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Nordest capitale del vino con il 64,2% dei ricavi


È il Nord Est la Wine valley italiana. Tra Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna si concentra infatti il 45% delle imprese di tutta Italia, il 64,2% del fatturato complessivo, il 70,7% dei produttori di spumanti, in primis il Prosecco. Il resto d’Italia – Nord Ovest, Centro, Sud e Isole – pur vantando territori prestigiosi come Barolo, Montalcino, Chianti, Franciacorta, Etna e altri, deve accontentarsi del 55% delle imprese e di appena il 36% scarso di fatturato. Questo è il dato forse più sorprendente e rilevante che emerge dal report annuale dell’Area studi di Mediobanca. L’indagine sul settore vinicolo in Italia riguarda 255 principali società di capitali italiane con fatturato 2024 superiore ai 20 milioni e ricavi aggregati per 11,7 miliardi, pari al 94,9% del fatturato nazionale del settore. Lo studio comprende un focus sulle principali operazioni di M&A (diverse hanno riguardato proprio il Friuli Venezia Giulia), sulle tematiche di governance e sostenibilità. Le previsioni per il 2025 parlano di vendite in aumento dell’1,7% e di un costante successo oltreconfine per le bollicine (ricavi +4,4%, +6,1% l’export), con il Prosecco nordestino in prima linea.

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A guidare la classifica dei fatturati è, come sempre negli ultimi anni, Cantine riunite & Civ, compagine cooperativa veneto-emiliana che ha toccato i 676,6 milioni di euro di ricavi (+0,6% rispetto al 2023). Sul podio anche Argea (464,2 milioni di fatturato, +3,3%) e la quotata in Borsa Italian Wine Brands (401,9 milioni, -6,3%), entrambe con terreni e aziende in Veneto. Tra le primissime ci sono anche la trentina Cavit (253,3 milioni, -5,2%), Herita Marzotto Wine Estates (258,2 milioni, -2,8%), La Marca di Oderzo (251 milioni, +11%) e Mezzacorona (212,3 milioni, -2,5%). Nella top ten anche Marchesi Antinori (261,6 milioni, +7,4%) che qualche anno fa ha acquisito Jermann, noto brand del Collio goriziano. Il balzo in assoluto più grande in termini di fatturato lo ha fatto Cvc (Cantina di Conegliano, Vittorio Veneto, Casarsa) che è passata da 97 a 149,8 milioni di euro (+54,4%), grazie all’acquisizione, dall’agosto del 2023, della storica cantina La Delizia di Casarsa. Appena sopra i 50 milioni di euro, (50,1 nel 2023) la cantina veronese Vini Armani.

I campioni di redditività

Osservando il rapporto tra risultato netto e fatturato, il 2024 vede in testa la veneta Herita Marzotto Wine Estates (ex Santa Margherita di Fossalta di Portogruaro) con un ragguardevole 17,8%, seguita dalla toscana Antinori (12%) e da un’altra veneta di proprietà estera, Mionetto, che registra un utile su fatturato del 9,2%. Molto buona anche la redditività di Iwb (5,6%), dell’azienda familiare di Conegliano Serena Wines 1881 (6,6%), di Villa Sandi di Crocetta del Montello (5%), di Bottega di Godega di Sant’Urbano (6,5%), di Spumanti Valdo di Valdobbiadene (4,8%) e di Pasqua Vigneti e Cantine di Verona (5,2%). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in certi casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,1%, Ruffino il 93,3%, Argea e Pasqua superano il 90% o Zonin che fa oltre l’82% di vendite all’estero.

L’assetto proprietario del settore vinicolo italiano resta fortemente ancorato alla dimensione familiare: il 65% del patrimonio netto è infatti detenuto da famiglie, quota che sale all’81,5% se si considerano anche le cooperative. Gli investitori finanziari partecipano al 10,7% dei mezzi propri, banche e assicurazioni per il 5% e fondi di private equity per il 4,1% del patrimonio netto. Trascurabile il rapporto con i mercati finanziari: solo due società sono quotate all’Aim dal 2015 (Masi Agricola e Iwb). Nel 2024 fino ad aprile 2025 la Toscana con 6 contratti di compravendita firmati e il Friuli Venezia Giulia con 3 ovvero Marco Felluga-Tommasi, La Delizia di Casarsa-Cvc e Vidussi-Fantinel, hanno fatto da sfondo al maggior numero di operazioni di M&A. L’incertezza legata ai consumi ha frenato l’interesse dei fondi comuni di investimento; si consolida il rapporto tra Italia e Stati Uniti con quattro operazioni oltreoceano. Difficoltà economiche ma anche tematiche di passeggio generazionale spingono l’M&A.

Le prospettive per il 2025

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I maggiori produttori di vino si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive del +1,7%, +2% l’export. Non si arresta l’ottimismo delle bollicine con il Prosecco a tirare il gruppo (+4,4% i ricavi complessivi), soprattutto oltreconfine (+6,1% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +0,9% (+1,2% l’export). Il 2024 ha chiuso senza variazioni significative (+0,3% sul 2023) con un maggiore aumento sul mercato estero (+0,7%). Spiccano le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+9,1%). L’Ebit margin ha riportato un aumento di 0,5 punti percentuali sul 2023, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato di 0,2 punti. Nel 2024, in diminuzione del 2,5% i quantitativi venduti su tutti i canali; +4,1% gli spumanti. Enoturismo in crescita: +9% i ricavi e visite in cantina offerte dai tre quarti delle aziende.



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