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Bankitalia. Relazione annuale sul 2024, dal commercio all’energia fino agli scenari internazionali. Sintesi e considerazioni finali del Governatore


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Bankitalia. Relazione annuale sul 2024, dal commercio all’energia fino agli scenari internazionali. Sintesi e considerazioni finali del Governatore

Qui di seguito AGEEI pubblica in pdf la Relazione Annuale:

Relazione Annuale Bankitalia

L’economia mondiale e le relazioni internazionali

Nel 2024 la crescita globale è rimasta moderata e disomogenea. L’attività economica si è espansa nei paesi avanzati, trainata dagli Stati Uniti; nelle economie emergenti ha lievemente rallentato, mantenendo comunque ritmi di crescita elevati. È proseguito il calo dell’inflazione nelle principali economie avanzate, creando le condizioni per l’avvio di una graduale normalizzazione della politica monetaria nella seconda metà dell’anno da parte della Banca centrale europea, della Federal Reserve e della Bank of England. Al contrario, in Giappone il rialzo dell’inflazione ha indotto la banca centrale ad aumentare i tassi di interesse per la prima volta da quasi due decenni. Tra i principali paesi emergenti, Brasile e Turchia hanno mantenuto politiche monetarie restrittive per contrastare un’inflazione ancora elevata, mentre in Cina, nonostante le diverse misure espansive adottate dalla banca centrale, la dinamica dei prezzi è rimasta molto debole, con un’inflazione al consumo intorno allo zero dagli inizi del 2023.
Nei primi mesi del 2025 il forte aumento dell’incertezza sulle politiche commerciali e sul futuro delle relazioni internazionali, legato all’orientamento di maggior chiusura da parte della nuova amministrazione statunitense, ha intaccato le prospettive di crescita dell’economia globale per l’anno in corso. L’annuncio, lo scorso 2 aprile, di dazi sulle importazioni negli Stati Uniti superiori alle attese ha innescato un calo degli indici azionari e vendite di titoli del Tesoro statunitense. I mercati azionari hanno tuttavia recuperato le perdite grazie alla sospensione per 90 giorni di alcune delle misure annunciate e all’avvio delle negoziazioni con la Cina e con altri paesi; si sono invece mantenuti elevati i tassi di interesse a lungo termine negli Stati Uniti. Questi andamenti, e il contestuale deprezzamento del dollaro, rivelano le preoccupazioni dei mercati per le conseguenze di un esteso e prolungato conflitto commerciale, oltre che per un ulteriore peggioramento delle finanze pubbliche negli Stati Uniti. In tale congiuntura le quotazioni dell’oro hanno toccato nuovi massimi storici, consolidandone il ruolo di bene rifugio. L’incertezza continua a rimanere elevata anche per il susseguirsi di annunci di nuovi dazi, sospensioni temporanee e accordi parziali da parte dell’amministrazione statunitense.
Nel 2024 la cooperazione economica e finanziaria internazionale nelle sedi del G7 e del G20 ha affrontato temi strategici come la crescita sostenibile, la sicurezza energetica, la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e il sostegno ai paesi più vulnerabili e altamente indebitati; i lavori si sono svolti in un contesto segnato dalla crescente polarizzazione geopolitica e dalla pressione delle economie emergenti per accrescere il proprio peso negli assetti multilaterali costruiti dopo la seconda guerra mondiale. Le politiche avviate all’inizio del 2025 dall’amministrazione statunitense, fortemente imperniate sulla sicurezza economica nazionale, rischiano di accentuare la tendenza alla frammentazione commerciale e di rendere più difficile un coordinamento efficace tra blocchi di paesi con interessi divergenti.

L’economia e le politiche di bilancio dell’area dell’euro

Nel 2024 il prodotto interno lordo dell’area dell’euro è cresciuto dello 0,9 per cento, grazie al contributo dei consumi, sia privati sia pubblici, e delle esportazioni, aumentate più delle importazioni. Si sono invece ridotti gli investimenti, in un contesto caratterizzato da un ampio margine inutilizzato della capacità produttiva e da condizioni finanziarie ancora restrittive. La dinamica dell’attività è stata moderatamente positiva anche nei primi mesi del 2025, sostenuta sia dall’espansione dei consumi sia dall’anticipazione delle esportazioni verso gli Stati Uniti in vista dell’aumento dei dazi.
Nella media dello scorso anno l’inflazione al consumo si è più che dimezzata rispetto al 2023, scendendo al 2,4 per cento, soprattutto per la marcata diminuzione dei prezzi delle componenti di fondo e dei beni alimentari. Nei primi mesi del 2025 si è collocata poco sopra il 2 per cento, riflettendo l’ulteriore, seppure graduale, attenuazione della dinamica dei prezzi dei servizi; le previsioni degli analisti della Banca centrale europea e degli organismi internazionali indicano che il calo dell’inflazione proseguirebbe nel corso dell’anno.
Le condizioni dei mercati finanziari sono migliorate nel 2024 grazie all’accresciuta fiducia nel percorso di ritorno dell’inflazione al 2 per cento e all’orientamento progressivamente meno restrittivo della politica monetaria. Nella seconda metà dell’anno, tuttavia, esse hanno risentito dell’incertezza politica in alcuni paesi dell’area e dell’acuirsi delle tensioni commerciali. Dopo un ulteriore miglioramento nei primi mesi del 2025, l’incertezza è aumentata repentinamente per l’annuncio dei nuovi dazi da parte dell’amministrazione statunitense.
Nel 2024 il disavanzo pubblico in rapporto al prodotto nei paesi dell’area dell’euro è diminuito di quasi mezzo punto percentuale, collocandosi al 3,1 per cento; secondo le più recenti previsioni della Commissione europea, quest’anno sarebbe pari al 3,2 per cento. Il peso del debito pubblico sul PIL, pari all’88,9 per cento nel 2024, aumenterebbe nell’anno in corso di oltre un punto percentuale. Queste previsioni tengono conto solo in parte del piano ReArm Europe/Readiness 2030, annunciato lo scorso marzo dalla Commissione europea.
Sono proseguite le erogazioni di fondi attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza, fulcro del programma Next Generation EU (NGEU): finora sono stati versati ai paesi dell’Unione europea oltre 311 miliardi di euro, di cui 201 sotto forma di sovvenzioni.
Ad eccezione della Germania, tutti gli Stati membri della UE hanno presentato il proprio piano strutturale di bilancio di medio termine, il documento di programmazione previsto dal nuovo sistema di regole europee; la maggior parte di essi ha ricevuto una valutazione positiva dalla Commissione europea e l’approvazione dal Consiglio.

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La politica monetaria nell’area dell’euro

Nel 2024 il grado di restrizione della politica monetaria è stato progressivamente allentato. Tale orientamento ha riflesso una crescente fiducia da parte del Consiglio direttivo della Banca centrale europea nella convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo del 2 per cento nel medio termine, in un contesto di persistente debolezza dell’attività economica.
A partire dalla riunione di giugno del 2024, il Consiglio ha disposto sette riduzioni dei tassi di interesse ufficiali, per un totale di 175 punti base per il tasso sui depositi presso l’Eurosistema, portandolo al 2,25 per cento lo scorso aprile. Nei primi mesi del 2025, in un contesto di eccezionale incertezza alimentata da crescenti tensioni commerciali, il Consiglio ha ribadito l’intenzione di mantenere un approccio guidato dai dati per orientare le decisioni di politica monetaria, adottandole di volta in volta senza vincolarsi a un percorso dei tassi prestabilito.
È proseguito il processo di normalizzazione del bilancio dell’Eurosistema avviato nel 2022. Vi hanno contribuito i rimborsi dei finanziamenti erogati con la terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO3) e la graduale riduzione dei portafogli di titoli detenuti nell’ambito dei programmi di acquisto di attività finanziarie (Asset Purchase Programme, APP, e Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP).
Nel corso dell’anno l’allentamento monetario ha favorito una graduale discesa dei tassi di interesse privi di rischio e di quelli praticati dalle banche sui prestiti, contribuendo a un miglioramento delle condizioni di finanziamento per imprese e famiglie. La dinamica del credito si è progressivamente rafforzata, pur restando debole in prospettiva storica. Tra la fine del 2024 e i primi mesi di quest’anno i tassi di interesse privi di rischio a lungo termine sono tornati a salire in un contesto di elevata volatilità, segnato dagli annunci di un rilevante aumento della spesa pubblica in Germania e di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti.

L’economia italiana: il quadro di insieme

Nel 2024 il PIL dell’Italia, valutato a prezzi concatenati e senza correzione per le giornate lavorative, è cresciuto dello 0,7 per cento, come nel 2023 e sostanzialmente in linea con le attese di inizio anno; all’aumento hanno contribuito in misura analoga la domanda nazionale e quella estera netta. L’espansione dei consumi delle famiglie è rimasta contenuta mentre si è accentuata quella della spesa delle Amministrazioni pubbliche. Gli investimenti hanno fortemente decelerato, con un calo della componente dei macchinari e attrezzature; di contro per le costruzioni non residenziali si è osservata una crescita alla quale ha contribuito, nonostante i ritardi, l’attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Le importazioni sono diminuite per il secondo anno consecutivo; le esportazioni hanno invece registrato un nuovo, moderato incremento.
Dal lato dell’offerta, il valore aggiunto è cresciuto dello 0,5 per cento; l’aumento ha riguardato tutte le aree del Paese. L’attività ha ristagnato nell’industria in senso stretto e ha rallentato nelle costruzioni e nei servizi a seguito, rispettivamente, del netto ridimensionamento del sostegno connesso con gli incentivi fiscali per l’edilizia residenziale e dell’affievolirsi dell’impulso dei comparti a elevata interazione sociale (come turismo e ristorazione) dovuto alla forte ripresa post-pandemica.
Nel 2024 l’inflazione al consumo (IPCA) è scesa marcatamente rispetto al biennio precedente (all’1,1 per cento), soprattutto per la riduzione dei prezzi dei beni energetici all’inizio dell’anno, poi attenuatasi nei mesi estivi.
Nel primo trimestre del 2025 il PIL ha avuto una crescita moderata, sostenuto dall’evoluzione ancora positiva dei consumi e della spesa per costruzioni. A fronte di una stagnazione nei servizi, l’attività si sarebbe espansa nella manifattura; su questo comparto, in prospettiva, potranno incidere negativamente le politiche commerciali statunitensi. Nei primi quattro mesi l’inflazione è salita marginalmente all’1,9 per cento, per effetto del contributo dei prezzi dei servizi e dei beni alimentari; anche nella media della restante parte dell’anno si manterrebbe al di sotto del 2 per cento.

Le recenti evoluzioni dei divari tra Centro Nord e Mezzogiorno
L’impatto del costo dell’energia sul settore industriale
Lo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza

Nel 2024 in Italia il reddito disponibile delle famiglie ha continuato a espandersi, sebbene meno che nell’anno precedente per la forte decelerazione dei redditi da lavoro autonomo e da proprietà; si è mantenuto invece sostenuto l’andamento di quelli da lavoro dipendente, sospinto sia dalla dinamica dell’occupazione sia da quella delle retribuzioni; queste ultime tuttavia, in termini reali, rimangono inferiori ai livelli del 2021. Le misure pubbliche di sostegno hanno continuato a essere rivolte principalmente alle famiglie a basso reddito e a quelle con figli, per le quali il rischio di povertà è maggiore. Grazie alla marcata riduzione dell’inflazione, il potere d’acquisto è tornato a crescere dopo la leggera contrazione del biennio precedente. È rimasto tuttavia moderato l’incremento della spesa per consumi, frenata sia dagli incentivi al risparmio derivanti dai livelli storicamente elevati dei tassi di interesse reali sia dal deterioramento delle attese di disoccupazione. Secondo un approfondimento specifico, queste ultime rifletterebbero solo in misura marginale i timori connessi con gli impatti dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro. Il tasso di risparmio ha ripreso ad aumentare, attestandosi su valori più alti rispetto a quelli precedenti la pandemia.
La ricchezza netta delle famiglie, pari al valore delle attività finanziarie e di quelle reali al netto delle passività, è cresciuta a un ritmo analogo a quello del reddito disponibile. La ricchezza finanziaria lorda è salita, per effetto del rialzo dei prezzi delle attività e del maggiore tasso di risparmio. È proseguita la ricomposizione del portafoglio in favore dei titoli obbligazionari, soprattutto quelli pubblici italiani: vi hanno contribuito in particolare le emissioni dedicate alle famiglie. Anche la ricchezza immobiliare si è ampliata, in linea con il rafforzamento del mercato delle abitazioni. Il rapporto fra il debito e il reddito disponibile è ulteriormente diminuito, collocandosi su un livello molto inferiore a quello dei principali paesi dell’area dell’euro. I mutui sono tornati a salire, sebbene in misura contenuta; la crescita dei prestiti per finalità di consumo è risultata più sostenuta.

Le attività finanziarie delle famiglie italiane nel periodo 2010-24
Le imprese

Nel 2024 il valore aggiunto in Italia è aumentato moderatamente, come nell’anno precedente. La dinamica dell’attività si è indebolita nei servizi, per il rallentamento nei comparti a elevata interazione sociale quali le attività ricreative, e nelle costruzioni, per il netto ridimensionamento delle agevolazioni fiscali nell’edilizia residenziale. Nell’industria in senso stretto il valore aggiunto è rimasto stazionario, dopo il calo nel 2023, riflettendo l’espansione nel comparto energetico e la nuova moderata flessione nella manifattura.
Gli investimenti hanno fortemente rallentato rispetto al 2023: quelli in costruzioni non residenziali hanno accelerato, anche per l’attuazione del PNRR, mentre quelli in abitazioni si sono ridotti, dopo la marcata crescita sospinta dal Superbonus. La spesa per macchinari e attrezzature è diminuita, dopo il sostenuto incremento del quadriennio precedente, risentendo in particolare della debolezza della domanda. Le imprese ne prefigurano nel complesso un’espansione per il 2025, soprattutto quelle di grande dimensione.
Lo scorso anno l’indebolimento del ciclo economico e l’aumento del costo del lavoro hanno contenuto la redditività delle aziende. Il costo dei finanziamenti bancari è sceso per effetto dell’allentamento della politica monetaria. La dinamica del credito, ancora negativa, è stata eterogenea tra le diverse tipologie di imprese. I prestiti sindacati hanno rappresentato una quota rilevante di quelli bancari.
La produttività del lavoro nel settore privato è diminuita per il secondo anno consecutivo, dopo un lungo periodo di crescita. Questa fase positiva era stata il frutto della ristrutturazione che aveva interessato il sistema produttivo dopo la crisi dei debiti sovrani; vi avevano contribuito sia la riallocazione dell’attività verso aziende più efficienti, sia un aumento della produttività all’interno delle singole imprese.
La spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al PIL è ancora nettamente inferiore alla media dell’Unione europea. Il divario è riconducibile soprattutto al settore privato e si traduce in un numero di brevetti minore rispetto agli altri principali paesi europei.
All’attività innovativa contribuiscono in maniera significativa le start up, che dipendono maggiormente dall’apporto di mezzi propri. L’offerta di capitale di rischio a queste imprese da parte di fondi di venture capital si è intensificata negli ultimi anni, ma rimane limitata nel confronto internazionale.
Si sono registrati progressi nella digitalizzazione e nella decarbonizzazione. Fra le imprese, già ampiamente dotate di strumenti digitali di base, si sta diffondendo l’utilizzo di tecnologie avanzate fra le quali l’intelligenza artificiale. Continuano inoltre ad accelerare le nuove installazioni di impianti di energia rinnovabile. Il cambiamento climatico comporta elevati rischi idrogeologici con cui si devono confrontare le imprese italiane.

Il mercato del lavoro

Nel 2024 in Italia l’occupazione, pur decelerando, ha continuato a crescere più rapidamente del prodotto. La domanda di lavoro ha ancora beneficiato della moderata dinamica salariale dell’ultimo triennio, che ha reso la manodopera relativamente più conveniente rispetto ad altri fattori di produzione.
L’espansione dell’occupazione ha interessato sostanzialmente tutti i settori e si è concentrata tra le posizioni a tempo indeterminato e tra i lavoratori più anziani; la domanda di lavoro si è indebolita rispetto al 2023 soprattutto per i lavoratori giovani e per i contratti temporanei, che sono in genere più sensibili al ciclo economico.
Il tasso di partecipazione è rimasto sui livelli elevati raggiunti nel 2023, grazie al continuo aumento dell’offerta di lavoro fra i lavoratori con almeno 55 anni di età, che ha compensato il calo osservato tra i più giovani. L’immigrazione ha parzialmente bilanciato la diminuzione della popolazione italiana in età da lavoro; i lavoratori stranieri svolgono per lo più lavori caratterizzati da contratti meno stabili rispetto alle persone nate in Italia e in posizioni a basso salario. Il tasso di disoccupazione è sceso al valore più basso degli ultimi 17 anni.
Il numero di posti vacanti nelle imprese rispetto al totale delle persone in cerca di un impiego, un indicatore del livello di competizione per il reclutamento dei lavoratori, è cresciuto, avvicinandosi alla media dell’Unione europea.
Secondo le stime preliminari, nei primi mesi del 2025 l’occupazione ha ricominciato a crescere marcatamente, sostenuta anche dagli investimenti connessi con il PNRR.

I prezzi e i costi

Nel 2024 in Italia l’inflazione al consumo si è ridotta notevolmente rispetto ai livelli registrati nel biennio precedente, mantenendosi costantemente sotto al 2 per cento. I prezzi dei beni energetici, che avevano ampiamente sostenuto la dinamica dell’inflazione complessiva dal 2022, sono marcatamente diminuiti. L’inflazione di fondo (al netto di energetici e alimentari) si è pressoché dimezzata nel confronto con il 2023, per la forte decelerazione dei prezzi dei beni industriali non energetici e, in misura minore, per la dinamica più contenuta di quelli dei servizi, che rimane tuttavia moderatamente superiore alla media storica.
Lo scorso anno la crescita del costo orario del lavoro nel settore privato non agricolo si è rafforzata, sospinta dagli incrementi delle retribuzioni contrattuali. L’aumento del costo del lavoro è stato comunque inferiore a quello medio dell’area dell’euro. Nonostante il progressivo recupero, le retribuzioni effettive in termini reali sono risultate dell’8,4 per cento più basse rispetto ai livelli del 2021.
Nei primi mesi del 2025 l’inflazione al consumo è lievemente salita per il contributo delle componenti dei servizi e dei beni alimentari, rimanendo tuttavia attorno al 2 per cento. Le limitate pressioni all’origine, insieme alla debolezza della domanda interna e di quella globale, in un contesto di forte incertezza geopolitica e di tensioni commerciali, manterrebbero l’inflazione su valori contenuti nel corso di quest’anno.

L’interscambio con l’estero, la competitività e la bilancia dei pagamenti

Nel 2024 le esportazioni italiane in volume sono aumentate in misura modesta. Il lieve calo delle vendite di beni, legato alla debolezza della domanda proveniente dall’area dell’euro e all’andamento sfavorevole di alcuni comparti, in particolare autoveicoli e moda, è stato più che compensato dall’incremento della componente dei servizi, soprattutto quelli turistici. Le importazioni sono diminuite e le esportazioni nette hanno dunque fornito un contributo positivo alla crescita del PIL.
L’avanzo di conto corrente è cresciuto, raggiungendo l’1,1 per cento del prodotto. Il ritorno a un consistente saldo positivo, con il riassorbimento degli effetti del recente shock energetico, si inserisce in una lunga fase di surplus, iniziata nel 2013 e temporaneamente interrotta solo nel 2022, che testimonia la capacità delle imprese esportatrici italiane di rimanere competitive sui mercati internazionali nonostante i molteplici shock avversi; nell’ultimo quinquennio le esportazioni di beni in volume sono aumentate più che negli altri principali paesi dell’area dell’euro e hanno sostanzialmente tenuto il passo con la domanda proveniente dai mercati di sbocco.
Gli investimenti di portafoglio all’estero da parte dei residenti sono fortemente cresciuti, sospinti dagli acquisti di obbligazioni europee da parte di banche, assicurazioni e fondi comuni. Gli investimenti netti in titoli pubblici italiani da parte dei non residenti hanno raggiunto il livello più elevato degli ultimi vent’anni. In seguito a questi andamenti, il saldo debitorio della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti europeo TARGET è diminuito in misura significativa.
Alla fine del 2024 la posizione netta sull’estero dell’Italia è stata creditoria per 335 miliardi di euro, pari al 15,3 per cento del PIL; dalla fine del 2013 il miglioramento è stato di 39 punti percentuali del prodotto ed è riconducibile per poco più della metà ai persistenti avanzi di conto corrente e conto capitale.

La finanza pubblica

Nel 2024 in Italia il disavanzo delle Amministrazioni pubbliche si è più che dimezzato rispetto all’anno precedente, collocandosi al 3,4 per cento del prodotto interno lordo; il saldo primario è tornato positivo per la prima volta dal 2019. Il miglioramento è stato determinato essenzialmente dalla marcata riduzione delle spese legate al Superbonus edilizio; su tale contrazione hanno inciso anche le ulteriori restrizioni all’utilizzo dei relativi crediti di imposta introdotte nel marzo 2024.
Gli effetti di cassa di questa agevolazione fiscale – valutabili in quasi 2 punti percentuali del PIL – hanno invece ampiamente contribuito all’aumento del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto, che si è portato al 135,3 per cento (dal 134,6 del 2023).
Lo scorso gennaio il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il Piano strutturale di bilancio di medio termine dell’Italia, che rappresenta il documento centrale per la programmazione di bilancio a livello nazionale nell’ambito della nuova governance economica europea. Il Piano definisce la traiettoria pluriennale di spesa netta necessaria per riportare il disavanzo al di sotto del 3 per cento del prodotto e per porre con alta probabilità il rapporto tra il debito e il PIL su un sentiero stabilmente discendente nel medio termine. La traiettoria e gli effetti sui saldi dell’ultima manovra di bilancio sono coerenti con le raccomandazioni rivolte dal Consiglio all’Italia nell’ambito della Procedura per i disavanzi eccessivi aperta nel luglio 2024.
Sulla base delle valutazioni ufficiali aggiornate con il Documento di finanza pubblica 2025 (DFP 2025) dello scorso aprile, i tassi di crescita della spesa netta per il triennio 2025-27 sarebbero sostanzialmente in linea con quelli indicati nel Piano e con le regole europee. L’indebitamento netto si collocherebbe al 3,3 per cento del PIL nel 2025 e scenderebbe al di sotto della soglia del 3 per cento l’anno prossimo; il peso del debito continuerebbe invece a salire fino al 2026 (al 137,6 per cento), per iniziare a ridursi nel 2027.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

 

Il contesto istituzionale e la regolamentazione dell’attività di impresa

Nel 2024 è proseguito in Italia il miglioramento della qualità del contesto istituzionale, sebbene non in tutti gli ambiti dell’azione pubblica.
La durata dei processi civili è rimasta stabile, interrompendo la flessione in atto da oltre un decennio; è proseguita invece la riduzione dell’arretrato. L’introduzione nel 2022 dei meccanismi di allerta e di nuovi strumenti extragiudiziali si è associata a una più tempestiva emersione delle situazioni di difficoltà delle imprese e a un maggiore ricorso a strumenti per la ristrutturazione del debito. I tempi medi per le procedure di affidamento degli appalti per lavori pubblici si sono ulteriormente contratti, anche per effetto dell’accresciuto utilizzo delle procedure dirette – contraddistinte da iter meno complessi – e della digitalizzazione delle gare.
Nel 2024 è nuovamente aumentato il numero dei dipendenti pubblici, tornato sui livelli dell’inizio dello scorso decennio in tutti i comparti, ad eccezione dei Ministeri e degli Enti locali. A fronte della ripresa delle assunzioni e della necessità di sostituire il personale prossimo al pensionamento, per i lavoratori più qualificati è diminuita l’attrattività in termini retributivi del pubblico impiego rispetto al settore privato.
Nel complesso, i recenti provvedimenti riguardanti la regolamentazione dei mercati potrebbero avere un impatto limitato sulla concorrenza. Permangono aree di intervento per ridurre i vincoli all’ingresso sul mercato e alla conduzione dell’attività economica, soprattutto nei servizi professionali e nel commercio al dettaglio, e per accrescere la concorrenza negli appalti e nelle concessioni. La semplificazione normativa è una priorità anche a livello europeo: la Commissione europea ha proposto di alleggerire gli obblighi di rendicontazione e due diligence in materia di sostenibilità ambientale e sociale; ha inoltre annunciato una serie di interventi a più ampio spettro.

Gli intermediari creditizi e gli investitori istituzionali

Nel 2024 la dinamica del credito in Italia è rimasta debole, seppure con segnali di ripresa favoriti dal progressivo allentamento della politica monetaria. I prestiti alle imprese hanno continuato a contrarsi, soprattutto per effetto di una domanda fiacca. Le condizioni di offerta si sono mantenute orientate alla prudenza, specialmente verso le imprese di minore dimensione. I prestiti alle famiglie, invece, sono tornati a crescere; la riduzione dei tassi ha in particolare stimolato la domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni. Nel primo trimestre del 2025 queste tendenze sono state confermate; nei prossimi mesi l’andamento del credito potrebbe risentire dell’accresciuta incertezza del quadro macroeconomico globale.
Il tasso di deterioramento dei prestiti è leggermente aumentato, trainato da quello relativo alle imprese; nel complesso, tuttavia, la qualità degli attivi detenuti dalle banche si è mantenuta in linea con quella media dell’area dell’euro. Il tasso di deterioramento crescerebbe per le imprese in misura contenuta nell’anno in corso e nel 2026, mentre rimarrebbe sostanzialmente stabile per le famiglie.
L’ammontare di titoli pubblici detenuti dalle banche italiane si è ampliato, principalmente per gli acquisti di quelli emessi dagli altri paesi dell’area dell’euro.
La raccolta complessiva ha continuato a diminuire, guidata della riduzione delle passività verso l’Eurosistema. Nella componente all’ingrosso è aumentato il ricorso al mercato interbancario estero e all’emissione di obbligazioni; quella al dettaglio è tornata a crescere, per l’incremento dei depositi da residenti. Il costo medio della raccolta in essere è calato di circa mezzo punto percentuale, riflettendo la riduzione dei tassi di interesse.
La redditività è ulteriormente migliorata, grazie all’aumento delle commissioni e, in misura minore, del margine di interesse. Quest’ultimo è cresciuto per effetto della scadenza delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO3), che riducendo gli interessi passivi ha più che compensato la flessione del contributo delle operazioni con la clientela. L’aumento della redditività è stato contenuto dalle maggiori spese per il personale dovute al rinnovo del contratto di lavoro. Seppure in diminuzione, essa dovrebbe mantenersi elevata anche nell’anno in corso.
La patrimonializzazione ha beneficiato degli utili non distribuiti, che hanno più che bilanciato l’impatto negativo delle operazioni di riacquisto di azioni proprie (buy back) e il lieve aumento degli attivi ponderati per il rischio.
Ad aprile del 2024 la Banca d’Italia ha attivato una riserva di capitale a fronte del rischio sistemico, al fine di rafforzare la solidità del sistema bancario e preservarne la resilienza in caso di eventi avversi; la riserva, a regime pari all’1,0 per cento delle esposizioni ponderate per il rischio di credito e di controparte verso i residenti in Italia, dovrà essere interamente costituita entro giugno del 2025.
Prosegue il processo di trasformazione digitale del settore bancario italiano, la cui efficienza continua a migliorare grazie ai crescenti investimenti in innovazione. Si osserva inoltre il ricorso, seppure da parte di un numero limitato di banche, a nuove tecnologie – inclusa l’intelligenza artificiale – per la valutazione del merito di credito, con potenziali benefici per l’accesso al credito per le imprese più piccole e innovative.
La crescente consapevolezza dei rischi climatici si riflette nella concessione, da parte di circa un terzo delle banche italiane, di prestiti verdi alle imprese e alle famiglie – come ad esempio i mutui destinati all’acquisto di immobili ad alta efficienza energetica – caratterizzati da condizioni di offerta più favorevoli. Al contempo, le banche stanno progressivamente attuando i piani di azione previsti dalla Vigilanza in materia di rischi climatici e ambientali, con risultati soddisfacenti rispetto ai profili di governance e organizzazione; permangono invece ritardi significativi nell’adozione di una base dati completa e affidabile sui profili di rischio climatico e ambientale e nell’aggiornamento dei sistemi informatici.
Nel 2024 l’andamento dei mercati finanziari e dei tassi di interesse ha contribuito ad aumentare la raccolta netta e il patrimonio di tutti i principali investitori istituzionali italiani.

I mercati monetari e finanziari

Nel 2024 le condizioni dei mercati finanziari italiani sono state influenzate principalmente dal progressivo allentamento del livello di restrizione della politica monetaria. Dall’autunno hanno risentito inoltre delle tensioni geopolitiche e commerciali, che hanno generato crescente incertezza sulle prospettive macroeconomiche.
Nell’anno i rendimenti dei titoli di Stato decennali italiani e il loro differenziale rispetto a quelli tedeschi sono diminuiti e le condizioni di liquidità sono migliorate. Le considerevoli emissioni nette sono state assorbite in modo ordinato grazie all’elevata domanda degli investitori privati a fronte della progressiva riduzione degli acquisti da parte dell’Eurosistema.
I corsi azionari sono cresciuti, sebbene in misura diversa tra comparti. Hanno beneficiato della diminuzione dei tassi di interesse e, in particolare all’inizio del 2024, del forte ottimismo a livello globale sugli effetti dell’intelligenza artificiale sulle prospettive di redditività delle imprese. Nella seconda metà dell’anno le quotazioni hanno risentito delle tensioni sui mercati finanziari internazionali di inizio agosto scatenatesi in seguito all’uscita di dati macroeconomici statunitensi inferiori alle attese, nonché dell’incertezza sulla situazione politica in alcuni paesi dell’area dell’euro e sulle politiche commerciali degli Stati Uniti.
Nel 2024 Euronext ha completato il progetto di clearing internalization, che prevede l’utilizzo di Euronext Clearing come controparte centrale di riferimento del gruppo per i mercati azionari e dei derivati. Il consolidamento dei servizi di compensazione in euro è volto a migliorare la competitività del sistema finanziario europeo a livello internazionale, favorendo i progressi verso un unico mercato dei capitali.
Nei primi mesi del 2025 il rendimento dei titoli di Stato italiani è aumentato, come accaduto per gli altri principali paesi dell’area dell’euro, sospinto dalle prospettive di un’espansione della spesa pubblica per la difesa europea, in un quadro di sostenuta volatilità; ha poi beneficiato del miglioramento della valutazione attribuita dall’agenzia di rating Standard & Poor’s. Ai primi di aprile l’indice azionario italiano ha risentito in modo marcato dei timori di recessione globale generati dall’annuncio di nuovi dazi superiori alle attese da parte degli Stati Uniti e dell’elevata incertezza sull’evoluzione della politica commerciale di questo paese. Ha poi pienamente recuperato dopo l’annuncio della sospensione per 90 giorni delle misure e l’avvio delle negoziazioni tra Stati Uniti e Cina.

Il commercio internazionale tra frammentazione e digitalizzazione

Dalla fine degli anni settanta l’integrazione economica globale si è intensificata, sostenuta dalla crescita dei flussi internazionali di beni, servizi, capitali, dati e persone. Questa tendenza è proseguita fino alla crisi finanziaria globale del 2008, quando la dinamica del commercio ha rallentato a causa dell’esaurirsi di alcuni fattori propulsivi e, successivamente, del ritorno di barriere agli scambi. Tale crisi e l’ascesa della Cina nell’economia mondiale hanno alimentato, soprattutto nei paesi avanzati, una percezione negativa della globalizzazione, ritenuta responsabile di deindustrializzazione, perdita di posti di lavoro e maggiori disuguaglianze. Ne è seguito un calo del consenso verso le politiche di apertura commerciale e, in alcuni casi, un ritorno al protezionismo.
La rivalità tra Stati Uniti e Cina è sfociata in una guerra commerciale nel biennio 2018-19, con l’introduzione di dazi e restrizioni reciproci. La pandemia di Covid-19 ha in seguito evidenziato la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, spingendo molti governi a introdurre sussidi per sostenere la produzione nazionale di beni essenziali. L’interdipendenza tra paesi, prima vista come un elemento di stabilità, è stata progressivamente considerata una fonte di rischio, soprattutto per le forniture estere in settori strategici. L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha acuito queste tendenze, aumentando le divisioni geopolitiche. Dall’inizio di quest’anno l’amministrazione statunitense ha imposto nuovi dazi che hanno interessato anche paesi tradizionalmente alleati e la quasi totalità dei beni, portando le proprie barriere commerciali al livello più alto dal protezionismo degli anni trenta e generando una forte incertezza sui mercati per il susseguirsi di annunci di misure, sospensioni temporanee e accordi parziali.
A fronte del rallentamento del commercio di beni e della sua crescente frammentazione, l’interscambio di servizi ha invece continuato a espandersi, favorito dal progresso tecnologico e dalla digitalizzazione. Questi sviluppi hanno ridotto drasticamente i costi di comunicazione e reso possibile esportare servizi prima considerati non commerciabili, trasformando le modalità di integrazione tra le economie.
Queste dinamiche del commercio globale pongono sfide rilevanti per l’Italia, fortemente interconnessa nei mercati internazionali dei beni e dei servizi tradizionali, ma con una presenza ancora limitata nei servizi avanzati. Le esportazioni italiane sono inoltre esposte all’imposizione dei dazi da parte degli Stati Uniti, uno dei principali mercati di sbocco. Un inasprimento delle tensioni geopolitiche globali potrebbe creare difficoltà alle filiere produttive e alle forniture di input critici, come quelle per la transizione digitale ed energetica.

 

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