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L’informazione è la benzina delle pmi e serve alle imprese per aumentare la marginalità




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Ultim’ora news 28 maggio ore 20


Senza disturbare i formalismi classici della cibernetica di Norbert Wiener (generalizzata) o di William Ross Ashby (scienza del controllo) oggi è semplice comprendere che c’è una relazione tra informazione ed efficienza: senza la mappa di una città il dispendio di energia e costo per arrivare a un indirizzo è molto maggiore di quello in caso di impiego di uno strumento di geolocalizzazione.

L’applicazione di questo concetto al sistema industriale italiano, principalmente costituito da piccole aziende con una varietà di prodotti superiore a qualsiasi altro nel mondo comparabile, offre un’opzione strategica: se si fornisce alle piccole imprese più informazione, oltre a facilitazioni geopolitiche e finanziarie, sulle possibilità commerciali globali, allora il piccolo potrà diventare più grande oppure conquistare più marginalità con capex sostenibile.

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Come funziona il rapporto informazione impresa

Va subito annotato che l’incremento di scala di una piccola azienda via maggiore raggio di azione globale grazie a più informazione commerciale a basso costo non è in contrasto, anzi, con i distretti industriali settoriali o con la tipica azione del private equity di integrare piccole aziende compatibili per specializzazione settoriale allo scopo di creare un’organizzazione più grande e profittevole.

Poi va annotato che nella strategia di eventuale consolidamento delle piccole aziende, oltre a considerare la resistenza delle proprietà famigliari a cederle, con fini di aumento di scala c’è un rischio di riduzione della varietà dei prodotti. In sintesi, con più informazione e sostegni all’internazionalizzazione il piccolo può diventare finanziariamente grande e meno vulnerabile, con mantenimento sistemico della varietà dei prodotti.

Quali informazioni servono

Ovviamente i tipi di informazione necessari sono due: quella sui target commerciali globali e quella sull’uso di tecnologie competitive. Al riguardo delle seconde è osservabile in Italia un autoapprendimento a evoluzione rapida – tema da analizzare meglio nel prossimo futuro – ma per le prime c’è un potenziale di saturazione (volume dell’export) non coperto enorme. Inciso per i cultori di sistemica quantitativa: se variate l’applicazione dell’equazione Lotka-Volterra (curva logistica) per misurare quanto l’export italiano riempia il suo potenziale globale (variabile crescente per l’evoluzione dei Paesi emergenti) troverete uno spazio grandissimo.

Penso che il governo abbia fatto un calcolo simile quando ha annunciato l’obiettivo di circa 700 miliardi di export in pochi anni. Io ne vedo di più possibili e ne raccomando la valutazione per bilanciare il costo del debito che riduce lo spazio fiscale. Per tale motivo accolgo con plauso la nuova piattaforma elaborata da Confindustria per il servizio informativo alle imprese, l’estensione dei servizi Sace e l’azione Italia globale perseguita dal governo. Mi permetto di segnalarlo al mondo degli investimenti perché c’è un plus industriale latente italiano che sta emergendo e che merita nuovi prodotti finanziari. (riproduzione riservata)



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