La pubblicazione nella G.U. n. 120 del 26 maggio 2025 della L. 15 maggio 2025, n. 76 “Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese” rappresenta sicuramente un passaggio di rilievo nel panorama giuslavoristico italiano.
Il provvedimento, di iniziativa popolare e promosso in particolare dalla CISL (e contrastata o comunque non appoggiata dalle altre sigle sindacali), si pone come attuazione concreta dell’articolo 46 della Costituzione, che riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende.
La legge, composta da 15 articoli, si propone di rafforzare la collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori, promuovere la sostenibilità delle imprese e valorizzare il lavoro sia sul piano economico che sociale. Il testo si inserisce in un contesto europeo e internazionale che da tempo sollecita una maggiore partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali e ai risultati economici delle imprese, in linea con i principi di responsabilità ESG (Environmental, Social and Governance).
Ambito di applicazione e ruolo della contrattazione collettiva
La legge si applica a tutte le imprese, incluse le società cooperative in quanto compatibili, e individua nella contrattazione collettiva lo strumento privilegiato per l’attuazione delle diverse forme di partecipazione.
Vengono presi a riferimento i contratti collettivi così come definiti dall’art 51 del D.Lgs. n. 81/2015, ossia i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Tale scelta rafforza il ruolo delle parti sociali nella definizione delle modalità concrete di partecipazione, lasciando ampi margini di adattamento alle specificità settoriali e aziendali.
Le quattro tipologie di partecipazione: gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva
Il testo normativo distingue e disciplina quattro diverse tipologie di partecipazione dei lavoratori alle imprese: gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva.
Partecipazione gestionale
La partecipazione gestionale è intesa come la pluralità di forme di collaborazione dei lavoratori alle scelte strategiche dell’impresa. La legge distingue tra società che adottano il sistema dualistico (artt. 2409-octies e ss. c.c.) e società che non lo adottano. Nelle società per azioni o in accomandita per azioni organizzate secondo il modello dualistico, gli statuti possono prevedere, se disciplinato dai contratti collettivi, la presenza di uno o più rappresentanti dei lavoratori dipendenti nel consiglio di sorveglianza. Tali rappresentanti sono individuati secondo procedure definite dai contratti collettivi, nel rispetto dei requisiti di professionalità e onorabilità richiesti per i componenti del consiglio. È inoltre possibile prevedere la presenza di almeno un rappresentante dei lavoratori aderenti ai piani di partecipazione finanziaria.
Per le società che non adottano il sistema dualistico, gli statuti possono prevedere, sempre se disciplinato dai contratti collettivi, la partecipazione di uno o più rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione e, se costituito, nel comitato per il controllo sulla gestione. Parallelamente a quanto previsto per il modello dualistico, i rappresentanti sono scelti secondo procedure definite dalla contrattazione collettiva e devono possedere requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità.
È inoltre previsto un periodo di “raffreddamento” di tre anni, durante il quale i rappresentanti dei lavoratori nominati nel consiglio di amministrazione non possono assumere incarichi direttivi nella stessa impresa, salvo che non li ricoprissero già.
Partecipazione economica e finanziaria
L’articolo 2 definisce la partecipazione economica e finanziaria come “il coinvolgimento dei lavoratori nei risultati economici dell’impresa, anche mediante forme di partecipazione al capitale, tra cui l’azionariato”.
Al fine di incentivare tale modalità di partecipazione la legge introduce due regimi fiscali transitori limitati all’anno 2025:
• in caso di distribuzione ai lavoratori dipendenti di una quota degli utili di impresa non inferiore al 10%, effettuata in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali, il limite dell’importo complessivo soggetto all’imposta sostitutiva (IRPEF e addizionali regionali e comunali) viene elevato da 3.000 a 5.000 euro lordi, con aliquota agevolata al 5% per i titolari di reddito da lavoro dipendente di importo fino a 80.000.
• i dividendi corrisposti ai lavoratori derivanti da azioni attribuite in sostituzione di premi di risultato sono esenti dalle imposte sui redditi per il 50% del loro ammontare, fino a un massimo di 1.500 euro annui.
Queste misure, oltre a favorire la partecipazione finanziaria, mirano a rafforzare il legame tra lavoratori e impresa, promuovendo la fidelizzazione e la condivisione degli obiettivi aziendali.
Partecipazione organizzativa
La partecipazione organizzativa, ai sensi dell’articolo 2, si riferisce al coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni relative alle varie fasi produttive e organizzative della vita dell’impresa.
La legge prevede la possibilità per le aziende di promuovere l’istituzione di commissioni paritetiche, composte – nella stessa misura – da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori. A tali commissioni è assegnato il compito di predisporre proposte di piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro.
Tali commissioni rappresentano uno strumento di dialogo e collaborazione strutturata, volto a favorire l’innovazione e la competitività aziendale attraverso il contributo attivo dei lavoratori.
Inoltre, le aziende possono prevedere nel proprio organigramma, sulla base di contratti collettivi aziendali, figure specifiche come i referenti della formazione, dei piani di welfare, delle politiche retributive, della qualità dei luoghi di lavoro, della conciliazione e della genitorialità, nonché i responsabili della diversità e dell’inclusione delle persone con disabilità. Per le imprese con meno di 35 lavoratori, è prevista la possibilità di favorire, anche tramite enti bilaterali, forme di partecipazione organizzativa, riconoscendo così la specificità delle piccole realtà produttive.
Partecipazione consultiva
La partecipazione consultiva si realizza attraverso l’espressione di pareri e proposte sul merito delle decisioni che l’impresa intende assumere.
In tal senso la legge prevede che, nell’ambito delle commissioni paritetiche, sia possibile consultare le rappresentanze sindacali unitarie (o, in mancanza, i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali di settore) in merito alle scelte che le aziende intenderanno prendere.
La disciplina di dettaglio, con riferimento alla composizione delle commissioni nonché le sedi, i tempi, le modalità e i contenuti della consultazione, è rimessa alla contrattazione collettiva.
Al contrario, la procedura di consultazione viene dettagliata all’interno del testo legislativo. L’articolo 9, infatti, prevede che il datore di lavoro avvii il processo di consultazione tramite la trasmissione di una convocazione formale alla commissione paritetica (che, ricordiamo, esser composta in egual misura da rappresentanti dell’azienda e dei lavoratori). La consultazione deve essere avviata entro un termine di cinque giorni dalla ricezione della convocazione, e deve terminare entro dieci giorni, salvo che le parti concordino tempistiche diverse.
Una volta terminata la consultazione, il datore di lavoro ha l’obbligo, entro trenta giorni, di riconvocare la commissione per illustrare gli esiti del confronto e motivare le eventuali decisioni che si discostano dalle proposte avanzate dai lavoratori.
Tutte le informazioni condivise nel corso della procedura sono protette da un vincolo di riservatezza, soprattutto quando si tratta di dati sensibili o coperti da obblighi di segretezza previsti dalla legge o dai contratti collettivi.
Formazione
Un aspetto innovativo e qualificante della legge è l’attenzione alla formazione dei rappresentanti dei lavoratori coinvolti nelle commissioni paritetiche e negli organi societari. È previsto un obbligo formativo di almeno dieci ore annue, per lo sviluppo di conoscenze e competenze tecniche, specialistiche e trasversali. Tale previsione mira a garantire l’effettività della partecipazione, dotando i rappresentanti dei lavoratori degli strumenti necessari per svolgere un ruolo attivo e consapevole nei processi decisionali aziendali.
La Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori
La legge istituisce, presso il CNEL, la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori, con funzioni di osservatorio, supporto interpretativo e promozione delle buone pratiche. La Commissione è composta da rappresentanti del CNEL, del Ministero del lavoro, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché da esperti di diritto del lavoro e di organizzazione aziendale.
Tra i compiti della Commissione figurano: l’espressione di pareri non vincolanti su controversie interpretative, la proposta di misure correttive in caso di violazione delle norme procedurali, la raccolta e valorizzazione delle buone prassi, la redazione di una relazione biennale sulla partecipazione dei lavoratori e la presentazione di proposte al CNEL per incoraggiare la partecipazione gestionale, economica, finanziaria, organizzativa e consultiva. La Commissione opera senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, utilizzando le risorse già disponibili.
Considerazioni conclusive e prospettive applicative
L’approvazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori segna una svolta di grande rilievo nel panorama delle relazioni industriali italiane, tradizionalmente poco inclini a includere i lavoratori nei processi decisionali aziendali. A differenza di quanto avviene da tempo in altri contesti, come negli Stati Uniti o in Germania, il sistema italiano si è finora caratterizzato per una certa resistenza culturale e normativa verso modelli di governance partecipata.
Con questo intervento, per la prima volta, il legislatore introduce strumenti di coinvolgimento dei lavoratori nella vita delle imprese, rispondendo alle sfide poste dalle profonde trasformazioni economiche, tecnologiche e sociali in atto.
La scelta di favorire un modello partecipativo si rivela particolarmente strategica in un’epoca in cui la collaborazione tra imprese e lavoratori può rappresentare un fattore decisivo per uno sviluppo più inclusivo, sostenibile e competitivo.
La legge, tuttavia, si caratterizza per un approccio volutamente volontario e programmatico: non impone alcun obbligo generalizzato di implementazione delle nuove forme di partecipazione, ma lascia alle singole aziende la facoltà di valutare se e come adottarle, in coerenza con quanto sarà definito dalla contrattazione collettiva.
Questa impostazione, che privilegia la libertà di scelta, riflette la volontà di rispettare le diverse realtà produttive e le dinamiche delle relazioni industriali italiane, ma comporta anche che l’effettiva diffusione delle pratiche partecipative dipenderà dalla reale capacità delle parti sociali e delle imprese di cogliere le opportunità offerte dal nuovo quadro normativo.
In particolare, sarà interessante osservare come si comporteranno i grandi players industriali, il cui orientamento potrà fungere da traino o, al contrario, da freno all’adozione su larga scala di modelli partecipativi.
Dal punto di vista degli incentivi (che avrebbero potuto fare la vera differenza nell’adozione di tale strumento), va sottolineato che i principali benefici fiscali previsti dalla legge sono limitati al solo anno 2025. Si tratta quindi di misure temporanee, la cui efficacia e impatto dovranno essere valutati alla luce di eventuali proroghe o stabilizzazioni future.
Nonostante la natura volontaria e programmatica delle misure, la riforma rappresenta un segnale positivo e innovativo per il sistema produttivo italiano. L’introduzione di strumenti di partecipazione può favorire un clima aziendale più collaborativo, una maggiore motivazione dei lavoratori e una gestione più efficace dei cambiamenti organizzativi. Inoltre, la valorizzazione della partecipazione si inserisce pienamente nei principi di diversità, inclusione e sostenibilità promossi dagli standard ESG, sempre più centrali nelle strategie di responsabilità sociale d’impresa.
Copyright © – Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link