L’Italia al contrario targata Confindustria-Meloni è tornata a fare un giro di pista strombazzando i soliti slogan. Emanuele Orsini interviene di fronte alla platea riunita a Bologna in occasione dell’annuale assemblea e nella sua relazione critica il Green deal europeo, sminuisce l’apporto dato in Italia dalle rinnovabili, rilancia il fantomatico ritorno del nucleare. Non manca l’applauso della premier, che quando è il suo turno al microfono non fa che lodare l’operato del governo, dire che «il sistema Italia ha dimostrato la sua solidità» (quando?), che «fuori dai nostri confini c’è una voglia d’Italia che troppo spesso noi siamo gli unici a non vedere» (per le imminenti vacanze estive?), che «parlano di noi, ci vedono ora come un punto di riferimento» (ma chi, dove, per cosa?), che «fuori da questi confini c’è tanta gente che vuole con noi stringere accordi internazionali, che vuole lavorare con noi, è il motivo per cui come sapete giro molto» (ah, vabbè). Interviene anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, che evita di entrare nel dettaglio delle questioni sollevate e si limita a un generico «l’Ue deve essere presente per rendere le cose più facili e agili, deve abbattere le barriere, non alzare ostacoli, offrire soluzioni, non diventare essa stessa parte del problema».
Ma i problemi che Orsini indica nella sua relazione sono diversi e, per come la mette, tutt’altro che marginali. Nel mirino del presidente di Confindustria c’è soprattutto il Green deal: «L’errore è stato anteporre l’ideologia al realismo e alla neutralità tecnologica – dice – ci siamo dati i tempi e gli obiettivi ambientali più sfidanti del mondo, ma senza alcuna stima degli effetti e dei costi sull’industria e sui lavoratori e le loro famiglie. Il resto del mondo non condivide né i nostri standard, né i loro costi, e tutto ciò ci porta fuori mercato». Un caso particolare ed esemplificativo di ciò, sottolinea, è l’industria dell’automotive. «Il rischio concreto è di avere auto sempre più costose, con il risultato di cedere quote di mercato sempre maggiori ai concorrenti cinesi». I quali però, guarda caso, stanno acquisendo sempre maggiori fette di mercato in Europa, e precisamente nel settore dei veicoli elettrici, grazie ad auto a zero emissioni e prezzi inferiori rispetto ai competitor statunitensi ed europei.
Anche i passaggi della relazione di Orsini su rinnovabili e nucleare non sono immuni da facili smentite. Dice che «la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta il 45% dell’elettricità messa in rete, ma non concorre alla formazione di un prezzo più competitivo per l’industria», ben sapendo che il problema è il mancato disaccoppiamento in bolletta tra prezzo del gas e prezzo di eolico e solare (e infatti aggiunge: «Noi non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas»). Dice «dobbiamo affrontare con realismo il paradosso per cui, da un lato, gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni ci impongono di accelerare sulle rinnovabili, ma dall’altro, veti e ostacoli burocratici bloccano in Italia progetti per 150 GWh di nuovi impianti», e pazienza se veti e ostacoli sono stati finora creati in primis dal governo che ha tanto lodato, salvo ora puntare il dito sul problema del costo delle bollette. E ancora: «E di questo voglio parlare con chiarezza: mi rivolgo a tutti i partiti politici. Si smetta di dire a Roma che siete per le rinnovabili, per poi porre nelle Regioni ostacoli di ogni tipo proprio alle rinnovabili». E pazienza, di nuovo, se a mettere in mano alle Regioni il coltello dalla parte del manico è stato sempre il governo Meloni con il decreto Aree idonee, di cui ora una sentenza del Tar ha fatto carta straccia, obbligando a ripartire dal via questo poco divertente Gioco dell’Oca allestito da Palazzo Chigi.
Non poteva mancare il solito refrain sul nucleare: «Bisogna accelerare il ritorno al nucleare con i piccoli reattori modulari – dice Orsini – molto meno invasivi e più sicuri delle centrali di vecchia generazione e capaci di fornire quell’elettricità di continuità che serve all’industria e che le rinnovabili intermittenti non possono fornire». È stato evidenziato più volte in passato perché quello costituito da nucleare più rinnovabili non è il mix migliore per stabilizzare la rete elettrica. Ma su tale questione e sul problema del costo dell’energia sollevato tanto da Orsini quanto da Meloni lasciamo la parola al dirigente di ricerca presso il Cnr Nicola Armaroli, che citando proprio un nostro recente articolo sottolinea via LinkedIn che è vero che il costo dell’energia è troppo alto nel nostro Paese, «però c’è qualcosa che non torna»: «Perché le politiche energetiche in Italia puntano al gas (caso imbarazzante della Sardegna) o a tecnologie che saranno (forse) installate fra 20 anni (fissione nucleare) oppure mai (fusione nucleare)? Ps: ora pioveranno messaggi a spiegarci in Italia che avremo impianti a fissione funzionanti fra 6 o 10 anni. Nessuna persona intellettualmente onesta e competente ci crede. E comunque sarebbe tardi lo stesso. Le soluzioni al problema servono adesso. E invece le installazioni di rinnovabili rallentano e l’eolico è di fatto fermo. Chi risponde di questa nave alla deriva?»
Non certo Meloni. Per la premier, l’Italia ha dimostrato «la sua capacità di reagire anche quando la tempesta sembrava troppo forte, il vento talmente impetuoso che pareva fosse impossibile riuscire a mantenere la barra dritta». Per la premier, «fuori dai nostri confini vedono che l’Italia sta raddirizzando la rotta e parlano di noi». Dentro i nostri confini non si vede la stessa cosa e in molti preferirebbero anche che si parlasse d’altro.
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