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Dta e trasformazione in crediti: chiarimenti per la cessione


L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non svolge alcuna funzione di intermediazione, ma resta titolare della facoltà di controllo della regolarità fiscale delle operazioni poste in essere dal cedente e dal cessionario.

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Con la risoluzione n.32/E del 15 maggio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni aspetti operativi riguardanti la cessione dei crediti d’imposta derivati dalla trasformazione delle attività per imposte anticipate (DTA – Deferred Tax Assets). Come è noto, le DTA (Deferred Tax Asset), o imposte differite attive, sono crediti di natura fiscale che le aziende – incluse le banche – possono contabilizzare nel proprio bilancio, al fine di ridurre le imposte future. Tali crediti derivano per lo più da crediti deteriorati ceduti, perdite fiscali riportabili ed eccedenze ACE (Aiuto alla Crescita Economica). L’origine normativa risiede nell’art. 44-bis del c.d. decreto Crescita (D.L. 34/2019), successivamente modificato dall’art. 55 D.L. 18/2020, e nuovamente rivisto dai D.L. 104/2020 e 73/2021.

Modalità di utilizzo

In primis, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la normativa di riferimento (ovvero l’art. 44-bis, c. 2, D.L. 34/2019), stabilisce che i crediti d’imposta derivanti dalla Deferred Tax Assets non sono produttivi di interessi. Ciò detto, spiega come possono essere utilizzati, ovvero in tre differenti modalità:

1. compensazione tramite modello F24;

2. richiesta di rimborso;

3. cessione a terzi, seguendo quanto previsto dagli artt. 43-bis e 43-ter D.P.R. 602/1973.

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L’ente di riscossione delle tasse ha inoltre chiarito che la cessione di tali crediti deve essere effettuata tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata da notaio (ex art. 69, c. 3, R.D. 2440/1923). Il secondo step prevede che l’atto di cessione venga notificato alla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate competente in base al domicilio fiscale del cedente (ex art. 43-bis, c. 3, D.PR. 602/1973).

A ciò si aggiunge un’ulteriore clausola: chi acquista il credito (ovvero il cessionario) non potrà cederlo ulteriormente (ex art. 43-bis, c. 1, D.P.R. 602/1973), potrà utilizzarlo soltanto in compensazione tramite modello F24, utilizzando il codice tributo 6834 (come riportato da FiscoOggi).

Nel caso in cui i crediti maturati vengano ceduti – parzialmente o in toto – tra società del medesimo gruppo, non è necessario ricorrere ad atti notarili: sarà sufficiente che l’ente o la società cedente indichi nella propria dichiarazione dei redditi gli importi ceduti e gli estremi dei soggetti cessionari.

Agenzia delle Entrate conserva i poteri di controllo

L’Agenzia delle Entrate entra poi nel merito della sua posizione rispetto a tali operazioni: nel sottolineare che la comunicazione della cessione dei crediti da trasformazione delle Dta non può essere effettuata tramite la piattaforma telematica disponibile nell’area riservata del sito dell’ente, chiarisce che il fatto che la cessione venga comunicata all’agenzia non implica che i crediti siano automaticamente certi, liquidi ed esigibili.

L’Agenzia resta titolare della facoltà di controllo della regolarità fiscale delle operazioni poste in essere dal cedente e dal cessionario – può anche recuperare i crediti d’imposta indebitamente utilizzati – ma rimane “estranea al rapporto civilistico di natura civilistica intercorrente tra cedente e cessionario”. Non svolge dunque, alcuna funzione di intermediazione, non interviene in ambito contrattuale, precontrattuale e in merito a questioni di natura non fiscale.

Da ultimo – sempre riguardo ai crediti risultanti dall’applicazione della disciplina di trasformazione delle imposte anticipate – spiega che, a differenza di quanto disposto nel regime ex dl n. 225/2010, non si richiede che il corrispettivo sia almeno pari al valore nominale del credito trasferito.



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