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Notizie – Economia Circolare 2025, primato Italia


Economia circolare, Italia leader in Europa: sfide e opportunità nel Rapporto ENEA 2025

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L’Italia mantiene saldamente il primato tra le principali economie europee per economia circolare, posizionandosi al secondo posto assoluto nella classifica europea subito dopo i Paesi Bassi. Tuttavia, il Rapporto ENEA e Circular Economy Network (CEN) 2025, presentato a Roma in occasione della 7ª Conferenza nazionale sull’economia circolare, sottolinea criticità rilevanti che impongono interventi urgenti e decisivi.

Eccellenze italiane e punti di fragilità

Secondo i dati del rapporto, l’Italia registra una performance complessiva di 65,2 punti in termini di circolarità, seconda solo ai Paesi Bassi (70,6) e nettamente superiore a quelle di Germania (60,6), Francia (58,7) e Spagna (56,9).

Economia circolare: eccellenze italiane e punti di fragilitàEconomia circolare: eccellenze italiane e punti di fragilità

Tra le eccellenze italiane si distingue la produttività delle risorse, ovvero il rapporto tra PIL generato e materiali consumati: nel 2023 il valore è stato di 4,3 euro per kg, contro una media UE di appena 2,7 €/kg. Anche il tasso di utilizzo circolare dei materiali, pari al 20,8%, è quasi doppio rispetto alla media europea dell’11,8%.

La sfida più urgente per l’Italia rimane, però, l’elevata dipendenza dall’importazione delle materie prime, che soddisfa ben il 48% del fabbisogno nazionale, più del doppio rispetto alla media europea del 22%. Una vulnerabilità economica che ha portato il costo delle importazioni italiane da 424,2 miliardi di euro nel 2019 a 568,7 miliardi nel 2024, con un aumento del 34%.

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Il ruolo strategico dei materiali critici: alluminio, rame e fosforo

Il rapporto dedica una sezione specifica ai materiali critici e strategici per l’economia circolare e la transizione ecologica:

Alluminio: con riserve globali concentrate prevalentemente in Guinea, Vietnam e Brasile, l’alluminio è fondamentale per automotive, edilizia e packaging. Nonostante sia riciclabile infinite volte senza perdere qualità, oggi l’Europa ricicla a fine vita solo il 21% del materiale disponibile.

Rame: elemento centrale per il settore energia, elettronica e trasporti, già oggi proviene per il 32% dal riciclo. Con politiche di economia circolare ben strutturate, entro il 2050 si potrebbe arrivare a coprire oltre il 40% della domanda necessaria alla transizione energetica.

Fosforo: materia critica utilizzata prevalentemente per fertilizzanti (85%) e per batterie nei veicoli elettrici. L’Europa, che produce appena lo 0,5% del fosforo mondiale, potrebbe puntare sul recupero da fonti alternative come fanghi di depurazione, soprattutto alla luce della nuova Direttiva europea sulle acque reflue urbane che ne incentiverà l’utilizzo secondario.

Circular Economy Act: la svolta europea verso una maggiore circolarità

Un ruolo fondamentale nella strategia europea futura spetta al Circular Economy Act, la cui presentazione ufficiale è prevista nel 2026. Questo nuovo quadro normativo, annunciato dalla Commissione europea, mira a raddoppiare la circolarità dell’economia dell’UE dal valore attuale (11,8%) al 24% entro il 2030.

Circular Economy Act: la svolta europea verso una maggiore circolaritàCircular Economy Act: la svolta europea verso una maggiore circolarità

Come evidenziato nel Rapporto, il Circular Economy Act rappresenta una grande opportunità per l’Italia, poiché accelererà la transizione aumentando significativamente quantità e qualità delle materie prime seconde utilizzate nei processi produttivi europei. Una vera e propria svolta che potrà ridurre la dipendenza italiana dall’estero, migliorando autonomia strategica e competitività industriale.

Le voci del Rapporto: sfide urgenti e soluzioni praticabili

Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento Sostenibilità dell’ENEA, durante la conferenza ha ribadito la necessità immediata di interventi strategici: «Nell’attuale quadro di instabilità geopolitica e climatica occorre limitare la nostra dipendenza dall’importazione di materiali, che è oltre il doppio rispetto alla media europea. È urgente implementare un sistema basato su eco-design e innovazione di prodotto, puntando in particolare sulle biotecnologie circolari».

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Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha espresso un giudizio chiaro sulla situazione: «Bene ma non benissimo. Per decollare davvero, dobbiamo cambiare prospettiva. È indispensabile puntare meno sulla gestione dei rifiuti e più sulla progettazione di prodotti durevoli, riparabili e riutilizzabili. Occorrono incentivi fiscali e politiche mirate per rendere le scelte sostenibili economicamente vantaggiose per imprese e consumatori».

Investimenti e occupazione: i nodi da sciogliere

La fotografia scattata dal rapporto evidenzia anche segnali negativi: gli investimenti privati in attività circolari (riciclo, riparazione, noleggio) sono diminuiti del 22% rispetto al 2019, raggiungendo nel 2023 appena lo 0,5% del PIL italiano. Anche l’occupazione nel settore ha subito una flessione significativa del 7% rispetto al 2019.

Scenario 2030: i benefici concreti di una circolarità accelerata

Lo studio ipotizza anche uno scenario ideale di crescita sostenibile al 2030, che prevede un aumento annuo del riciclo (1,5%), una riduzione nella produzione di rifiuti (1% annuo) e un minore consumo di materiali (3,5% annuo). Il risultato? Una diminuzione di ben 40 milioni di tonnellate di importazioni di materie prime con un risparmio economico stimato in 82,5 miliardi di euro.

Inoltre, secondo la Commissione europea, la maggiore circolarità potrebbe consentire un risparmio energetico annuale europeo pari a circa 45 miliardi di euro.

L’Italia, oggi punto di riferimento europeo per l’economia circolare, deve affrontare le proprie contraddizioni e investire con forza e determinazione in eco-design, innovazione tecnologica e politiche industriali orientate alla sostenibilità.

Come indicato chiaramente dal rapporto ENEA-CEN 2025 e dal futuro Circular Economy Act europeo, l’economia circolare non rappresenta solo una risposta ai problemi ambientali, ma una strategia essenziale per aumentare la competitività del Made in Italy, garantire maggiore autonomia e affrontare con successo le sfide della transizione ecologica e climatica.

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