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quali Stati si alleano con l’Italia per evitare il fondo unico


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AgriNext è la newsletter dedicata all’agricoltura che cambia, a cura di Alessia Capasso, reporter da Bruxelles per Today.it. Ogni settimana notizie, dossier e voci dal campo per capire dove va il settore. Hai spunti, domande o correzioni? Scrivi a: alessiacapasso@yahoo.it. L’ultima puntata del podcast è un racconto sul campo, tra le storie di chi in Veneto, grazie ai fondi della Politica Agricola Comune, ha scelto di restare e reinventarsi: dalle coltivazioni biologiche in alta montagna ai giovani casari del Bellunese, fino a sensori innovativi applicati alle chiome delle piante per supportare l’irrigazione. Ascoltalo su Spotify e sul nostro sito.

La settimana agroalimentare nell’Unione europea

Contese – Sedici governi, guidati da Italia e Grecia e appoggiati da Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria, Irlanda e Portogallo, hanno esortato il Consiglio Agricoltura e Pesca di Bruxelles a preservare un bilancio “coerente e dedicato” per agricoltura e pesca nel Quadro Finanziario Pluriennale 2028–2034. Gli Stati membri, a cui si sono poi aggiunte altre capitali, si sono opposte a un fondo unico che unisca la Pac ad altri programmi. Nel documento ufficiale presentato a Bruxelles, i firmatari sostengono che la struttura attuale a due pilastri – pagamenti diretti e sviluppo rurale – vada mantenuta intatta per garantire la sicurezza alimentare, il sostegno al reddito, la competitività del settore e l’autonomia strategica dell’Ue in un contesto di instabilità politica, crisi sanitarie ed emergenze climatiche. La proposta formale sul nuovo bilancio è prevista per il 16 luglio. Fino ad allora la lotta si farà più aspra. 

Tetto massimo – La proposta italiana ha incassato anche il sostegno del ministro socialista spagnolo Luis Planas Puchades. Interrogato da AgriNext, il capo del dicastero rurale iberico ha richiamato il Trattato di Roma, ribadendo che il futuro bilancio pluriennale “deve mantenere insieme i due pilastri, produzione alimentare e sviluppo rurale, con un limite di spesa rigoroso e separato dagli altri stanziamenti”. 

Potenza di fuoco – Su una linea analoga si è posizionato anche il commissario europeo all’Agricoltura Christophe Hansen. A margine dell’Agrifish, il lussemburghese ha sostenuto l’importanza di “mantenere la potenza di fuoco della politica agricola comune, che negli ultimi sessant’anni ha garantito redditi equi, sicurezza alimentare e resilienza di fronte a crisi geopolitiche, climatiche e sanitarie”. Pur essendo considerato un “fedelissimo” della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, pressato da ministri e lobby agricole, Hansen potrebbe opporsi ai piani di accorpamento delineati dalla collega di partito del Partito popolare europeo. O fare il doppio gioco.   

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Assicurazioni agricole – Hansen è tornato anche sul tema delle assicurazioni.  “Gli agricoltori non sono sufficientemente coperti contro i rischi climatici e questo frena l’accesso ai finanziamenti”, ha spiegato il commissario. Bruxelles è al lavoro con la Banca europea per gli investimenti per creare strumenti assicurativi efficaci che riducano il rischio percepito dalle banche, permettendo alle imprese agricole di ottenere prestiti per investimenti in innovazione e adattamento climatico.

La grande ritirata – Con l’aria mutata a Bruxelles, dalla sostenibilità alla competitività, l’impegno per salvaguardare foreste ed habitat naturali sta scemando. Lussemburgo e Austria, insieme a nove altri Stati membri – tra cui l’Italia – hanno chiesto alla Commissione di rinviare e rivedere il regolamento Ue contro la deforestazione (EUDR), definendone i requisiti “eccessivi e inapplicabili”. In base a questa norma, le aziende importatrici di prodotti come cacao, caffè, soia, olio di palma o legno dovranno dimostrare la tracciabilità tramite dati di geolocalizzazione forniti dagli agricoltori, associati a foto satellitari. Secondo diversi ministri questo impegno sarebbe “sproporzionato rispetto all’obiettivo di prevenire la distruzione delle foreste” e penalizzerebbe gli agricoltori senza ridurre realmente i danni ambientali. 

Esentati – L’Unione europea aveva già rinviato di un anno – dalla fine del 2024 alla fine del 2025 – l’entrata in vigore della legge, sotto la pressione del Brasile, degli Stati Uniti e della Germania. Stavolta gli Stati membri propongono una modifica profonda: creare una categoria di Paesi a “rischio zero”, esenti così da alcuni obblighi, e rimodulare le tabelle che equiparano i produttori europei con quelli di nazioni “in via di sviluppo”. Il ministro italiano dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha dichiarato durante la sessione pubblica dell’Agrifish che “rinvii e proroghe dimostrano che il regolamento va riveduto, non semplicemente posticipato”.

Ipse dixit

“Vedere una tabella in cui le nostre nazioni sono messe in relazione con quelle africane, che hanno ovviamente controlli inferiori, è semplicemente ridicolo” – Francesco Lollobrigida al Consiglio Agricoltura e Pesca di Bruxelles, a proposito delle tabelle sui Paesi a rischio deforestazione. 

Cosa bolle in pentola

Zootecnia futura – In settimana si è tenuto anche il primo incontro del “flusso di lavoro sul bestiame”, guidato dal commissario Hansen. L’obiettivo è sviluppare politiche a lungo termine per un settore zootecnico sostenibile, equo sul mercato e resiliente al clima. Nelle prossime riunioni si definiranno azioni per garantire una catena del bestiame remunerativa e adeguare gli aiuti Pac a sistemi più sostenibili.

Rinnovo ai vertici – Bruxelles ha nominato Elisabeth Werner alla guida della Direzione Generale all’Agricoltura dal 1° giugno di quest’anno. Austriaca, con 25 anni di esperienza nelle istituzioni europee, Werner ha lavorato su trasporti, bilancio e lotta alle frodi. La sua missione sarà integrare politiche, finanziamenti e strumenti per un’agricoltura sostenibile, competitiva e resiliente, rafforzando la sicurezza alimentare. E sospettiamo dovrà gestire i mal di pancia di una possibile fusione della Pac con altri fondi. Partenza sprint. 

I Grew Weed – “È una norma ingiustamente punitiva e ideologica”. Questo il commento di Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani in merito all’articolo 18 del Decreto Sicurezza, che rende illegale la filiera della canapa. Un settore in crescita che conta circa 3mila aziende e dà lavoro ad (almeno) 12mila lavoratori. “La maggioranza di governo si prende la responsabilità di affossare in un colpo solo uno dei segmenti di eccellenza del Made in Italy agroindustriale, trainato soprattutto dai giovani”, ha sottolineato la Cia in una nota. 

Sorvegliare e Punire – Il governo di Giorgia Meloni, che del Made in Italy fa uno dei suoi cavalli di battaglia, prosegue nel progetto di “punire” il reparto della canapa nell’ambito del più ampio “decreto sicurezza”, duramente criticato dalle opposizioni ma anche da larga parte dei giuristi per la criminalizzazione di forme di protesta pacifica e del dissenso civile. La norma “anti-canapa” va avanti nonostante a fine aprile il coordinamento degli assessori regionali all’agricoltura, di ogni colore politico, avesse votato all’unanimità per tutelare questa filiera e chiedere la revisione dell’articolo che la colpisce.

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Fuori dal gregge – Rapporti e dati

Rischi del Mercosur – Greenpeace riprende ad attaccare l’accordo Ue-Mercosur, siglato lo scorso dicembre dalla Commissione e da alcuni Stati latinoamericani, tra cui Brasile ed Argentina. Secondo nuove stime dell’istituto di ricerca olandese Profundo colossi come l’azienda brasiliana JBS – primo produttore mondiale di carne – otterrebbero profitti netti fino a 1,2 miliardi di euro entro il 2040 grazie a dazi ridotti e maggiori esportazioni. L’intesa, la cui ratifica è in discussione a settembre 2025, favorirebbe la deforestazione in Amazzonia e nella provincia del Chaco in Argentina, metterebbe a rischio piccoli agricoltori europei e importerebbe standard sanitari più deboli, con uso di ormoni vietati. La richiesta di rinvio e l’ammorbidimento del regolamento sulla deforestazione, come supportato dell’Italia, andrebbe ad aggravare le conseguenze negative dell’accordo.

Emissioni in calo – Secondo la Commissione, i piani nazionali di ripresa energetica porteranno a una riduzione del 54% delle emissioni del blocco Ue entro il 2030 (quasi al target 55% sul 1990). Tuttavia, settori come trasporti, edifici, agricoltura e rifiuti dovranno ridurre le emissioni del 38% sul 2005, appena sotto l’obiettivo del 40%. La sfida ora è tradurre le proiezioni in azioni concrete e mobilitare risorse pubbliche e private.

L’agenda agricola a Bruxelles e dintorni

3 giugno, Bruxelles – Parte il primo dialogo sull’attuazione della Pac 2023-2027, condotto da Christophe Hansen, con agricoltori e altri beneficiari della politica agricola comune. Il dialogo toccherà diversi settori quali: il sostegno al reddito, compreso quello al ricambio generazionale, i pagamenti a favore di chi si impegna per l’ambiente e il clima ed esplorerà il potenziale di semplificazione nell’attuazione.

7 – 15 giugno, Santarém (Portogallo) –  Uno stand dell’Ue sarà presente a Feira Nacional da Agricultura: iniziative e prodotti agroalimentari per promuovere l’agricoltura competitiva, equa e sostenibile.



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