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Governance, azionariato diffuso: obiettivi e controindicazioni




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Ultim’ora news 30 maggio ore 20


Fincantieri, Snam e Leonardo sono le ultime in ordine di tempo, ma il tema dell’azionariato diffuso sta interessando un numero crescente di grandi aziende in Italia che, tramite piani pensati ad hoc per i dipendenti, mirano a ottenere un maggiore coinvolgimento degli stessi nella gestione aziendale.

Nato dal concetto della public company, l’azionariato diffuso, pur essendo di volta in volta declinato con modalità diverse, rientra quindi nel sistema di welfare aziendale, con diversi vantaggi. Come spiega infatti Patrizia Giangualano, Governance & Sustainability advisor, membro del consiglio direttivo Ned Community «quando il controllo è maggiormente frammentato le imprese sono sempre più incentivate in azioni volte alla creazione di valore nel lungo temine e alla sostenibilità. L’impresa percepita come una public company, dove nessun azionista dominante impone la sua volontà, crea una sempre maggiore attrattività per il mercato e per gli investitori istituzionali che intravedono una maggiore accountability, un capitale più stabile con minore rischio di conflitti interni, un orientamento allo stakeholder capitalism e di conseguenza una maggiore liquidità del titolo».

Il gap con le società anglosassoni

Tramite l’azionariato diffuso i dipendenti di una azienda possono sottoscrivere una parte delle azioni solitamente in modo gratuito e con delle agevolazioni e/o premi. Una modalità per renderli più partecipi dei processi aziendali e «colmare così anche in Italia il gap con le società anglosassoni, dove questa pratica ha una lunga tradizione» dice Gian Marco Salcioli, strategist di Assiom Forex. «La convenienza per i dipendenti dipende naturalmente dalle modalità del piano proposto, ma la ricaduta principale che si ottiene è in termini di fidelizzazione e incentivazione». Un aspetto centrale anche per attrarre talenti e legarli nel tempo all’azienda, visto l’annoso fenomeno della fuga di cervelli all’estero, che interessa soprattutto le giovani generazioni.

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Dal punto di vista strettamente finanziario per i dipendenti, qualora in piano di azionariato diffuso non sia gratuito, la convenienza relativa dipende dal prezzo al quale sono assegnate le azioni e dal periodo di lock up che obbliga a tenerle in portafoglio, date le oscillazioni che la quotazione potrebbe avere in quel periodo in borsa.

Con però un’importante avvertenza: «Un’azienda con azionariato diffuso e capitale frammentato è più esposta al giudizio del mercato e proprio per questo è incentivata ad adottare una governance allineata alle best practice internazionali, basata su trasparenza, indipendenza e responsabilità», spiega Giangualano. Per garantire l’interesse generale del mercato sono quindi essenziali «un cda competente, autonomo e professionale, in grado di garantire una elevata qualità dell’informativa, comunicazioni chiare e continue di piani strategici, rischi e opportunità, rendicontazioni e bilanci con un coinvolgimento attivo di tutti i soci nelle decisioni più importanti (remunerazioni, nomine, e operazioni straordinarie) e controlli sempre più robusti per un miglioramento continuo delle performance», sottolinea l’advisor in Governance & Sustainability. Che aggiunge: «Le regole sulla trasparenza, le assemblee, i diritti di voto, le candidature e le remunerazione degli amministratori assumono un peso centrale così come gli engagement con gli investitori e i suggerimenti di voto dei proxy advisor che stanno diventando attori sempre più incisivi».

I piani in Italia

Pur nella cornice degli obblighi normativi dell’azionariato diffuso, ogni azienda segue strade diverse. Per esempio fra le società che hanno presentato di recente un piano in questo senso, replicando quando già fatto lo scorso anno (che ha visto l’adesione del 22% della forza lavoro) c’è Fincantieri. La società guidata da Pierroberto Folgiero prevede di assegnare un’azione gratuita (non soggetta a tassazione) ogni quattro acquistate. Inoltre, a 12 mesi dall’adesione, scatterà il cosiddetto bonus share: Fincantieri attribuirà gratuitamente agli aderenti un’ulteriore azione ogni quattro acquistate e rimaste nel portafoglio del dipendente. La decisione arriva in um momento in cui il titolo, trainato dal trend positivo del settore della difesa, ha messo a segno un rialzo nell’ultimo anno del 236% e viaggia poco sotto i massimi.

Anche Leonardo lancia un piano di azionariato diffuso, per consentire ai dipendenti di acquistare azioni del gruppo a condizioni agevolate, beneficiando di vantaggi fiscali. Nel caso del colosso italiano guidato da Roberto Cingolani, il programma è denominato Wibe (We believe in Leonardo), proprio per mettere in evidenza il senso di appartenenza. La partecipazione è volontaria, con un investimento minimo di 200 euro e massimo di 2mila. A chi aderirà, Leonardo assegnerà un’azione (che è salita del 135% in un anno) gratuita ogni tre acquistate e quattro gratuite ulteriori alla prima partecipazione. Le azioni dovranno essere detenute per tre anni, anche al fine di poter godere di alcuni benefici fiscali per le azioni assegnate gratuitamente. Chi sceglierà di partecipare avrà, inoltre, diritto agli eventuali dividendi.

Focus sulla fidelizzazione anche per la prima iniziativa di azionariato diffuso di Snam, denominata non a caso «Noi Snam». Il piano, valido per il periodo 2025-2027, si sviluppa con due finestre annuali di acquisto su un orizzonte triennale. I partecipanti potranno acquistare azioni Snam (in rialzo a Piazza Affari negli ultimi 12 mesi del 22%) con risorse proprie o con la conversione del proprio premio di risultato, beneficiando di azioni gratuite al momento dell’acquisto e alla fine del triennio qualora decidano di mantenerle per ulteriori tre anni, con vantaggi significativi per operai, impiegati e quadri, che in occasione della prima adesione riceveranno anche 25 azioni in regalo. Per fornire strumenti concreti, il gruppo guidato da Agostino Scornajenchi ha lanciato anche un percorso di cultura finanziaria che durerà fino al 2026. A questo proposito Salcioli sottolinea che l’azionariato diffuso ha anche un impatto più ampio, che riguarda «l’approfondimento della cultura finanziaria dei dipendenti. In Italia dove la cultura finanziaria è mediamente bassa, si tratta di un effetto indiretto di importante portata. Chi riceve o sottoscrive le azioni è portato a doversi occupare di materie che prima ignorava di di cui sapeva molto poco». (riproduzione riservata)



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