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Perché quelle di Orsini e Meloni sull’energia sono solo parole


All’assemblea di Confindustria, sia il presidente Emanuele Orsini che la premier Giorgia Meloni hanno affrontato il tema del disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica da quelli del gas

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Ieri, nel corso della relazione all’assemblea annuale di Confindustria a Bologna, il presidente Emanuele Orsini ha parlato della necessità di un disaccoppiamento dei prezzi dell’energia elettrica da quelli del gas, in modo da garantire bollette meno care alle aziende e tutelare la competitività dei settori energivori. “Le nostre imprese – ha affermato Orsini – subiscono un sovraccosto energetico che supera il 35% del prezzo medio europeo e che può anche toccare punte dell’80%”. Secondo uno studio di Confindustria, in Italia ad aprile il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso è stato di circa 100 euro al megawattora, più alto rispetto a Germania (77,9 €/MWh), Francia (42,2 €/MWh) e Spagna (26,8 €/MWh).

“Arera – ha proseguito il presidente di Confindustria – ha calcolato che, ad oggi, gli incentivi alle rinnovabili ammontano a 170 miliardi di euro, incentivi che vengono pagati da famiglie e imprese attraverso le bollette. Dopo tutti gli incentivi per le rinnovabili, non possiamo più accettare di continuare a pagare l’energia al prezzo vincolato a quello del gas. Dobbiamo entrare subito nella logica del disaccoppiamento”.

ENERGIA: IL PROBLEMA DEL DISACCOPPIAMENTO DEI PREZZI DI GAS ED ELETTRICITÀ

Tuttavia, il disaccoppiamento non è certo una cosa semplice da realizzare. Sia in Italia che negli altri Paesi europei, infatti, il prezzo dell’elettricità non viene determinato dalla fonte utilizzata per generarla, ma dall’ultima centrale ad avere accesso alla rete ogni ora. E l’ordine di accesso è basato sul costo marginale, ovvero ha la priorità l’energia prodotta con i costi marginali più bassi.

Mentre gli impianti eolici e solari hanno dei costi marginali praticamente nulli, dal momento che il vento e il sole sono gratis, una centrale a gas ha un costo marginale molto più alto, che è legato al prezzo del combustibile fossile. In Europa l’ultima centrale per ordine di accesso alla rete è quasi sempre una centrale a gas che, avendo una produzione stabile, riesce a soddisfare la domanda in qualsiasi momento del giorno. L’Italia, quindi, non ha la possibilità di abolire il sistema del prezzo marginale, perché per farlo servirebbe una riforma di tutte le borse dell’Unione europea.

AIDIC: LE AZIENDE DEVONO ESSERE LIBERE DI APPLICARE LE MIGLIORI TECNOLOGIE DISPONIBILI

Il presidente di AIDIC (Associazione Italiana Di Ingegneria Chimica), Giuseppe Ricci, ha affermato che l’associazione condivide “le preoccupazioni espresse dal presidente di Confindustria Orsini sull’impatto negativo che l’approccio sinora utilizzato dall’Unione europea ha sull’economia del nostro Paese. Come AIDIC abbiamo più volte sottolineato come bisogni puntare alla decarbonizzazione utilizzando tutti i vettori energetici e le tecnologie disponibili, inclusi i biocarburanti, i rifiuti, la cattura della CO2 e l’energia nucleare, e non solo elettricità e idrogeno verdi. L’approccio ideologico che è stato dato al processo di transizione sta penalizzando la competitività del sistema Italia e non solo”.

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Per Ricci “si è sostituita la decarbonizzazione con l’elettrificazione, e la scelta dell’Ue di voler condizionare lo sviluppo ad un’unica soluzione (energia rinnovabile come unica fonte ed energia elettrica come vettore), bandendo ogni altra alternativa, è stata possibile ipotizzando che con le rinnovabili, disponendo di materia prima infinita e a costo zero (vento e sole), l’energia prodotta sarebbe costata molto meno. Questo presupposto abilita l’ipotesi di indirizzare le scelte verso le soluzioni più complicate e più difficili per raggiungere gli obiettivi”.

“Le conseguenze sono gli enormi investimenti necessari, una minore sicurezza energetica e un costo per i cittadini e le imprese che non potrà essere trascurabile. Per Aidic, invece – ha concluso Ricci – va bene avere dei target sfidanti di decarbonizzazione, ma le aziende devono essere libere di applicare le migliori tecnologie disponibili e relative al loro contesto di riferimento, senza ulteriori vincoli e complicazioni che peraltro non migliorano le prestazioni ambientali”.

LA PREMIER MELONI: LA QUESTIONE PIÙ URGENTE DA AFFRONTARE È IL COSTO DELL’ENERGIA

Ieri anche la premier Giorgia ha parlato di energia durante il suo intervento all’Assemblea di Confindustria. Per Meloni “la questione più urgente da affrontare senza timore è il nodo del costo dell’energia. Dall’inizio di questo governo abbiamo stanziato circa 60 miliardi di euro per cercare di alleviare i costi dell’energia, ma cercare di tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione. Per questo abbiamo accompagnato le risorse con interventi come uno strumento già disponibile per il disaccoppiamento del prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili da quello del gas e quello dei contratti pluriennali a prezzo fisso di acquisto di energia prodotta da fonti rinnovabili, dove il corrispettivo viene stabilito tra le parti per riflettere i reali posti di produzione per ciascuna tecnologia”.

Meloni ha detto anche che il governo sta lavorando “ad un’analisi del funzionamento del mercato italiano per comprendere se eventuali anomalie nella formazione del Prezzo Unico Nazionale possano essere la causa di aumenti ingiustificati, perché sarebbe inaccettabile se ci fossero speculazioni sulla pelle di chi produce e crea occupazione”.

CONSUMERISMO: LE VERE SPECULAZIONI SONO QUELLE DI ALCUNE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA

Parole a cui ha risposto l’associazione Consumerismo No Profit, secondo cui “le vere speculazioni sui prezzi dell’energia sono quelle realizzate da molti operatori energetici che vendono luce e gas ai cittadini italiani. Negli ultimi 18 mesi si è assistito a comportamenti speculativi da parte dei fornitori di energia: a partire dall’inizio del 2023 gli utenti aderenti al mercato libero che avevano stipulato contratti a ‘prezzo fisso’ hanno subito impennate delle bollette, pur in presenza di una riduzione dei prezzi all’ingrosso rispetto ai picchi registrati nel 2022”.

Gli aumenti, ha aggiunto Consumerismo, “sono tutti imputabili ad aggiornamenti delle condizioni economiche per la componente ‘materia energia’ non addebitabili quindi alle quote di trasporto, oneri di sistema e tasse decise da Autorità e Governo. Incrementi delle tariffe che superavano fino a 10 volte il valore sul mercato PSV.

A confermare le anomalie nel settore energetico, gli utili record fatti registrare negli ultimi anni dalle società di luce e gas operanti in Italia. La quantità totale delle risorse sottratte alle famiglie è significativa. Per aiutare a capire la dimensione economica ricordiamo che i bonus luce e gas erogati nel 2023 ammontano a circa 2,4 miliardi di euro a cui si aggiungono i 3 miliardi di euro stanziati dal governo con l’ultimo decreto bollette. Soldi che non hanno determinato alcuna riduzione dei prezzi dell’energia a vantaggio di consumatori e imprese.

A questa situazione si aggiungono le truffe a danno degli utenti perpetrate attraverso il telemarketing selvaggio, con i call center che spingono i consumatori a sottoscrivere contratti di luce e gas non convenienti”, ha concluso l’associazione.

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