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Credito, 10 miliardi di euro per l’eccellenza agroalimentare italiana


Nuovo bazooka finanziario da Intesa Sanpaolo per le filiere agroalimentari di eccellenza. L’istituto creditizio metterà a disposizione delle aziende del comparto ben dieci miliardi di euro, nell’ambito dei 410 miliardi mobilitati dal gruppo bancario a sostegno delle iniziative collegate al Pnrr. L’iniziativa è fortemente voluta dalla Banca dei Territori, guidata da Stefano Barrese. E poggia sull’azione capillare effettuata dalla Direzione Agribusiness, condotta da Massimiliano Cattozzi, che farà scattare una serie di incontri sul territorio nazionale, denominati agri – talk. Appuntamenti, che hanno l’obiettivo di connettere la banca alle imprese attive nei comparti a maggior valore aggiunto. Coinvolgendo le 80mila aziende clienti.

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Si parte da Firenze, venerdì 6 giugno 2025, con la filiera vitivinicola: ad essa, Intesa Sanpaolo destina 1,5 miliardi di euro. A seguire, altri eventi riguarderanno le filiere olivicola-olearia, delle carni, lattiero-casearia e ortofrutticola.

Cattozzi spiega così il piano d’azione: «Le filiere agroalimentari esprimono valore e tipicità assolute del made in Italy; attraverso di esse sosteniamo con altri 10 miliardi l’economia italiana». E ancora: «Servono nuove strategie e occorre accelerare gli investimenti, in un contesto complesso segnato da climate change nuove abitudini di consumo e innovazione». Poi, la rivendicazione: «Il nostro impegno è testimoniato dagli oltre 11 miliardi di euro erogati al comparto dal 2020. Con la direzione Agribusiness accompagniamo le imprese agroalimentari in crescita, diversificazione dei mercati e costruzione di valore per il paese».

A muovere Intesa Sanpaolo sono i numeri

L’agrifood vale il 4,1% del valore aggiunto dell’economia italiana. In valore: 81 miliardi di euro nel 2024, di cui 44 generati dal settore agricolo e 37 dalle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco.

Sul versante occupazionale, invece, il comparto in Italia dà lavoro a più di 1,43 milioni di addetti, cioè il 5,4% del totale nazionale. Mentre l’export ha raggiunto un nuovo record: 67,5 miliardi di euro nel 2024 (+8,3% sul 2023) e 11,5 miliardi tra gennaio e febbraio 2025. Di questi, 1,7 miliardi riguardano i prodotti agricoli (+7,3%) e 9,8 miliardi derivano da alimenti, bevande e tabacco (+4,9%).

I parametri della nuova azione di finanziamento

Alle filiere d’eccellenza, Intesa Sanpaolo intende fornire soluzioni cucite su misura, in funzione delle specificità delle singole produzioni. La loro offerta, dunque, sarà differenziata per approccio al credito, prodotti finanziari e non.

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Quattro i pilastri attorno a cui ruoterà la mobilitazione dei finanziamenti a favore delle imprese:

  • verrà data più attenzione alle opportunità offerte dai mercati esteri (a partire dai nuovi), ai fattori di incertezza e agli effetti dei dazi;
  • la crescita dimensionale sarà considerata strategica se avverrà in modo organico, o tramite acquisizioni ed M&A in Italia o all’estero;
  • saranno visti di buon occhio gli investimenti in impianti, attrezzature e innovazione, tesi a rispondere a nuovi scenari dettati da: cambiamento climatico, diverse abitudini di consumo, digitalizzazione;
  • positivi saranno considerati anche gli investimenti tesi a valorizzare la qualità, sostenere la continuità aziendale e il gradimento del consumatore.

Il focus sul comparto vitivinicolo

La direzione Agribusiness di Banca dei Territori conta oggi settemila aziende clienti e più del 60% di esse si trova nelle regioni a più alta vocazione vitivinicola: Toscana, Umbria, Veneto, Sicilia, Piemonte, Lazio, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia.

L’84% circa di queste attività è di piccole dimensioni, il restante 16% è di dimensioni medio-grandi. Gli 1,5 miliardi di euro mobilitati per il settore (oggi alle prese con una congiuntura non semplice) andranno a sostenere investimenti in:

  • coltivazione,
  • trasformazione,
  • invecchiamento,
  • tracciabilità,
  • commercializzazione.

Non solo. Un report del Dipartimento ricerca di Ca’ de Sass ha fissato anche i punti da cui muove la sua azione creditizia tra i vigneti. Anche qui, sono i numeri a parlare.

Nel 2024 l’Italia ha riconquistato il primo posto a livello mondiale nella produzione di vino con 44 milioni di ettolitri prodotti. La vendemmia 2024 ha registrato un +15%, ma resta ancora un gap del 6% rispetto alla media del lustro precedente. In fatto di export vinicolo, l’Italia è seconda al mondo con il 22% del mercato; al vertice c’è sempre la Francia (34,5%). In quantità, invece, il made in Italy enoico pesa per il 21,7%, superato dal 22% della Spagna.

E poi, c’è il valore generato dalle esportazioni: quello di vino italiano ha toccato quota 8,1 miliardi di euro lo scorso anno (+5,5%). Gli Usa restano il primo mercato (1,9 miliardi, +10,2%). Seguono: Germania (quasi 1,2 miliardi, +3,7%) e Regno Unito (851 milioni, +1%).

Infine, c’è il peso della qualità vitivinicola

Lo studio sviluppato da Stefania Trenti spiega che, in termini di biodiversità, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) ha censito in Italia 80 vitigni autoctoni, capaci di coprire il 75% del vitigno nazionale. Segue il Portogallo con 40 vitigni, mentre Francia e Spagna si fermano a 15. Tutto ciò si traduce in un altro record: l’Italia è il paese dell’Unione europea col maggior numero di certificazioni Dop/Igp: ben 528, mentre la Francia si ferma a 442.

L’impatto dei dazi negli Stati Uniti

A questo dossier, il Centro studi dedica una sezione ad hoc. Secondo una survey interna condotta da Intesa Sanpaolo tra gli specialisti che supportano le filiali nei processi di internazionalizzazione, circa metà delle imprese sta puntando sulla ricerca di nuovi clienti in nuovi mercati, mentre un terzo indica la possibilità di aprire filiali commerciali o produttive negli States. Emerge, tra l’altro, un certo attendismo nel posticipare i tempi di investimento e un 20% circa delle imprese pensa di rivedere i listini per il mercato Usa. Ancora, un quarto degli specialisti nelle filiali ha evidenziato un’accelerazione delle consegne e delle vendite di vino negli Usa per anticipare l’entrata in vigore dei dazi. E i numeri sembrano confermare questa tendenza. Nel primo trimestre del 2025, l’export di vino italiano verso gli Stati Uniti è cresciuto del 12,5% tendenziale in valore. Cioè, più del vino francese, +11,4%, e di quello spagnolo, +3,2%. In quantità, l’incremento è del 3,8%, contro un +4,8% della Spagna. La Francia, invece, ha registrato un calo del 3,2%.

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I nodi della filiera vinicola

Da ultimo, il Dipartimento ricerche di Intesa Sanpaolo ha monitorato anche le fragilità e le potenzialità di crescita del made in Italy vitivinicolo. Questi punti finiti sotto la lente:

Frammentazione:

i produttori italiani sono di più piccole dimensioni rispetto ai competitor; il 35% delle aziende italiane ha meno di cinque ettari, mentre in Francia solo il 7% è in questa situazione. Questo causa più difficoltà nel far sistema. C’è poi un tema di passaggio generazionale: il 10% circa delle aziende vitivinicole italiane ha un board composto solo da over 65 e solo il 5% è condotto interamente da under 40. Un problema, visto che i risultati delle imprese gestite da giovani sono migliori in termini di fatturato e redditività.

Concorrenza:

consumi in calo e climate change modificano il settore. Le imprese vanno a caccia di nuove tipologie di consumo e cambia pure la geografia dei paesi produttori. Il vino si produce sempre più a nord, anche perché il sud è più a rischio desertificazione.

Innovazione:

una survey interna alle filiali di Intesa specializzate in agribusiness rivela che la filiera del vino è tra le più colpite dai rischi generati dagli eventi atmosferici. Così, diventa strategico investire su selezione di vitigni più resistenti, digitalizzazione e robotica.

Cina:

oggi dominano i prodotti francesi, ma per il made in Italy enologico rappresenta un grande mercato potenziale;

Enoturismo:

stimola nuove occasioni di consumo mediante il legame con il territorio.

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