolo, dei giochi e delle scommesse online, dei servizi di pulizia, della grande distribuzione organizzata, del commercio di prodotti petroliferi, degli autotrasporti, del settore turistico e nella gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti urbani.

Fuori dalla Regione, in particolare nelle aree del Nord Italia, le inchieste hanno evidenziato tentativi di infiltrazione nei settori turistico‐alberghiero, edile, della ristorazione, degli autotrasporti locali, del commercio di prodotti petroliferi e lubrificanti, nonché in quelli tecnologico, delle materie plastiche e nella gestione dell’intera filiera dei rifiuti.

Il monitoraggio delle attività imprenditoriali, svolto dai gruppi interforze istituiti presso tutte le prefetture italiane, al fine dell’emissione di provvedimenti interdittivi antimafia o dell’iscrizione nelle white list, ha restituito un quadro analitico che evidenzia un’infiltrazione sempre più concreta e articolata della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni”.

Le interdittive antimafia

“Nel periodo di riferimento sono stati adottati almeno 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata).

Tali misure testimoniano la marcata propensione delle cosche a infiltrarsi e a condizionare, in maniera preponderante, i settori agroalimentare, la produzione e il commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, l’edilizia, il turismo e la ristorazione, nonché il settore estrattivo e dei trasporti nelle province calabresi; mentre, in ambito extra‐regionale, l’intervento si concentra nei settori agricolo, turistico‐ricettivo, della raccolta dei rifiuti, delle costruzioni edili, del trasporto merci, del commercio al dettaglio, della farmaceutica, della somministrazione di alimenti e bevande e del noleggio di autovetture”.

Lo scambio elettorale politico-mafioso

Continua la relazione: “La diffusione di fenomeni corruttivi in aree territoriali economicamente depresse facilita ulteriormente il condizionamento dei processi decisionali degli Enti locali, permettendo alle cosche di ricavare indebiti vantaggi non solo nell’accaparramento di fondi destinati a opere o servizi pubblici, ma anche nel piegare la gestione della cosa pubblica a proprio vantaggio, incidendo sulle competizioni elettorali comunali.

Recenti inchieste hanno evidenziato come lo scambio elettorale politico-mafioso per la ‘ndrangheta sia uno strumento in grado di garantire utilità a prescindere dai soggetti eletti poiché, mediante il sostegno a candidati di schieramenti diversi, in maniera diffusiva riescono a godere dell’appoggio trasversale all’interno dell’assemblea eletta”.

I legami con le altre consorterie mafiose

“Pur facendo ampio ricorso a strategie di tipo collusivo e corruttivo per imporre la propria supremazia nei settori legali di interesse, la ‘ndrangheta non ha mai dismesso l’uso efferato della violenza, strumento imprescindibile per rimarcare l’autorità dei clan nei contesti territoriali locali.

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La tracotanza dei clan – si legge ancora nella relazione – si traduce, in taluni casi, in un beneficio ingiustificato di misure economiche a sostegno di categorie in difficoltà e in una costante pressione estorsiva ed usuraria nei confronti di commercianti e imprenditori locali. La capacità di instaurare rapporti a scopi affaristico‐criminali si manifesta nelle relazioni intrattenute dalle consorterie ‘ndranghetiste con altre organizzazioni malavitose.

Le più recenti risultanze confermano la tendenza delle cosche a instaurare collaborazioni utilitaristiche con consorterie di diversa matrice mafiosa, giustificate prevalentemente da specifiche contingenze piuttosto che da una consolidata condivisione di interessi criminali, situazione che trova riscontro anche nei rapporti con compagini straniere, in particolare di matrice albanese e sudamericana.

Per favorire l’espansione territoriale anche nelle regioni del Centro e del Nord Italia, le cosche di ‘ndrangheta hanno fatto leva sulla capacità di instaurare rapporti con clan appartenenti ad altre organizzazioni mafiose di diversa estrazione e origine”.

I “locali” di ‘ndrangheta in Italia: i dati

Per la Direzione investigativa antimafia: “Il fenomeno mafioso della ‘ndrangheta è orami consolidato e riconosciuto fuori dalla regione di origine in Italia e all’estero. Le più recenti risultanze giudiziarie attestano l’operatività di almeno 48 locali di ‘ndrangheta tra il Centro e il Nord Italia, non solo insediando quelle realtà economico‐imprenditoriali, ma replicando anche i modelli mafiosi originari che si fondano sui valori identitari posti alla base delle loro strutture.

Le connotazioni tradizionali, risalenti alle origini della ‘ndrangheta, non sono mai state abbandonate e trovano il loro punto di riferimento nell’istituto del Crimine (o Provincia), organismo di vertice incaricato di definire le strategie, dirimere le controversie interne e decidere sulla soppressione o sulla costituzione di nuovi locali”.



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